Può sembrare strano, ma da sabato a oggi il video più visto e commentato relativo alla promozione della SPAL… ha a che fare col Bologna. La clip in cui si vedono tifosi biancazzurri cantare “chi non salta è bolognese” durante i primi festeggiamenti in piazza è stata infatti vista da 27mila persone su Facebook e ha raccolto un consistente numero di commenti e condivisioni, la maggior parte dei quali con toni tutt’altro che amichevoli.
Di seguito i più significativi (anche se ad un certo punto ci si stanca di raccoglierli):
la vostra battaglia non dovrà essere contro il mio Bologna, ma verso squadre della vostra portata (e noi non lo siamo)
Non ce la possono fare, vivranno per sempre all’ombra della Dotta a rosicare
Dai merdacce che il prossimo anno vi spacchiamo il culo!
Poveri sfigati sperate di rimanerci in serie A
quanti schiaffi che pigliano sti contadini del cazzo
Prossimo anno la Spal fa 15 punti e giù sparata
Io salto l’anno prossimo quando farete come il Carpi un anno in A e poi fuori dai coglioni zanzare rincoglionite
Venite a fare la figura del Pescara MERDE
Normali effetti della sempre difficoltosa dialettica da social network, soprattutto tra tifosi? Può essere. La “risposta”, se così la si può chiamare, è arrivata durante Bologna-Pescara di domenica, dalla Curva “Bulgarelli”.
A onor del vero bisogna sottolineare come tanti tifosi del Bologna abbiano commentato il tutto con pacatezza e serenità, esprimendo delusione per un atteggiamento di ostilità a loro giudizio immotivato. Anzi, in tanti hanno sottolineato che diversi tifosi a Bologna si stanno rallegrando per la promozione della SPAL, considerandola una squadra tutto sommato simpatica. Ci sono persino punti di contatto anche sul fronte ultras, con rapporti di amicizia tra gruppi all’interno delle rispettive curve.
Che poi la rivalità sia più sentita a Ferrara che a Bologna è un dato di fatto: le traiettorie sportive delle due squadre si sono divise in maniera perentoria alla metà degli anni Novanta per non incontrarsi più, con il Bologna intento a misurarsi con ben altri avversari nel corso dell’ultimo ventennio. Comprensibile quindi che sulla sponda rossoblu si tenda a storcere il naso ascoltando cori come quello del video.
Però bisogna anche avere la capacità di mettere le cose nella giusta prospettiva. La Ferrara che tifa SPAL vive questo momento come una forma di riscatto totale, che fa leva sull’orgoglio cittadino e la possibilità di confrontarsi di nuovo a certi livelli, proponendo un’immagine diversa da quella che la città ha trasmesso nell’epoca recente. Non più periferia senza prospettive, ma crocevia importante di una regione che inevitabilmente ha le sue diversità. Il campanilismo, fortissimo in Emilia-Romagna come in tanti altri luoghi d’Italia, di per sé non è un male. Lo diventa quando sfocia in volgarità e fanatismo, trascendendo dalle sue forme benevole che stanno nella presa in giro. Non è il caso di quel specifico coro.
Pensiamo anche alla tradizione delle zirudele dialettali ferraresi. Ce ne sono diverse dedicate a Bologna ai bolognesi, tutte non particolarmente lusinghiere (“Bolognesi vi dirò / un ignurant sì e cl’altar no…” è una delle tante) e radicate nella cultura popolare della provincia. Se lo sa un veneto che si è trasferito a Ferrara, figuriamoci se non lo può sapere chi è nato qui o cinquanta chilometri più in là. C’è di più: tanti ferraresi che lavorano a Bologna – e tornano a casa alla sera – vivono questa routine come una forma di esilio dalla loro terra, un equivalente di una sconfitta personale. C’è da biasimarli quindi se nel giorno più bello da chissà quanti anni a questa parte si fanno una cantata per esorcizzare questa disparità? Bologna è più grande, più ricca, più varia: nessuno lo mette in discussione, sono fatti. Ma è proprio per questo che ci si sente desiderosi di sfidarla, è una dinamica vecchia quanto il mondo. Ci si sente forti e pronti a mettere in dubbio le certezze granitiche accumulate dalla Dotta in questi decenni. Si ha voglia di andare oltre al Pallone nel Sette e raccontare storie nuove da trasmettere ai figli e ai nipoti, per quanto quello resti un momento iconico della storia biancazzurra.
Insomma l’esistenza di una rivalità non dovrebbe essere un problema, se questa rimane nei binari della civiltà. Godiamocela, cantiamoci i nostri cori e prendiamoci per i fondelli: togliendoci anche questo daremmo via un altro pezzetto della nostra libertà. In un’epoca del genere non sembra decisamente il caso.