Il clamore per l’addio di Crocefisso Miglietta alla SPAL ormai si sta diradando. Il giocatore ha lasciato Ferrara e raggiunto Novara, la società ha già trovato il sostituto (Togni) e spera di presentarlo a breve per chiudere definitivamente una spiacevole vicenda che ha condizionato l’estate biancazzurra. Tuttavia manca un pezzo – fondamentale – dell’intero quadro: la versione dello stesso Miglietta. Per settimane è rimasto chiuso in un silenzio per certi versi fragoroso. Però, prima di firmare il contratto che lo ha legato per due anni Novara, “Criss”, come tutti lo conoscono, ha deciso di raccontare la storia dal suo punto di vista. La riportiamo di seguito, in esclusiva per i lettori de LoSpallino.com.
LA PREMESSA – “Ho letto e sentito tante cose in questi giorni, altre mi sono state riportate. Premetto che mi assumo tutte le responsabilità del caso e delle relative conseguenze che il mio atteggiamento ha comportato. Non ha fatto piacere a voi, tifosi, non ha fatto piacere a me, né era mia intenzione arrecare danno alcuno. Il mio più grande difetto, se così vogliamo chiamarlo, è quello di dire sempre le cose come stanno: la verità quindi, fosse anche la più scomoda di tutte. I miei genitori mi hanno trasmesso un’educazione importante, di cui vado fiero, basata su valori che ritengo fondamentali e che cerco non solo di trasmetterli alle mie due bambine, ma anche di portarli in ogni mia esperienza lavorativa. Rispetto verso il prossimo, lealtà e verità sono i cardini principali del mio modo d’essere. Sembrerà strano sia io a dirvi questo, ora che sono lontano, ora che anche io, nei vostri panni, mi sentirei un po’ tradito e parecchio non rispettato. Avrei i vostri pensieri. Userei le vostre stesse parole per definirmi. Ma permettetemi, un’ultima volta almeno, di raccontarvi la mia verità. Con le mie parole non voglio convincere nessuno, sia chiaro. Non voglio polemizzare con nessuno anche se, a volte, potrà sembrare così. E’ inevitabile. Vorrei solo andarmene un po’ più sereno e tranquillo, senza essere definito per quello che non sono cioè un vigliacco che scappa di nascosto o, come ho letto, un mercenario. Non pretendo che mi capiate o mi comprendiate. Da voi avrei voluto essere giudicato male per quel giocatore mediocre, magari, che la domenica ha sbagliato due passaggi! Da voi avrei voluto essere giudicato per quel Capitano che vi ha regalato la gioia più grande come la B che tanto inseguite! Credetemi, avrei voluto darvi tutto questo. Ho 33 anni, non sono più un ragazzino e non sono alla ricerca di lusinghe, facili applausi o chissà cosa. Avrei potuto, come fanno in tanti, mandare tutti a quel paese infischiandomene di voi e della vostra rabbia. Ma non ce la faccio. E’ un sentimento che rispetto e capisco, che merita una risposta. Non servirà a non farmi odiare da voi. Lo so. Ma è l’unico modo che conosco per dirvi che mi dispiace e non volevo finisse così”.
L’ARRIVO ALLA SPAL – “Quando sono arrivato alla SPAL l’ho fatto con una gioia immensa. Reale. Credetemi. Ancora adesso ve lo confermo e sottoscrivo ogni parola. Mia moglie è di Cesena. Ho due bambine, ho un mutuo da pagare, come tanti di voi. Ferrara era la soluzione ideale per la mia carriera: città tranquilla, con un centro storico bellissimo e un contratto che a 33 anni non trovi così facilmente. Ho sposato da subito quel progetto che mi hanno illustrato: il direttore, poi, è una persona speciale che stimo e apprezzo moltissimo. Mi inseguiva da tempo. Vagnati è una persona perbene, corretta, umana: non ci ho pensato su due volte. Diventare capitano della squadra dopo pochi giorni, poi, mi ha fatto sentire responsabile di tutto il contesto. Ne ero felice e orgoglioso. Anche preoccupato, perché essere capitano vuol dire non solo portare una fascia al braccio la domenica: vuol dire essere ogni giorno, da mattina a sera, la persona principale che la società, la squadra e il mister hanno scelto come figura principale. Esserlo comporta avere precisi diritti e altrettanti doveri. Soprattutto verso me stesso”.
