rubino al novara
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Raffa, una capocciata come la tua ce l’aveva solo Zamorano”. Parola di Nicola Ventola, ex centravanti di Inter e Bari, amico-nemico di Raffaele Rubino. E’ lui l’uomo di punta, il capitano e la guida del giovane Prato che sabato affronterà la SPAL al Lungobisenzio. Un personaggio che può vantare record unici e tante storie interessanti da raccontare.

COLPI DI TESTA- I difensori biancazzurri faranno bene a stare attenti alle ‘capocciate’ dell’attaccante classe 1978 di origini baresi. Le incornate sono il suo marchio di fabbrica a tal punto da intitolare “Colpi di testa” la sua autobiografia pubblicata nel dicembre 2013. Proprio come il cileno, Rubino, non è dotato di grandissima statura (circa 180 cm), ma in aria sa dar battaglia e scegliere il tempo giusto per l’elevazione. Caratteristiche forse apprese in giovane età praticando karate e basket: “Non sono alto come Luca Toni. Avere dieci centimetri più degli altri è troppo facile. Se non li hai devi arrangiarti. Ci vuole tempismo, fiuto, capire le caratteristiche del cross. Il basket? Forse mi ha aiutato a capire la dinamica del salto, il terzo tempo è la base, però l’impatto col pallone è un’altra cosa ed è una tecnica che ho perfezionato negli anni e che alla fine se mi son fatto un nome è anche merito di questa caratteristica”.

UNO SCUDETTO BATTENDO PIRLO – Dopo un anno e mezzo di basket, l’approdo ai Nuovi Galletti e poi la trafila dai pulcini alla Primavera del Bari, la squadra della sua città, con lui, Nicola Ventola. “Nel 1994 abbiamo vinto lo scudetto con gli Allievi Nazionali battendo in finale il Brescia di Pirlo e Baronio, poi però non sono riuscito a indossare la maglia del Bari, peccato”. Cosa che invece è riuscita al suo compagno e rivale Nicola Ventola. Percorsi diversi per i due, ma Raffaele se lo ritrova davanti nei momenti più importanti della sua carriera: “La cosa buffa è che due persone che sono nate e cresciute assieme si sono sempre dovute giocare il posto. Dai pulcini alla Primavera del Bari, poi a Siena e al Novara. Quando l’ho visto a Novara gli faccio: m..ò Nicò pure qua…?! mi hai rotto i c…..i (scherzandoci). Nico è una persona simpaticissima, si è consumato subito, la sua struttura gli ha sbriciolato le ginocchia. Ha avuto soddisfazioni nazionali e internazionali con l’Inter e ha indossato la maglia del Bari, cosa che ha me è mancata. Lui poi ha avuto un percorso di crescita esponenziale. Diciamo che lui ha preso l’autostrada, mentre io la complanare. Ognuno dei due si è tolto le sue soddisfazioni. Anche a Novara ha avuto le sue possibilità, ma per sua stessa ammissione non le ha sfruttate bene anche perché non aveva più molto da dare”.

AZZURRO E NEROAZZURRO – Rubino per arrivare al calcio che conta ha preso una strada lunga e tortuosa. A tinte neroazzurre col Bisceglie in C2 e in D con la parentesi al Noicattaro. Poi la prima chance al Nord nella Brescello di Don Camillo e Peppone alla ricerca dell’erede di Simone Inzaghi passato al Piacenza. Dal Brescello alla Pro Sesto e nel 2001 si colora di azzurro vestendo la maglia del Novara. Quella con la città piemontese sarà una storia in quattro atti fatta di amore, record, scalate vincenti e momenti bui, fino al rammarico e alla delusione per una mancata conferma arrivata a metà del luglio 2014. “Sì, sono ritornato quattro volte a Novara, ma son sempre rimasto di proprietà degli azzurri. Ero in comproprietà a Siena (esordio in A contro l’Inter), poi a Torino e Salerno in B. Poi mi ha preso il Perugia, ma l’anno dopo, l’attuale presidente De Salvo mi ha riportato a Novara, dove ho giocato per sette stagioni consecutive”.

