Il triennio di Davide Di Quinzio alla SPAL si è chiuso ufficialmente lunedì sera con un doppio annuncio ufficiale tra Ferrara e Como, ma nei fatti il centrocampista di Paderno Dugnano era già lontano da un po’. Sulla carta dal giorno in cui gli è stato comunicato che non rientrava nei piani per la serie B, in concreto da circa una settimana, ossia da quando ha iniziato ad allenarsi con i lariani in attesa di firmare un contratto di ben tre anni. Nel frattempo Di Quinzio ha anche giocato la sua prima amichevole ufficiale col Como, segnando pure un gol nell’amichevole finita 16-0 contro i dilettanti del Sondalo. E mentre tutto questo avveniva, il flusso di messaggi – diretti e indiretti – legati al suo addio a Ferrara non si è mai fermato. Segno che il ricordo di Davide è destinato a rimanere a lungo tra i tifosi.
Davide, partiamo dalla domanda che tutti si sono fatti: perché Di Quinzio lascia la SPAL?
“Eh, perché… perché la società ha fatto una valutazione. Sicuramente ci sono rimasto male, perché dopo tre anni in cui ho dato sempre il massimo non me l’aspettavo. Pensavo di potermi giocare le mie carte in serie B sentivo anche un po’ di meritarmelo. Però mister e società fanno delle scelte e vanno accettate, anche se a malincuore. Così ho iniziato a parlare con un po’ di squadre”.
C’erano diverse società che ti volevano.
“Sì, ma poi sotto c’era poco di concreto. Quando invece mi ha chiamato Andrissi (dg del Como – ndr) si è aperto un discorso più approfondito, anche perché lui mi conosceva già. Ho iniziato ad allenarmi col Como, mi è piaciuto tutto e ho accettato”.
L’offerta del Como è di quelle che non capitano tanto spesso: tre anni di contratto.
“È vero, ma prima metto la fiducia che il direttore e il mister mi hanno dimostrato. A questo si è aggiunta anche la vicinanza a casa”.
Stare vicino a casa per te ha un peso decisivo?
“Ma no, non è una cosa che incide così tanto. Semplicemente si è presentata questa occasione favorevole in un momento in cui si facevano molte chiacchiere. Ma non avrei avuto problemi a trasferirmi in qualunque altro posto”.
Hai discusso anche con Semplici la decisione di lasciarti andare?
“Sì, ci ho parlato per sapere la sua opinione e anche se non la condivido la devo rispettare. Abbiamo un bellissimo rapporto e se ho giocato praticamente sempre lo devo a lui, che mi ha rilanciato dopo il periodo con Brevi. Per cui non potrò mai andargli contro”.
Ma durante la stagione ti è mai capitato di sentirti in discussione?
“In discussione ci si è sempre, perché alla SPAL appena sbagli una partita iniziano i discorsi. Questo fa parte di una piazza importante come Ferrara. Però dopo aver vinto un campionato al termine di tre anni così intensi per me è stata una sorpresa. D’altra parte non ho chiesto il posto da titolare in B, sarei rimasto per mettermi alla prova. Non c’è stata questa possibilità, allora ho il dovere di guardare avanti”.
In sostanza ti è stato detto con garbo che non sei all’altezza della serie B.
“Eh, ma non c’è controprova di questo: penso che uno non sia da B solo nel momento in cui ci gioca e il campo glielo dimostra. In quel caso avrei capito. Onestamente penso che la serie B possa essere un campionato più adatto alle mie caratteristiche e ci sono tanti altri addetti ai lavori che mi confermano questa sensazione. In genere ci sono più spazi e meno confusione rispetto alla Lega Pro e un giocatore dotato di tecnica si trova più a suo agio”.
Il ritornello più frequente sul tuo conto recita che saresti fisicamente troppo leggero per la categoria.
“Mah, non lo so. Sicuramente il livello fisico sale, ma quando ti trovi uno contro uno con un avversario contano dribbling e rapidità, non l’essere grossi”.
Il problema al tendine che ti ha tormentato durante l’ultima stagione può aver inciso in maniera decisiva sulla valutazione della società?
“Non credo sia il motivo principale alla base della decisione. È vero che mi sono operato anche due anni fa, ma quest’anno ho sempre giocato, operandomi alla fine allo scopo di ricominciare al meglio. E se non l’ho fatto prima è perché ci tenevo a vincere il campionato da protagonista”.
Qual è l’insegnamento più importanti che ti porterai dietro di questi tre anni?
“Eh… che Ferrara vuole tanto, merita tanto e gli va dato tanto. Vanno fatti dei sacrifici per questa gente. Si respira calcio vero e quest’anno ne abbiamo avuto la dimostrazione. Ciò di cui sono più contento è che grazie ai nostri risultati sia tornato il grande pubblico al Mazza. Abbiamo raggiunto un sogno e posso dire di andarmene da vincente”.
Te ne vai come una persona diversa rispetto a quando sei arrivato?
