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Non c’è solo Max Allegri tra gli ex spallini illustri impegnati in meritati festeggiamenti. A est del confine infatti è stata la domenica di Rodolfo (per tutti Rudy) Vanoli, centrocampista della SPAL tra il 1992 e 1995, oggi tecnico degli sloveni dell’Olimpia Lubiana. Domenica la squadra di Vanoli ha espugnato il campo del Rudar con un rigore al 94′, riportando così il club della capitale a un titolo che mancava addirittura dal 1995. Vanoli, 53 anni, vince così il suo primo campionato da allenatore dopo aver alzato Coppa di Slovenia e Supercoppa nel 2015 alla guida del Koper. Il suo nome allunga la lista di ex giocatori spallini divenuti allenatori ad alti livelli. Giusto per fare qualche nome: Bianchi, Capello, Bigon, Reja, Delneri, Bagnoli e Fabbri.

Vanoli, benvenuto nel club. Può vantarsi di far parte di una lista abbastanza esclusiva.
“Beh, è un onore anche solo essere accostato a certi nomi. Persone che stimo prima di tutto umanamente, prima ancora che da tecnici. Nella mia carriera ho avuto due grandi maestri come Fascetti e Mazzone che mi hanno insegnato una cosa fondamentale: solo partendo da un’educazione umana e poi sportiva si possono ottenere risultati di un certo tipo”.

Come mai ha speso la maggior parte della sua carriera da allenatore all’estero?
“È una buona domanda. Forse perché ho sempre cercato di privilegiare un percorso che fosse in grado di garantirmi una crescita umana e professionale. Ho iniziato ad allenare in Svizzera perché ho concluso là la mia carriera da giocatore e nell’anno in cui ho iniziato il master di Coverciano mi sono trovato a condividere questa esperienza con Allegri e Conte: il primo era appena passato dall’Aglianese alla SPAL, il secondo faceva il vice di De Canio a Siena. Quando nel 2007 mi ha chiamato l’Udinese per allenare la Primavera, ho pensato fosse una bella opportunità per migliorare e in quel periodo sono arrivate anche delle soddisfazioni in termini di risultati. Conclusa quell’esperienza ho cercato dei progetti, non dei contratti. E in Italia non ne ho trovati di seri, malgrado tanti spendano belle parole. Così è iniziata la mia avventura in Slovenia”.

Prima il Koper, con due qualificazioni in Europa League, poi la chiamata dell’Olimpia Lubiana a campionato in corso con la squadra prima in classifica.
“Koper è stata una bella esperienza, ma qui ho trovato un club incredibile, espressione di una capitale, con un grandissimo presidente. Ho preso in consegna la squadra consapevole che era possibile arrivare in fondo da vincitore, pur sapendo che sarebbe stato difficile visto che l’Olimpia non vinceva il campionato da ventun’anni e il Maribor veniva da cinque titoli di fila”.

Un digiuno lungo quasi quanto quello della SPAL.
“Eh sì e non posso fare a meno di vedere delle analogie. Direi che sono entrambe società che fanno lavorare con serenità gli allenatori e progettano il loro futuro con l’intento di crescere in due o tre anni. Io per la SPAL vedo un futuro roseo. Mi sembra ci sia tutto per fare bene: una società solida, un direttore capace e un allenatore davvero molto preparato che io conosco bene. Ricordo di averlo incontrato in vacanza quando allenava l’Arezzo. Veniva da annate importanti col Figline, ma gli consigliai di fare un’esperienza in un grande settore giovanile professionistico per consacrarsi definitivamente. Quando l’ho rivisto l’estate scorsa mi ha detto che avevo ragione e ora raccoglie meritatamente i frutti del suo lavoro. Aggiungo una cosa: se Leo rimane a Ferrara non è certo per i soldi, ma perché crede nel progetto che la SPAL ha in mente. Mantenere la categoria sarà senz’altro il primo obiettivo, ma sognare non costa niente se ci sono i presupposti giusti”.

La panchina della SPAL in almeno un paio di occasioni sarebbe anche potuta essere sua, vero?
“Sì, in effetti sono stato vicino ad allenare la SPAL, ma poi c’è sempre stato qualcosa che ha fatto saltare tutto. Magari non era il momento giusto, chissà. Mi dispiace perché la SPAL significa tanto per me e ce l’ho sempre nel cuore. Capita ancora di ripensare a quel maledetto spareggio di Verona: quello poteva davvero cambiare il corso della storia”.

Il rapporto in ogni caso non si è mai interrotto.
“Assolutamente. Le squadre più importanti della mia carriera sono state Lecce, Udinese e SPAL, e se mi manca qualcosa è proprio sentire il calore di quella che è stata la mia gente. Ho conservato legami importanti a Ferrara e sono sicuro che se mai dovessi sedermi sulla panchina della SPAL sarebbe un’emozione enorme”.

Il pubblico qui la ricorda con affetto, nonostante le stagioni dal 1992 al 1995 abbiano riservato più delusioni che altro.
“È vero, ma io credevo molto in quello che si faceva. Dopo la retrocessione del 1993 mi arrivò un’offerta dalla Reggiana, ma rifiutai perché sentivo di avere un debito con quei tifosi. Volevo riportare la SPAL dove l’avevo trovata e mi è dispiaciuto non riuscirci”.

La SPAL in estate sarà a Tarvisio, che non è a tiro di schioppo da Lubiana, ma nemmeno così lontana. Sarebbe bello pensare ad un’amichevole.
“Eh sì, tra l’altro dovremmo svolgere anche noi il ritiro a Tarvisio, una località che oltretutto mi ha sempre portato bene. Penso che il problema sia più che altro di calendario, perché inizieremo molto presto. Il 13 luglio saremo già in campo per il turno preliminare di Champions League”.

Ecco, la Champions League: per la prima volta sentirà la famosa musica d’ingresso che fa sognare giocatori e allenatori, oltre ai tifosi.
“Ti dico la verità: è una cosa a cui non sto pensando. Voglio godermi il momento al cento per cento, perché quando ti svegli il giorno dopo aver vinto un campionato ti dai i pizzicotti per capire se è tutto reale oppure no. Sabato giocheremo l’ultima di campionato in casa e sarà una grande festa, poi avremo tempo per pensare anche alla Champions, che sarà senz’altro un’esperienza fantastica”.

foto di copertina tratta dalla pagina Facebook ufficiale dell’Olimpia Lubiana