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Ok, non rimuginiamo. Anche se… Frase incompleta, pensieri sconnessi. Non mi piace scrivere dopo una sconfitta, anche perché (sembro il senatore Razzi n.d.r.) io non analizzo, non commento gli arbitri, non giudico. Io ci vivo la sotto al telo di geotessile. L’odore dello zolfo non mi disturba, mi metto la sciarpa davanti alla faccia e canto. Come tutti, come tanti. Noi siamo una grande squadra, con un tifoseria da serie A, roba così la si vede a Marassi. L’impegno che ci mettono i ragazzi della curva, l’attivismo ed il volontariato che sacrificano al folle amore nostro, non sempre è capito da tutti. Un bellissimo post sui social, in questi giorni lo spiega molto meglio di quanto riesco a fare io. Noi vediamo il risultato. Ma l’impegno spesso lo sottovalutiamo.

Altra citazione: “Noi veniamo da molto lontano” ed è così, siamo lassù sul tetto e stiamo imparando a conviverci con le vertigini da alta quota. Intorno a noi, c’è un clima mai visto, bisogna ritornare ai primi anni Novanta o alla fine dei Settanta. Con qualcosa in più, con qualcosa di diverso. La posta in palio. Stiamo calmi. Me lo dico da solo, una sorta di autoanalisi, io che mangio pane e ansia a colazione. La settimana pre-Frosinone l’ho sentita come non mai. Da lunedì notte, voi, sì tutti voi, mi cantavate nella testa, io e la Ovest dalle tre di mattina in poi non siamo stati zitti un attimo. Sono da t.s.o.? Forse sì. Nei miei quarant’anni di militanza ho avuto degli sbandamenti, i miei tre o quattro campionati interi li ho saltati, in altri ho visto due o tre partite soltanto. Sono saltato sul carro del “vincitore”, in tempo per vedermi sette o otto partite di merda in serie D. Poi, tre anni fa, mi sono riabbonato. Un regalo di mia moglie, nell’anno più brutto della mia vita. Una boccata d’aria. Ossigeno per sopravvivere. Sto esagerando? No. Non vivo senza passione e la passione non la si vive in maniera moderata, la libertà non è star sopra un albero ma neanche il volo di un moscone, la libertà è partecipazione (cit.). Sto scrivendo come se fossi seduto sul lettino di una analista, ma almeno non pago. Sto cercando le parole, per non essere ripetitivo (ma invece lo sono) e per spiegarvi cose che già sapete.

Dicevamo, sotto al geotessile, c’è caldo, ma si sta insieme è una scusa, per abbracciarci e cantare. Amici miei che sono diventati grandi non lo capiscono, pensano che la passione debba avere dei limiti, dei freni, una valvola del troppo pieno che ti ferma, prima di urlare troppo, prima di cantare fino a perdere la voce, prima che ti venga una tachicardia da 220 battiti al minuto, prima dell’ictus. Ma non ci riesco, in tanti come me non ci riescono. Avevo fatto un patto col mio compare di gradone, gli avevo proposto in caso di vittoria di arrampicarci sulla rete. Forse è stato meglio così, ma non tanto perché due che fanno un secolo (anagrafico) possano stonare sulla rete di fianco ai ragazzi, ma perché per salire mi sarebbe occorso un paranco, con due rinvii, una gru, una piattaforma e forse un trabatello. Ma il risultato mi ha scansato la fatica.Il campionato è ancora lungo.

Tra il primo ed il secondo tempo ho disceso i gradoni pestando una decina di accampati, per abbracciare un emigrante di lusso. Quando entravamo in campo, io, lui e Fefo dagli altoparlanti della Fulgor si stagliavano nell’aere, le note di The Wall. E’ sempre un piacere riabbracciare gli amici. Prima dell’ingresso in campo dei nostri eroi nel secondo tempo, mi è stato chiesto se avrei firmato per un pareggio. La mia risposta è stata no. Ora a due giorni di distanza, a mente fredda, avrei risposto, sempre no. Perché la SPAL, la mia squadra, non fa calcoli, gioca, reagisce, ruggisce, la mia squadra, appunto, viene da lontano come i suoi tifosi. Siamo assetati di sangue (metafora), vogliamo arrivare, dove nemmeno sognavamo, vogliamo riprenderci ciò che ci spetta, ciò che la sorte ci ha tolto, rivogliamo essere ciò che siamo. Poi sì, la partita, qualche rigore non dato, il gol non gol, il ragazzo in giacchetta fosforescente, il palo (e qui mi autocensuro, perché mi scapperebbe un bestemmione da far sventolare il bandierone bianco e giallo sulla cupola di San Pietro). Ma quanti cazzo di pali abbiamo preso, in questo campionato? Non sono fatalista e nemmeno sportivo, sono tifoso, ma ho fiducia, in tutti noi, dai ragazzi in campo, al mister, lo staff, la dirigenza, tutto l’ambiente che profuma di meraviglia. Ora avanti col tour de force, a partire dall’Irpinia, io non ci sarò, onore a quelli che andranno, poi tutto d’un fiato fino alla fine.
Fino alla fine.

quando ti penso vorrei (scaricare i miei effluvi intestinali) in quella (sostanza di scarto corporea, comunemente definita “merda”), che chiami mare… E che centra ? C’entra, c’entra sempre…