NOVARA: GOL, PIOLA E RECORD – Sette stagioni, a livello personale la migliore è la prima in Prima Divisione (2007-2008) con 18 reti, poi la cavalcata fino alla serie A e poi la retrocessione. “Ho sempre voluto dimostrare alla città di essere un giocatore di valore. Una sfida positiva con la città. Molti dicevano che ero tornato a svernare. Ma ho dimostrato con i numeri che avevo ancora qualcosa da dare”. E i numeri dicono 87 reti segnate con la maglia del Novara, una in più del grande Silvio Piola icona del calcio italiano e a sette reti dal recordman (dal 1941) Marco Romano fermo a quota 94. Mancava davvero poco per scalare la vetta a Rubino che vanta comunque il record di esser stato l’unico calciatore ad aver segnato almeno una rete con la stessa maglia in tutte e quattro le categorie professionistiche. Con la riforma, il record potrebbe durare a lungo. “Eh già e ho segnato anche nella nuova Lega Pro. Nell’allora C2 segnai con la Valenzana, in Prima Divisione, il primo è stato col Mantova, in B contro il Crotone e in serie A contro il Parma ovviamente di testa. La Curva Nord e Novara per me rappresentano tutto. Per il calcio a Novara ho dato tutto, sia dentro che fuori dal campo con premi, manifestazioni e beneficenza. Ci ho sempre messo la faccia. A livello di collettivo sul campo arrivare dalla C alla A vuol dire fare la storia di un club. A livello personale, la mia più grande soddisfazione è il record di aver fatto gol in tutte le categorie e l’aver superato uno come Silvio Piola. E’ solo grazie alla squadra che ho raggiunto questi traguardi e a chi nel 2001 mi portò a Novara. Ancora oggi ho la mia personale ‘chat’ con i vari Ludi, Rigoni, Marianini e Palombo, con cui ho condiviso momenti belli. Novara è la mia seconda città”.

ADDIO CON AMAREZZA – Peccato essere arrivato a soli sette gol dal record di Romano, magari sarebbe bastato un altro anno. E qui il solare Raffaele Rubino si incupisce. “Rimpianti? Non ne ho. Non è dipeso da me. Quello che ho fatto per i colori di questa maglia resterà nella storia. I tifosi lo sanno e per loro sono un simbolo. Lasciando Novara ho perso delle certezze e faccio fatica a commentare quello che ho lasciato. A Novara ho costruito un passaggio delicato della mia vita. Mi ero illuso di poter vivere con la mia famiglia (la moglie e due bambini, ndr). Ma ho dovuto, a 36 anni, fare una scelta di vita. O restare senza lavoro o continuare a fare quello che mi riesce meglio da un’altra parte. Non ho più tempo di pensare a quello che poteva essere. E’ successo, ne prendo atto, guardo avanti. Non ho avuto possibilità di scelta e mi è dispiaciuto per come è avvenuto. Un mese dopo la fine del campionato ho avuto il sentore che non ci sarebbe più stato spazio per me, anche se sui giornali la società diceva altro. Alla fine ho preso atto della fine di un percorso”. Poca riconoscenza per uno che anche quando la squadra non girava o nel momento buio del calcioscommesse ci ha sempre messo la faccia da vero leader dello spogliatoio azzurro.

CALCIOSCOMMESSE – “Durante il Calcioscommesse a Novara abbiamo avuto la dimostrazione di un grande gruppo a livello umano e non solo vincente sul campo. Perché siamo rimasti vicino alle persone coinvolte anche nei momenti di difficoltà dando un supporto umano, morale. Il 90% delle persone indagate è stato prosciolto. Penso a Shala, Ventola, Jimmy Fontana, mentre è stato condannato il solo Bertani. Allora la mia domanda è sempre la stessa: la magistratura ha fatto un percorso e ha condannato Bertani. Può essere mai che un giocatore può commettere un illecito così? Chi gioca a calcio o chi ha fatto questo mestiere la risposta può darsela da solo. E poi, se Bertani pagava dazio da solo per aver commesso illecito di contatto con persone losche, okay, ma allora perché punire con la penalizzazione il Novara, se uno solo su 5-6 indagati è risultato colpevole? Non ci credo che una persona da sola possa combinare le gare. Nel calcio ho sempre pensato potessero esiste piccole cose, non dico l’accomodare, ma tipo arrivare all’85’ sullo 0 a 0 e decidere che il risultato va bene ad entrambe. Ma non arrivare alle cose emerse dal calcioscommesse. Ritengo giusto che chi ha sbagliato paghi e non faccia il giocatore”.

