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In serie positiva da otto turni, cinque vittorie consecutive, tre in casa e due in trasferta, porta imbattuta dal 1 marzo, dieci gol fatti nelle ultime tre partite. I numeri della SPAL nell’ultimo mese e mezzo hanno pochi paragoni nelle tre serie del calcio professionistico e sono il segno di un lavoro duro che ora ha dato i suoi frutti. Evidenti non solo nei risultati, ma in prestazioni che hanno radicalmente cambiato ritmo e modo di giocare di una squadra spesso aspramente criticata durante l’anno, ribaltando così una stagione che aveva preoccupato – e non poco – i tifosi spallini e che ora li fa addirittura sognare i miracolosi playoff, con la doppia goduria di una possibile rimonta sull’arcinemica Reggiana.
Anche se gli spareggi promozione sono estremamente difficili da raggiungere, ciò che resterà, qualunque sia l’esito finale del campionato, è la trasformazione operata nelle ultime gare, dove la squadra ha mostrato un gioco a tratti esaltante che non è per nulla casuale. Qui i meriti di Leonardo Semplici sono evidenti. Arrivato a dicembre dopo che la SPAL di Oscar Brevi, pur avendo toccato anche il primo posto, non aveva mai veramente convinto, il tecnico fiorentino ha dato alla squadra un’identità di gioco precisa e completamente diversa dal suo predecessore, infondendo inoltre ai suoi giocatori una personalità mai vista prima e una crescente sicurezza nei propri mezzi, facilitata anche dai risultati positivi. Ad una analisi un po’ più approfondita, anche solo da osservatori esterni, il lavoro di Semplici – di natura non solo tattica, ma anche tecnica e psicologica – emerge chiaramente in una serie di dettagli, che hanno trasformato la SPAL, rendendola quello che è ora.

PRIMO COMANDAMENTO: GIOCARLA SEMPRE

Al primo giorno in biancazzurro, Semplici fu chiaro: “Non voglio vedere lanci lunghi”. Aveva capito che doveva distanziarsi dal suo predecessore tanto nei modi (“Andrò sempre in panchina con la divisa della società”), quanto nel gioco. Se fino ad allora si erano viste solo palle lunghe per Fioretti e Germinale, nella speranza che succedesse qualcosa, con Semplici la squadra ha mostrato da subito la volontà di giocare palla a terra, cercando sempre il compagno più vicino. Nei primi tempi il tentativo sembrava inutile, il possesso palla con una squadra considerata carente di veri palleggiatori sembrava un invito a nozze ad avversari golosi di palloni persi malamente e lo stesso Semplici, dopo la sconfitta di Lucca (la quinta della sua gestione), arrivò a sbottare: “Vorrà dire che dalla prossima torneremo ai lanci lunghi”. Una battuta, naturalmente: Semplici è andato avanti per la sua strada e ha avuto ragione. Ora la SPAL non butta mai via il pallone, impone il proprio gioco, consapevole che se la palla ce l’hai tu gli altri non possono essere pericolosi e che il lancio lungo a difesa schierata, in nove casi su dieci, significa regalare il pallone agli avversari. E allora si vede Menegatti giocarla su Gasparetto, poi al centro per Cottafava, poi Capece, Gentile e di nuovo Gasparetto, poi di nuovo a girarla di qua e di là, per trovare gli spazi giusti, con l’avversario che può solo stare a guardare e viene spesso preso d’infilata, mentre i biancazzurri non la perdono più, nemmeno nelle situazioni più rischiose e quando pressati.

DUTTILITA’ TATTICA: PRAGMATISMO CONTRO DOGMATISMO

Arrivato a Ferrara, Semplici avrebbe voluto impostare una difesa a quattro, con davanti tre centrocampisti e un trequartista a supporto delle due punte. Non aveva il giocatore adatto a fungere da rifinitore e allora optò inizialmente per un 433. Dopo l’illusoria vittoria per 5-1 contro la Pistoiese, però, la squadra mostrava una notevole fragilità difensiva e così Semplici ha cambiato tutto, varando un 352 o 532 che a molti ricordava nient’altro che un ritorno al pensiero breviano, e che era invece il segno della duttilità tattica di mister Semplici, dimostratosi qui capace di adattare il proprio modo di giocare a seconda del materiale che ha, senza per questo venire meno al suo credo calcistico, fondato sul gioco palla a terra e su una squadra che non rinuncia mai a cercare i tre punti.

