La SPAL in questi giorni si tinge ancora di più di azzurro. Thomas Tomanin, capitano classe 1995 della formazione Berretti, è infatti partito domenica pomeriggio in direzione Bucarest, dove l’Under18 di Lega Pro disputerà un’amichevole contro i pari età della Romania nella giornata di mercoledì. Una bella notizia per il giovane centrocampista di Lusia (RO) e per tutto l’ambiente spallino. Tomanin era già stato convocato per il match di andata disputato il 29 gennaio ed evidentemente deve aver destato una buona impressione al selezionatore Valerio Bertotto. Abbiamo quindi incontrato Thomas alla vigilia della partenza, per parlare di questa esperienza e del suo percorso in biancazzurro.
Thomas, questa è già la seconda convocazione consecutiva. Un bel riconoscimento nei tuoi confronti.
“Assolutamente. Avevo già lavorato con la Nazionale Under18 di Lega Pro in occasione di uno stage proprio qui a Ferrara, lo scorso ottobre. Dopo il primo raduno a Roma è arrivata, un po’ a sorpresa, la convocazione a Frosinone per l’amichevole contro la Romania e mercoledì giocherò la gara di ritorno. Nel corso di quest’esperienza ho avuto modo di misurarmi con i ragazzi romeni, molti dei quali giocano già nelle prime squadre della loro serie A, i ritmi sono piuttosto elevati”.
Che sensazioni hai avuto nei giorni della prima convocazione?
“Sicuramente positive. Con i ragazzi provenienti dalle altre società mi sono trovato subito bene ed a mio agio. Una delle cose più emozionanti è stata sicuramente ascoltare l’inno di Mameli durante l’ingresso in campo. Ricordo che il giorno prima di giocare la partita con la Nazionale ho ricevuto la chiamata dal mio procuratore, il quale mi informava dell’interessamento di una compagine di serie D. Il mercato era nella fase finale, ma poi il discorso è sfumato dopo una chiacchierata col direttore Vagnati. Questa situazione mi è servita come prova di maturità: dovevo mantenere alta la concentrazione per l’opportunità che avevo il giorno dopo, senza farmi distrarre dalle voci di mercato. In queste occasioni si hanno pochissimi giorni per dimostrare il proprio valore e vanificare tutto solo per non essere mentalmente sul pezzo sarebbe stato un peccato”.
È il caso di ricordare il tuo percorso alla SPAL: sei arrivato durante la gestione Butelli, hai fatto due anni con gli Allievi e poi sei passato alla Giacomense nell’estate 2012, prima del nuovo ritorno in via Copparo.
“Sì, ero già qui con la gestione precedente, poi quello che è successo lo sapete tutti e sono passato alla Giacomense. Lì ho trovato un ambiente molto sicuro e persone eccellenti dal punto di vista umano. Credo che qui ci sia il clima ideale per un calciatore per esprimere al meglio le proprie caratteristiche. La cosa bella di questa società è che è composta da persone serie che ti dicono le cose come stanno. Lo scorso anno mi hanno anche dato anche la possibilità di debuttare con la prima squadra sia in Coppa Italia, sia in Campionato giocando l’ultima di ritorno contro il Rimini”.
A inizio stagione sei stato inserito nel gruppo della prima squadra e hai fatto tutta la preparazione con Varricchio e compagni. Come hai vissuto quest’esperienza?
“Con i ragazzi mi son trovato subito bene e ho iniziato la preparazione supportato da una buona condizione fisica. Purtroppo, poco prima del rientro nella formazione Berretti, mi sono ammalato e questo ha condizionato negativamente le mie prestazioni. Problemi risolti nel momento in cui ho ripreso ad allenarmi con continuità, ritrovando la condizione ideale. Ora finalmente sto bene e posso dare il mio contributo”.
La prima parte di stagione della Berretti è stata particolarmente travagliata, tanto che la società ha ritenuto di dover cambiare allenatore. È stato difficile adattarsi al cambio?
“Devo dire che il tutto è avvenuto in un clima di serenità. Per la prima volta nella mia carriera ho vissuto un cambio di allenatore e credo che l’arrivo di Pregnolato ci abbia portato tranquillità, cosa che a mio avviso mancava dall’inizio dell’anno, probabilmente anche per la mancanza di risultati. Ha dato alla squadra un modo di gioco più semplice, senza schemi particolarmente articolati. Una cosa che ho notato è stata la maggior freschezza che noi ragazzi abbiamo nelle gambe in partita, penso sia dovuto ai nuovi allenamenti: al contrario di prima, le sedute ora sono un po’ più corte ma più intense”.
Dal punto di vista anagrafico sei al termine del tuo percorso nel settore giovanile, cosa ti aspetti per il futuro?
“Il mio sogno sarebbe il passaggio in prima squadra. La società è composta da persone serie ed il progetto è ottimo. Anche se abito nel rodigino, gioco qui da cinque anni e arrivare al Centro di via Copparo per me è come stare a casa. A fine anno probabilmente avrò un incontro con il direttore Vagnati: se proprio qui non dovesse esserci spazio accetterei anche un prestito in serie D per farmi le ossa, come fece Laurenti a suo tempo”.
Ma almeno la maglia della Nazionale te la faranno tenere come ricordo?
“Sì sì, ma solo se vinciamo o pareggiamo bene (ride)”.