LA STIMA PER VAGNATI NON BASTA – “Dal mio arrivo qualcosa, però, è cambiato. Sarei sciocco a mentirvi. Sarebbe disdicevole che mi mettessi ad elencare qui quello che non è andato: Vagnati sa tutto, con lui mi sono confrontato e ho discusso fino all’ultimo giorno. Io discuto quando c’è da risolvere un problema. Quando voglio risolvere un problema. Se fossi rimasto, per come sono fatto io, non sarei riuscito a dare tutto per la vostra maglia: sapevo di avere mercato, sarei ipocrita a mentirvi e ho chiesto di andare via. Non avessi avuto alternative sarei rimasto controvoglia e solo perché ho precisi doveri verso la mia Famiglia”.
IO E IL PRESIDENTE – “Era il 1 agosto quando ho chiesto di poter avere un confronto con il presidente. Volevo capire se ero io che mi ero fatto aspettative troppo alte, perché non mi trovavo con quello che mi si era prospettato. Parlo in generale, non per me, sia chiaro: la storia che ne è venuta fuori dopo, quella in cui si diceva che io volevo andare in B con il Novara perché mi voleva mister Toscano e mi riempivano di soldi è una bugia che mi ha aizzato contro tutti. E non ci sto. Ho chiesto di andare via dieci giorni prima, ripeto, era il 1 agosto. Il presidente Mattioli, però, non ha mai voluto parlare con me. Ma parlare di me, sui giornali, quello sì. Questo mi ha fatto male. Io e lui ci siamo parlati solo il giorno della firma. Basta. Avremmo potuto discutere faccia a faccia. Ci saremmo confrontati. Lui con le sue idee, io con le mie. Perché il confronto aiuta a crescere. E non escludo che le cose potessero andare diversamente se solo fossero state gestite con maggiore umanità e comprensione. Non siamo tutti uguali e non la possiamo pensare tutti allo stesso modo. Non chiedevo nulla di più di potergli parlare”.
I SOLDI FANNO TANTO, MA NON SONO TUTTO – “Mi hanno lusingato offrendomi un triennale a cifre importanti, sottolineo importanti. Ma non sono mai stati i soldi a convincermi di un progetto. Se mi fossero interessati solo quelli sarei rimasto alla SPAL. A Novara ho firmato un biennale alle stesse condizioni che avevo sottoscritto a Ferrara e nella stessa categoria. Mercenario quindi? Io lo chiamo rispetto di non prendervi in giro. Se fossi rimasto non sarei potuto mai essere veramente me stesso. E quindi non un buon capitano e il rappresentante ideale della vostra città in campo. Non sarei riuscito a fare il mio lavoro con la solita passione che mi ha sempre contraddistinto”.
LO STRAPPO VIA SOCIAL CON LA TIFOSERIA – “Voglio scusarmi per quanto apparso sulla pagina Facebook che porta il mio nome. In buona fede ne è nata una situazione spiacevole e indelicata. E’ inutile vi dica che la pagina non è gestita da me, perché so di essere in colpa due volte: avrei dovuto controllarla e controllare le informazioni che circolavano. Quando ho saputo era ormai tardi. Mi scuso con voi per questo gesto: mettere la notizia dell’interesse del Novara ha creato un tam-tam che il mio migliore amico non avrebbe voluto creare. E’ successo. Qualcuno penserà che anziché crearmi un danno tutto questo sia stato fatto apposta per aizzarvi ancora di più, per darmi ancora più contro così mi sarei liberato più facilmente dalla SPAL: ma non è vero. Sono il primo che dico a chiare lettere che non volevo finisse così”.
