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Lo scorso primo febbraio, dopo SPAL-Gubbio, un giornalista al seguito della squadra umbra si avvicinò ai colleghi della stampa ferrarese e lanciò la sua profezia: “Ve lo dico io, questa SPAL farà i playoff”. Non è dato a sapere cosa lo avesse impressionato così tanto, visto che in quella occasione la squadra di Semplici aveva giocato più che discretamente, ma non era certo sembrata il Real Madrid. Anzi, aveva anche ringraziato la fortuna per il palo centrato da Mancosu a una manciata di minuti dalla fine. Anche a fronte di quella vittoria il pensiero di una SPAL ai playoff sembrava comunque abbastanza azzardato, visto l’andamento della stagione fino a quel momento. Due settimane più tardi i biancazzurri sono ad appena tre punti di distanza dalla zona caldissima dei playout e nel giro di appena sette giorni hanno perso tre partite su tre, facendo un gol e incassandone sei. Perché in mezzo c’è stato anche il deludente intermezzo della Coppa Italia contro il Como, non va dimenticato.

Il collega di Gubbio si è sbagliato, ma ci può stare in un campionato così equilibrato e imprevedibile. Il problema è che a sbagliarsi per primi sulle potenzialità della squadra sono coloro che l’hanno costruita e poi ritoccata. A più di sessanta giorni dall’insediamento di Leonardo Semplici la musica non è cambiata granché: la SPAL galleggiava a cavallo tra metà destra e sinistra della classifica a dicembre e continua a farlo ora. La media punti della gestione Oscar Brevi era di 1.31 punti a partita, quella di Semplici si attesta a 1.15. La SPAL perdeva partite in maniera assurda e continua a farlo ora. L’unica sostanziale differenza sta nel metodo: prima lo faceva giocando palla lunga e pedalare, ora lo fa tentando di manovrare palla a terra. Ma le carenze tecniche e caratteriali di questo organico presentano il conto a prescindere dall’impostazione di gioco e dalla guida tecnica. Brevi guardava al senso pratico, Semplici predilige quel tocco di fantasia in più. Anche se, progressivamente, Semplici ha dato l’impressione di brevizzarsi ogni giorno di più una volta compreso il reale valore della squadra. Prima il ritorno al 352 (o 532, in base ai punti di vista) spesso utilizzato da Brevi e poi la sconsolata ammissione del post-Lucca: “Proveremo ad affidarci ai lanci lunghi”. E’ probabile si sia trattato solo di uno sfogo con inclusa una punta d’ironia, ma sarebbe quantomeno curioso vedere Semplici ripudiare uno dei suoi capisaldi filosofici. L’allenatore toscano, alla sua prima seduta di allenamento in biancazzurro, strappò applausi con una sorta di manifesto programmatico scandito in campo: “Non voglio vedere lanci lunghi”. Il match di domenica contro il San Marino darà qualche risposta in merito. In fondo è quel tipo di partita in cui la SPAL dovrebbe badare al sodo e portare a casa tre punti, belli o brutti che siano.

Sullo sfondo si delinea una certezza: si può arrivare al termine di questa stagione trovando ogni domenica un alibi diverso per i risultati che non arrivano (la sfortuna è quello preferito) oppure prendere atto che la cosiddetta “stagione di transizione” ha riservato una lunga serie di errori e relative delusioni. Che si possono correggere e trasformare in solide basi per il futuro. A meno che il destino della SPAL non sia rimanere quanto è oggi: un’onesta squadra di metà classifica, che si può togliere qualche soddisfazione di tanto in tanto. Come la vittoria di settembre contro l’Ascoli o una goleada contro la Pistoiese. O la semplice consapevolezza del “perdiamo, ma almeno si vede giocare”. Questo però lo possono decidere solo in via Copparo. L’importante è che si faccia attenzione a non alimentare aspettative troppo alte. Lasciamo che a parlare di playoff sia qualcun altro, eventualmente.