SCELTE TECNICHE: IL MERCATO GIUSTO

Sicuramente, nel calcio nostrano, le scelte di mercato dipendono da tanti elementi, sono un insieme di decisioni dei dirigenti delle squadre coinvolte, condizioni generali del mercato, situazioni contrattuali, volontà personali dei giocatori e dei loro agenti, occasioni raccolte e occasioni perse. Il parere dell’allenatore sembrerebbe allora marginale. Eppure, si vede senza dubbio la mano di Semplici nelle decisioni d’inizio 2015 di liberarsi di giocatori che alla SPAL avevano mostrato davvero poco di positivo come i terzini Ferretti e Legittimo e le punte De Cenco e Germinale e l’arrivo a Ferrara di giocatori di maggiore qualità tecnica, come Gerbaudo, Rovini, o di un attaccante con maggiore senso del gol come Zigoni o di un uomo di fascia di maggior spinta come Nava. Allo stesso modo, si deve a Semplici il ritorno in campo di due beniamini del pubblico inspiegabilmente messi da parte da Brevi, Manuel Lazzari e Davide Di Quinzio, non a caso tra i protagonisti di questo filotto di vittorie e praticamente sempre titolari con il nuovo allenatore.

TUTTI IMPORTANTI: IL LATO PSICOLOGICO (PARTE PRIMA)

Titolari e riserve, appunto. Se nella prima parte della stagione i giocatori utilizzati erano più o meno sempre gli stessi, con una chiara distinzione tra i giocatori inamovibili e quelli considerati cambi utili solo in caso di indisponibilità dei titolari, con Semplici anche qui è cambiata la musica: tutti si sentano importanti, perché per tutti arriverà l’occasione. Solo vuota retorica? Niente affatto. Si pensi anche solo alle punte: Semplici ha iniziato con Fioretti e Finotto, poi è arrivato Zigoni e a far coppia con l’ex Milan era rimasto Fioretti, poi è venuto il turno di Rovini, titolare in due partite consecutive con Zigoni che era finito anche lui in panchina, prima dell’esplosione di Finotto, mai così in forma, a costituire proprio con Zigol la coppia d’attacco che ora sta facendo le fortune della SPAL . Ma lo stesso accade per tutti i reparti: in regia aveva iniziato Togni, poi è arrivato il momento di Capece, sul punto di andare via a gennaio e ora titolarissimo, lo stesso Di Quinzio, tra i preferiti di Semplici, è partito qualche volta dalla panchina, mentre Giani e da ultimo Gerbaudo sono stati recuperati dopo alcune gare in cui erano rimasti fuori. Questo tipo di gestione delle risorse ha un enorme peso a livello psicologico, sulla tenuta mentale del gruppo e sulla voglia dei singoli di mettersi in luce quando utilizzati, anche per pochi minuti: tutti sanno che prima o poi avranno una chance, nessuno si sente escluso e ognuno sa che deve dare il massimo quando entra proprio perché la volta dopo potrebbe essere il suo momento.

CREARE UN GRUPPO: IL LATO PSICOLOGICO (PARTE SECONDA)