UN PRATO AZZURRO E NEROAZZURRO- Raffaele Rubino a luglio ha lasciato Novara per far da guida ad un manipolo di giovani arrivati dall’Inter grazie al lavoro del presidente Toccafondi, che ha instaurato una partnership con i neroazzurri: “E’ una casualità. L’azzurro lo porterò nel cuore, a livello cromatico non perderò l’abitudine(sorride). Il legame con l’Inter è frutto dell’astuzia e la capacità del presidente del Prato che è riuscito a realizzare il progetto di ‘seconda squadra’. A Prato, l’Inter ha mandato una decina di giovani alla prima esperienza o poco più. Ragazzi che devono crescere e hanno una grande opportunità di farlo. Io ho la responsabilità di far loro da guida, ma tanti giovani assieme non li avevo mai avuti in squadra”. Ragazzi promettenti come Lorenzo Tassi, regista classe 1995 ed ex Brescia, considerato da anni il nuovo Pirlo: “Ci sono due o tre giocatori che possono dire la loro. Devono crescere. In che categoria non lo so, perché il calcio è cambiato e continua a cambiare. Serie A, B e C hanno valori diversi. Tuttavia direi una bugia affermando che tutti hanno una chance per giocare ad alto livello”.
Tra i più in vista c’è Riccardo Bocalon, che dopo un’ottima annata a Venezia si aspettava qualcosa di più rispetto ad un’altra stagione di Lega Pro a Prato: “Riccardo è un ragazzo molto sensibile. E’ arrivato conservando un po’ di rabbia. Pochi o nessuno, dopo Venezia, gli hanno dato una considerazione maggiore. Ci ha messo un po’ ad accettare la proposta del Prato, ma è stato bravo a mettere questa rabbia in campo. Se rimane concentrato e sfrutta i consigli che gli stiamo dando può ripetersi. Poi per gli addetti ai lavori sarebbe impensabile non prendere in considerazione un giocatore da doppia cifra”. Quali gli obiettivi per questo Prato dei giovani? “La società non ne ha posti. Non perché siamo affiliati all’Inter abbiamo l’obbligo di vincere il campionato. Siamo una squadra tecnica, che ha voglia e manca di esperienza. Abbiamo bisogno di tempo. La qualità c’è e ci sono i presupposti per essere una squadra fastidiosa. Rapporto con mister Esposito? Parliamo poco, perché alla mia età basta uno sguardo per capire se le cose vanno male. Abbiamo confronti positivi e un rapporto sereno e schietto”.

LA SPAL E UN’ALTRA SERIE C– Sabato arriva la SPAL. Ricordi di sfide con gli estensi? “Ho giocato contro la SPAL di Arma, Capecchi, Zamboni e la seguivo quando c’era Notaristefano sulla panchina. Squadre e tempi diversi. A mio parere un campionato più tosto, con giocatori di esperienza. Mi piaceva di più. Forse più agonistico e meno tecnico, ma avevi a che fare con calciatori di un certo spessore e in campo c’era maggior agonismo. Nonostante la riduzione delle squadre, il livello si è abbassato. C’è stata una cattiva comunicazione, perché il fatto di aumentare la quantità di giovani in campo non va di pari passo con la crescita di giovani validi. E’ arrivato un barcone e li ha catapultati all’interno di un campionato di sessanta squadre. Prima avevi maggiore possibilità di scegliere su chi investire. Per una squadra avere in rosa 10-15 giovani e averne di bravi solo 2 o 3, mi sembra un limite per la società stessa. Io da ragazzo ho fatto 16-18 gol in C. La differenza è che oggi invece di prendere un giocatore di 30-32 anni, le società scelgono ragazzi, però poi non chiediamo un campionato di alta qualità. I calciatori di esperienza stanno andando tutti al Sud perché c’è un girone più difficile. Dunque una scelta per necessità”.

FUTURO DA DIRETTORE?– Alle porte dei 37 anni (li compirà il 9 gennaio) Raffaele Rubino guarda avanti: “La mia età lo richiede. Allenatore? No, sto frequentando il corso di direttore sportivo. Per me sono stati importanti gli allenatori delle giovanili (a Bari, Rubino ha una scuola calcio, il Levante Azzurro) che mi hanno formato anche a livello etico. In carriera ho avuto bravi allenatori: Papadopulo, Tesser, Di Chiara, ma resto dell’idea che è il calciatore ad essere determinante. Sono comunque concentrato ancora sulle vicende del campo, perché ci stiamo giocando un campionato”. SPAL attenta, il leone dalla criniera bionda ha ancora fame di gol.