Andrea Pulidori, insieme ad Adriano Furlani, è senz’altro uno dei principali responsabili dell’ottimo inizio di campionato. Speravamo di incontrarlo nel momento migliore, invece lo troviamo nel giorno successivo alla conferma del brutto infortunio patito da Daniele Casadei. Neanche a dirlo il telefono di “Pollo”, così Pulidori è affettuosamente soprannominato dal presidente Bulgarelli, è rovente al momento di sedersi con lui sui seggiolini del PalaMIT2B semideserto.
Fino a due giorni fa poteva dormire sonni tranquilli, ora il brutto infortunio di Casadei la sta costringendo agli straordinari: come si muoverà la società per colmare questa assenza così pesante?
“Per il momento c’è nulla di concreto, stiamo acquisendo informazioni e contatti per capire cosa può offrirci il mercato. Questo è tradizionalmente il momento della stagione in cui qualcosa inizia a smuoversi, ma la scelta è sicuramente più limitata rispetto al mercato estivo. Difficilmente arriverà qualcuno in settimana, se saremo bravi potremmo riuscire a trovare un rincalzo per la prossima partita casalinga”.
Nella sua carriera da direttore sportivo le è mai capitato di affrontare un problema di questo tipo, in una squadra che sta andando così bene e con tempi così stretti?
“In tempi brevi ho fatto anche di meglio: una volta ho preso una giocatrice in un giorno, essendo noi a giocare in Belgio, lei in Lettonia, è arrivata a Venezia prima che tornassimo dalla trasferta…(sorride)”.
Quindi ci possiamo aspettare di tutto?
“No, a Venezia il portafoglio era non dico infinito ma decisamente più capiente; la mia conoscenza del basket femminile era estremamente vasta, in giro per il mondo le conoscevo praticamente tutte senza dover chiedere informazioni ai procuratori. Adesso devo informarmi di volta in volta e inevitabilmente i tempi si dilatano”.
In questo contesto diventa fondamentale l’opinione di coach Furlani.
“Assolutamente. Magari nella mia precedente esperienza potevo avere una parola in più anche a livello tecnico, però a mio modo di vedere, il mercato si fa sempre in due. Lui mi chiede di informarmi su qualche nome e io gliene propongo qualche altro.
Bulgarelli invece che tipo di presidente è? Di quelli che vogliono partecipare alle scelte tecniche?
“No, Bulgarelli da questo punto di vista è encomiabile, sa di non essere un grande esperto di basket, ma comunque, piano piano, guardando le partite lo diventerà… e si affida alle proposte che noi gli presentiamo, naturalmente senza sforare troppo dal budget che ci dà”.
Dopo un intera carriera nel basket femminile, come è stato l’approccio a quello maschile in questi ultimi anni?
“Diciamo che nei due anni precedenti a questo il mio ruolo era un po’ diverso, non mi occupavo di mercato. A farlo era Giacomo Incarbona. Quello del direttore sportivo è il ruolo in cui serve più esperienza e nel basket maschile io ho iniziato a farlo quest’anno dopo tanti anni sul fronte femminile. Il mio arrivo qui è legato alla coincidenza della mia decisione di interrompere il rapporto con Venezia e la contemporanea nascita della Pallacanestro Ferrara nel 2011. Poi è chiaro che la mia conoscenza del basket femminile è maggiore. Nell’anno in cui abbiamo fatto la B2 io conoscevo quattro giocatori su un totale di dieci, e solo uno di persona, Michele Ferri, che era con me a Venezia. Ogni settimana cerco di assimilare più informazioni possibili, non so se sarò mai così competente come lo ero per le donne, ma ci sto provando”.
Quando avete costruito la squadra in estate, si aspettava questo impatto sul campionato?
“Sicuramente non pensavo, a questo punto, di avere otto vittorie e due sconfitte. L’idea non era quella di vincere, né quella di fare un campionato di vertice, ma di fare un campionato per salvarsi prima dell’ultima giornata”.
Conosceva già il mercato dei giocatori americani?
“Quello dei giocatori americani no, quello delle giocatrici americane indubbiamente si”.
Sono ambienti che hanno punti d’incontro?
“Sì, se sei un procuratore negli Stati Uniti e lavori con la NBA sei tenuto a trattare sia uomini sia donne, quindi spesso sono gli stessi con cui ho già avuto a che fare. Le conoscenze le avevo, magari non erano strettamente propedeutiche a quello che dovevo fare qui: l’agente che conosco meglio, che è uno dei più importanti con cui andare a trattare le giocatrici, ha quattro giocatori, tutti in NBA, quindi non del livello che può servire a noi. Però ci conosciamo bene, e da lui sono riuscito a ottenere buoni consigli per la scelta dei nostri americani. Un altro contatto che ho utilizzato è stato un ragazzo italiano che lavorava per me ai tempi di Venezia. Ora vive negli States, insegna italiano a Clemson (il college da cui è uscito Milton Jennings – ndr) e ha lavorato per anni come scout”.
Quindi Jennings è stato segnalato da questo suo amico?
“Più o meno. Il metodo di lavoro consisteva nell’inviargli mail con lunghe liste di giocatori dei quali mi servivano informazioni e lui me le scremava. Ci siamo incontrati più volte per parlare delle caratteristiche che Furlani mi richiedeva e del budget che avevamo. Poi alcuni di quelli che abbiamo individuato non sono arrivati, ma probabilmente perché erano troppo buoni per il livello di questo campionato. Infatti sono finiti in A1, in ACB (la serie A spagnola – ndr) e uno in Russia sempre nella serie maggiore. Comunque le nostre priorità oltre che tecniche erano anche caratteriali: quest’estate, come anche adesso che siamo costretti a operare sul mercato, cercavamo giocatori che fossero prima di tutto allenabili e affidabili. Direi che abbiamo raggiunto l’obiettivo”.