L’AMARA SERA DI COPPA – “Eccoci al rifiuto della panchina. Non mi sono allenato per i tre giorni precedenti: quando è uscito tutto il caos, infatti, per la piega che stava prendendo la situazione, non me la sono sentita di allenarmi. L’11 agosto ho avuto un confronto piuttosto acceso con Vagnati, il mister e il mio procuratore. Decisi che non potevo rimanere a Ferrara e andai subito a Cesena dalla mia famiglia. Volevo stare con loro. Ma sono subito tornato indietro: ho preso l’ultimo treno dalla Romagna, penso fossero le due di notte. Il giorno dopo non ero in condizione di allenarmi, avevo dormito pochissimo ma soprattutto ero contrariato per tutto quello che era successo. Non potevo allenarmi, la dottoressa lo sapeva che non ero in condizione. Come non lo ero la sera contro il Forlì, il 15. Ero fermo da tre giorni. Era evidente che lo fossero di più i due ragazzi che erano stati scelti per andare in tribuna (Sereni e Laquaglia – ndr). Mi mandarono inizialmente in panchina per far numero e io dissi che non ci sarei andato perché non era giusto che andassi io che non avevo fatto allenamenti e andasse in tribuna chi invece aveva lavorato sodo fino al mattino. Da lì ne è nata una situazione gestita male e finita come tutti sappiamo, dove non era più possibile tornare indietro. Ho taciuto per rispetto di tutta la società: dopo la gara con la Jesina ci dissero che sarebbe stata la dirigenza a indicare chi poteva parlare e chi no. Non mi è mai stato ufficialmente proibito di dire la mia versione ma, visto il casino, è stata una mia precisa scelta quella di rispettare le consegne fino alla fine”.
L’ULTIMO GIORNO – “L’altro giorno, in sede, sono uscito venti minuti prima di andare via. Prima di dire a voi e alla SPAL addio definitivamente. Mi sono confrontato con il mio procuratore un’ultima volta. La decisione era presa però, non potevo tornare indietro. Ma ero sinceramente e profondamente dispiaciuto per Vagnati che, fino alla fine, mi ha guardato con gli occhi di chi non è solo lì a fare un mestiere, ma di chi crede anche nelle persone, proprio come me. L’emotività stava prendendo il sopravvento. Ma non sarebbe stato giusto perché restare, a quel punto, con tutto quello che era già uscito, sarebbe stato praticamente impossibile. Non mi dimenticherò Vagnati che mi dice: ‘Stiamo facendo una cazzata’ mentre firmiamo l’addio. So che l’ho deluso, so che con me sarà arrabbiato”.
LE SCUSE AL PATRON E IL SALUTO A TUTTA LA SPAL – “Ho chiesto e chiedo ancora scusa al patron Simone Colombarini, ma di rubargli i soldi non me la sono sentita: a lui dico e chiedo di interessarsi di più, con rispetto parlando, della squadra per cui spende così tanto denaro. Della sua presenza ci sarebbe ancora più bisogno. Saluto Marco Veronesi e la Susy: siete soprattutto voi la SPAL, lavoratori infaticabili che, come un motore nascosto ma imprescindibile, manda avanti una struttura come la vostra che altrimenti non esisterebbe! Grazie di cuore alla dottoressa, a tutto lo staff sanitario: ho incontrato professionisti validi, persone che danno l’anima per questa società. Grazie allo staff tecnico e a mister Brevi che so quanto puntava su di me. A Vagnati, ancora una volta, dico grazie: ci siamo trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, forse, ma gli auguro il meglio. Ai miei compagni dico di fare un grande campionato e di divertirsi, i risultati verranno. Alla città e a voi tutti di raggiungere i traguardi che meritate”.