Anche nel 1964, con in saccoccia gli stessi punti di oggi, la settima di campionato ci toccava in trasferta. Andavamo in casa di un Parma ancora sconosciuto al grande calcio, con all’attivo un’unica fugace stagione di serie A e molti anni di anonimato nelle serie inferiori. Alla fine di quel torneo sarebbe risultato buon ultimo e per cinque lustri non avrebbe più fatto parlare di sè. Noi invece, dopo un solo anno di cadetteria, avremmo riconquistato quella massima serie che ci aveva visto protagonisti per tredici stagioni consecutive. Poi, tre anni passarono troppo in fretta e anche per noi cominciò un declino contro cui ancora combattiamo in un alternarsi di speranze e delusioni che sembra non avere mai fine.
A Parma, quel 25 ottobre 1964, vincemmo 2 a 1, con una doppietta di Carlo Novelli, e la tifoseria sembrò tornare a credere alle magie di Mazza e ad avere fiducia in lui. La piaga della inopinata retrocessione in B faticava a rimarginarsi e il Presidente, per alcuni mesi, fu guardato con sospetto dal popolo biancoazzurro. Si diceva che pensasse solo a far cassa e che la Spal gli servisse per arrotondare i ricavi della propria attività imprenditoriale. Solo un anno prima, era stata aspramente criticata la cessione alla Juventus di Dell’Omodarme e Gori e la successiva retrocessione era stata attribuita a quell’operazione sbagliata.
C’era quindi bisogno di ricucire lo strappo tra tifoseria e società e quella vittoria a Parma risultò estremamente utile allo scopo. Nelle prime sette gare avevamo perso solo in casa della Reggiana, a fronte di quattro vittorie e due pareggi, e si viaggiava in media promozione. Se poi ci mettiamo che la squadra metteva in mostra un calcio di prim’ordine, con i nuovi acquisti Bagnoli e Muzzio sempre sugli scudi e un Massei a distribuire palloni di qua e di là come un direttore d’orchestra che dirige alla Scala, allora non si poteva che benedire il destino che ci aveva regalato uno come Paolo Mazza.
Alla fine fu serie A e noi portammo in trionfo i nostri eroi per tutta Ferrara. Non sapevamo che saremmo rimasti nell’Olimpo del calcio ancora tre anni e che il miracolo dell’immediato ritorno non si sarebbe più verificato. In anni successivi avremmo tifato per il Parma nelle coppe europee, applaudendo i trionfi internazionali di una valorosa squadra italiana, ma sempre con un pizzico di rammarico per quel quinto posto del 1960 che non ci aveva spalancato le porte d’Europa; perché allora esisteva solo la Coppa dei Campioni, torneo riservato alle squadre vincitrici dei campionati nazionali.
Bene, amici, anche oggi abbiamo fatto il nostro solito tuffo nel passato. Adesso è giunto il momento di scacciare ogni malinconia e di concentrarci sul futuro. Domani c’è il San Marino. Io dico: se cinquant’anni fa vincemmo a Parma, pensate che domani non riusciremo ad espugnare la rocca del Titano? Così, anche dopo sette giornate avremo sempre gli stessi punti di mezzo secolo fa. E il nostro novello G. B., alias Vico Giambattista, da Napoli, coi suoi corsi e ricorsi storici, ci sarà sempre più simpatico.