Ma quando arriva domenica? Fra un po’ mia moglie mi farà dormire in giardino. Leggo, clicco, mi connetto. Non commento, mi distraggo, sono sempre stato tra le nuvole, ma sto davvero esagerando. Penso ad incroci magici, no, non il criss-cross; attendo. Poi ricomincio, ripenso, il tempo non passa. Ma quanto manca? Non scherziamo, sono settimane che vivo con le mani all’ombra. Ho i primi sintomi di una rara forma di orchite tifoidea. Non polemizzo, non accuso, quasi non fiato. Non parteggio, ma SPALLeggio. Possibile che non riesca a godermi il momento perché l’ansia mi sta sbranando? Un morso, un groppo, ma pure ho chiaro che cos’è la vita. E’ pur sempre una partita di calcio. No. Non è vero. E’ un gioco. Al caz!
Non è così, stiamo parlando di altro. Di rivalsa, di riscatto, di rivolta e rivoluzione. Non ci si crede, capisco chi non mi capisce. Ma in tanti stanno come me. L’ansioso vive male anche i bei momenti, si arrabatta nella melma dei pensieri, arrotolati, contorti e distorti. Ho voglia di socialità, ho voglia di abbracci, ho voglia di cantare a squarciagola, di perdere la voce e di asciugarmi lacrime brillanti. Ho bisogno di vincere. Aiutiamoci, sosteniamoci, prendiamo per mano i ragazzi in campo e conduciamoli là dove finiscono i sogni e dove inizia la pazzia. Siamo artefici del nostro destino, siamo l’aria della ribellione, da un passato lontano che ci ha segnato, la mente e la vita. Esagero? No.
Ma domenica dov’è? Quando cazzo arriva? Non ero a La Spezia, mi sembra un eternità che non vedo quei colori, eppure sono dieci giorni, mica un secolo. Vi voglio bene, a tutti voi che c’entrate con la mia passione, voglio bene alla mia squadra a ciò che rappresenta, a ciò che rappresentò ed a ciò che rappresenterà. Per dire, ma voi dormite? Io no. Dovrei andare da uno bravo? Forse sì, ma scrivere costa meno, non si fa coda, niente psicofarmaci, nessun strizzacervelli che ti ascolta, è una specie di autoterapia. Ho voglia alzare il mio due aste in mezzo ad un mare di altre bandiere, vorrei torce e fumogeni, come fossimo nel girone dei tifosi, laggiù dove Belzebù non ci mette neppure piede. I ragazzi han bisogno di noi e noi di loro. Che ne sanno i tifosi di juvemilaninter, di sta roba che stiamo provando. Nessun vittoria in campionato, nessuna Coppa può essere simile. Chi vince ed è abituato a vincere, vede il calcio come una prassi, una pro-forma, mille campionati in fila, un decennio uno squadrone, poi l’altro poi l’altro ancora. Corsi e ricorsi. Per noi in mezzo secolo nessun ricorso. La cadetteria come un’utopia. Ma ora è di più.
Quando entrerete in campo ragazzi, lasciate l’ansia a noi che siamo abituati. Voi guardateci, assorbite la forza della comunità, della nostra storia secolare, respirate l’aria della disfida, vi prenderemo per mano, canteremo oltre le capacità delle nostre corde vocali. Voi siete i paladini di una folle utopia, non esiste altro oltre all’oggi, alla porta avversaria, al portiere di fronte a voi. Ci siamo noi che vi trascineremo sui libri di storia alla pagina dell’immortalità, solo il cielo è più grande di te (o forse no). Il cielo è biancazzurro. Ovunque.