“Decisamente, perché non avevo mai giocato in piazze così importanti. Mi sono lanciato in questa avventura e non mi sarei mai aspettato di fare così tanto e di contribuire a riportare la SPAL in B. Nel 2013 ero un altro ragazzo e un altro giocatore: ora sono più consapevole delle mie capacità e mi sento più maturo”.
In sostanza entrerai nello spogliatoio del Como da primo violino.
“Beh, questo non lo so, però qui mi sto trovando bene. Dovrò dimostrare di essere un ragazzo a posto e un buon giocatore ogni singolo giorno”.
Fin dal primo giorno hai sempre avuto la fama del più bravo dei ragazzi in uno spogliatoio di bravi ragazzi. Un’immagine che contrasta un po’ con lo stereotipo del giocatore professionista.
“Dipende sempre da chi si prende come riferimento. Magari in serie A questa cosa è più comune, mentre ai nostri livelli ci sono tanti ragazzi normalissimi. Io ho sempre cercato di comportarmi bene, come mi hanno insegnato i miei genitori. Cerco sempre di mettere il rispetto per le persone davanti a tutto: dal mister al magazziniere. Quindi anche nei momenti più spiacevoli ho tenuto questa linea perché era la cosa più giusta”.
I calciatori d’oggi devono anche fare i conti con le critiche che piovono addosso online. Tu come le gestisci? In un paio di occasioni è capitato che la tua fidanzata si prendesse la briga di rispondere pubblicamente.
“Sicuramente non fanno mai piacere, però penso che le critiche fatte da certe persone debbano un po’ scivolare addosso perché in mezzo a diecimila tifosi ci sarà sempre qualcuno a cui non piaci. È giusto che i tifosi esprimano i loro pensieri e basta. Valentina mi difende, da una parte fa bene e dall’altra fa male, però ci sta e non è un problema”.
C’è una critica che ti ha fatto veramente incazzare in questi anni?
“Ma no… anche in questi giorni leggevo un sacco di cose su di me, ma le opinioni negative erano un paio al massimo. Cosa avrei potuto fare? Rispondere non mi sembrava il caso. Sono cose che danno fastidio un po’ e poi scompaiono subito, se ci si dà troppo peso non se ne esce più. Io so quello che ho dato e ho la coscienza a posto”.
C’è qualcosa in particolare che ti mancherà di Ferrara?
“Oltre alla città e alla gente penso mi mancherà giocare al Mazza, perché entrare da giocatore in uno stadio così non capita tutti i giorni. L’emozione che si prova me la porterò dietro di sicuro”.
C’è invece qualcosa di Ferrara o dei ferraresi che in tre anni non sei mai riuscito a capire?
“Non lo so, sinceramente. La gente mi ha sempre dimostrato affetto. Dicono che i ferraresi siano un po’ freddi e distaccati, ma una volta che ti conoscono non lo sono più”.
Esiste una parola o un modo di dire ferrarese che rimarrà nel tuo vocabolario?
“(Ride) Beh, magari quel coro del primo anno, ‘A sen di grez e di aldamar’, la gente lo cantava di continuo e mi è rimasto impresso. Ci aggiungo anche ‘Maial ac SPAL’ visto che è un classico e ci avete pure fatto gli adesivi”.
Ti lasci dietro uno spogliatoio di cui si sono dette grandi cose. Chi ti mancherà di più?
“Sicuramente quelli con cui ho legato di più dal primo anno: Silvestri e Lazzari, a cui poi si è aggiunto Giani. Siamo amici anche fuori dal campo, quindi mi mancheranno di sicuro. Sono contento siano rimasti e gli auguro il meglio”.
Qual è stato il momento più difficile dei tuoi tre anni alla SPAL?
“Penso siano stati principalmente due: gli infortuni del primo anno, a Castiglione e Forlì, con la conseguente operazione, e il periodo con Brevi. Nel primo caso è stata dura riprendere, ma devo ringraziare la società perché mi ha aspettato. Nel secondo penso di essere stato bravo io a non buttarmi giù e rimanere sempre sul pezzo”.
Tra l’altro viene spontaneo chiedersi cosa sia successo in quella estate 2014. La SPAL ti cercò con tantissima insistenza, salvo poi vederti rimanere in panchina.
“Purtroppo non so dirtelo nemmeno io. Col mister avevo parlato delle sue idee e la sua unica raccomandazione fu quella di farmi trovare pronto. L’ho fatto e alla fine ho avuto un po’ ragione io”.
Ti rivedremo a Ferrara da spettatore al Paolo Mazza?
“Da spettatore non lo so, ma di sicuro tornerò a Ferrara perché ci ho lasciato degli amici e una parte del mio cuore è lì. Poi chissà che tra qualche anno non mi capiti di tornarci da giocatore”.
In quel caso vorrebbe dire che sei diventato da serie B, a dispetto di quello che ti viene detto adesso.
“(Ride) Magari in questi tre anni miglioro ancora e lo divento per davvero. Chissà, me lo auguro”.