La SPAL mostra ora di divertirsi giocando e così diverte il suo pubblico. Quella che era parsa a tutti una strana accozzaglia di giocatori sopravvalutati, andata a rovinare il bel gruppo creatosi lo scorso anno, è diventata una squadra vincente e sicura di sé. Com’è possibile? Il lato psicologico, quando si vuole gestire un gruppo di persone, non solo nel calcio, è fondamentale. Semplici ha mostrato di non trascurarlo e questa SPAL è diventata in campo un gruppo unito, dove ognuno aiuta il compagno e si rema tutti nella stessa direzione, con gli elementi più esperti (Cottafava, Gentile, Togni) che consigliano e quelli più giovani che ascoltano e danno tutto.
Anche questo cambiamento non è casuale, ma si deve a una serie di innovazione introdotte da Semplici. La squadra, a fine partita, si unisce in un abbraccio, “shoulder to shoulder”, come direbbero gli irlandesi di rugby recenti vincitori del Sei Nazioni, per poi andare a salutare i tifosi, sempre, in casa o in trasferta, che si sia vinto o che si sia perso, allenatore compreso. Se si devono prendere i fischi si prendono, se si deve esultare con la propria gente lo si fa. La squadra sembra quindi più unita, più rilassata e spensierata e questo facilita la bontà delle prestazioni. E’ chiaro che le vittorie aiutano anche in questo aspetto, ma la SPAL ha mostrato unità proprio nei momenti più duri. Dopo Ascoli, per esempio, quando aveva giocato benissimo, era andata in vantaggio e si era poi fatta rimontare dalla allora capolista pur avendo l’uomo in più: una roba che avrebbe depresso chiunque e che invece è stata superata dai biancazzurri, proprio grazie ad alcuni dettagli, per i quali Semplici sembra avere una cura quasi maniacale.

SCHEMI SEMPLICI: LA FANTASIA AL POTERE E LA CURA DEI DETTAGLI

Innovazioni tattiche. All’inizio alcuni schemi di Semplici avevano suscitato il riso dei più, come quando, sui calci di punizione a favore, i giocatori spallini formavano una seconda barriera che al momento della battuta scattava in avanti come fanno i bambini quando giocano a un due tre stella e il bambino che conta è girato di spalle. La fantasia è un elemento che si sta perdendo, nel calcio di oggi che ha ucciso il numero dieci, il fantasista, appunto, in nome di ritmi alti, intensità, fisico e velocità, perdendo così moltissimo in imprevedibilità e trovate geniali, di cui appunto “el diez” era emblema, e diventando, per larghi tratti, una noia mortale. Semplici, in controtendenza, ha mostrato di gradire, non solo a parole, i giocatori tecnici, in grado di dare qualità e fantasia al gioco e magari meno potenti fisicamente di altri (Di Quinzio, Rovini, Togni). Lo stesso accade a livello tattico, dove la varietà degli schemi introdotti dall’allenatore fiorentino mostrano una certa predilezione per la fantasia, elemento capace come pochi di disorientare gli avversari, che non hanno punti di riferimento di fronte alle tante manovre possibili e dunque non facilmente prevedibili. Ecco allora che sui calci d’angolo sono quasi sempre in due gli spallini ad andare sul pallone per la battuta (preferibilmente un destro e un mancino) e le soluzioni diventano tantissime: la ripresa veloce del gioco con lo scambio tra i due battitori e l’entrata in area o il cross/tiro ravvicinato, Gerbaudo che alza entrambe le braccia e la mette lunga sul secondo palo, Di Quinzio che calcia alla ricerca della deviazione sul primo. Non a caso, questa Spal segna anche sui calci piazzati, si pensi ai due gol di Cottafava, uno su calcio d’angolo battuto da Togni, l’altro su calcio di punizione mancino proprio di Gerbaudo.

Il risultato di tutto ciò è una squadra unita e divertente, che finalmente entusiasma il suo pubblico: Menegatti imbattuto da oltre 500 minuti, una difesa di ferro guidata da Cottafava e Gasparetto e dove chi entra è perfettamente a suo agio, si tratti di Giani, Silvestri o Aldrovandi, un centrocampo che alla sostanza di Gentile, alla qualità di Di Quinzio e alle geometrie e i tempi di Capece, unisce la profondità garantita dalla facilità di corsa di Lazzari e Nava sugli esterni, per finire con un attacco finalmente incisivo in cui Zigoni e Finotto si completano a vicenda, continuamente si cercano e aiutano la squadra anche in fase difensiva. Una macchina perfetta, i cui recenti successi non sono casuali, ma da ricondurre, come sempre accade, al lavoro e alla dedizione. Vietato esaltarsi, però, ancora non si è fatto nulla, se non guadagnare l’obiettivo minimo – la salvezza – con largo anticipo. Continuare con lo stesso passo fino alla fine è quasi impossibile: un calo – almeno fisico – sembra inevitabile. Eppure, con una SPAL così e la Reggiana a soli sei punti, come si fa a non sperarci almeno un po’?