L’Emilia-Romagna, almeno per quanto riguarda il calcio, può decisamente sorridere. Allo stato attuale può vantare tre squadre in serie A (Bologna, Sassuolo, SPAL) e c’è una quarta ancora in corsa per l’ultimo posto disponibile (il Carpi in finale playoff). Una vetrina notevole per tre province decisamente diverse tra loro, ma che in tempi recenti si sono ulteriormente avvicinate, almeno a livello politico ed economico. E’ del 3 maggio, dieci giorni prima della promozione in serie A della SPAL, la notizia dell’unione delle tre associazioni degli industriali delle province di Bologna, Ferrara e Modena. Così abbiamo preso la palla al balzo per fare qualche domanda a Roberto Bonora, direttore di Unindustria Ferrara, per raccogliere il suo punto di vista sui risvolti economici legati alla presenza dei biancazzurri nella massima serie.
Direttore, partiamo da un interrogativo essenziale: la SPAL in serie A può portare qualche soldo in più nelle tasche dei ferraresi?
“Beh, bisognerebbe chiederlo alle categorie che possono avere un riscontro diretto. Dal mio punto di osservazione più che di numeri parlerei di sensazioni sufficientemente motivate. Dico questo perché un bilancio preciso può essere fatto solo dalle categorie di esercenti come nel caso di ristoranti, bar e alberghi. Di sicuro un incremento di presenze in città c’è stato. Quello che ravviso è che l’euforia e la positività nate da questo evento possono solo avere effetti benefici, perché dà la possibilità a tutti di sentirsi parte del successo. Può smuovere il morale di una città che spesso tende a svalutarsi”.
Considerato che cinque anni fa si parlava di serie D…
“Quello del 2012 è stato un colpo durissimo. Sembrava davvero che alla città mancassero le capacità di sostegno per una SPAL dignitosa. Dopo Donigaglia è venuta a mancare un’iniziativa di carattere locale, se facciamo eccezione per la parentesi di Tomasi. Che però era di Comacchio e pur avendo le spalle larghe a sufficienza per garantire un futuro solido, pagava un rapporto problematico con la città e con la tifoseria. A conti fatti si è trattato di una meteora. Tomasi ha provato a scardinare alcune regole, ma non ci è riuscito”.
Ora però si parla di positività nell’aria. Con quali ingredienti?
“La risalita in B dopo ventitré anni aveva sicuramente dato una spinta, ma non si era creata un’empatia totale della cittadinanza verso questa gestione. Cosa che è accaduta in questa stagione, fin dai primi momenti del campionato, malgrado qualche sconfitta. La società ispira simpatia tramite tutte le sue figure chiave: i Colombarini, Mattioli, Semplici, Vagnati, i giocatori. I Colombarini soprattutto sono le persone che appaiono: gente seria, che ha sempre lavorato onestamente e costruito progressivamente le proprie fortune. Degli autentici esempi per l’imprenditoria locale. C’è poi una componente di coesione interna che rafforza l’immagine di questa SPAL: mai una polemica, mai uno spiffero di disaccordi grandi o piccoli. Questo vuol dire molto. Quindi basi solide e risultati hanno fatto innamorare di questa società, rendendola simpatica”.
Si può tracciare un parallelo con la SPAL dell’epoca d’oro degli anni Cinquanta e Sessanta?
“Ho un’età sufficiente per ricordarmi la squadra degli anni Sessanta. Era considerata simpatica per via del suo atteggiamento garibaldino e spregiudicato, tanto che era solita vincere più spesso in trasferta che in casa. Era un mondo con poca tv e tanta immaginazione, che si nutriva del racconto popolare, della testimonianza e dell’immaginazione. Anche se Mazza non era esattamente un tipo simpatico nel senso stretto del termine. Però la gente gli riconosceva grande competenza e fiuto per gli affari. Il calcio all’epoca era diverso, ma dobbiamo tenere conto del fatto che Mazza non era un industriale, bensì un commerciante. Tutto o quasi era basato sulla sua capacità di comprare a poco e vendere a tanto”.
Una politica che per certi versi – con le dovute proporzioni – rivediamo oggi.
“Sì e anche questo ha ricadute consistenti. Mi spiego: il fatto che a Ferrara siano arrivati giovani in prestito, che si siano rivelati bravi e che si siano trovati bene farà in modo di rafforzare la reputazione della SPAL. Grazie al lavoro di valorizzazione degli ultimi due anni i grandi club tenderanno a fornire più volentieri i loro giocatori in futuro”.
Tutto questo può avvicinare anche la gente comune a Ferrara e alla SPAL?
“Penso di sì. Da sempre Ferrara sconta quest’immagine di città bella e piena di storia, ma abitata da gente chiusa. Ora però essere ferraresi equivale a essere accostati alla SPAL e quindi essere considerati simpatici. Non è una cosa da poco: questo indurrà sempre più persone a fare una gita in città e rendersi conto delle sue potenzialità. Oltre a questo, mi auguro possa servire come opportunità per attrarre investimenti da parte di imprenditori non ferraresi. Insisto molto su questo punto: la sensazione di positività che viene comunicata all’esterno fa la differenza in tanti modi. Faccio un esempio, ripensando a un’intervista rilasciata tempo da Antenucci: disse di aver scelto la SPAL perché convinto dal clima positivo di cui aveva sentito parlare. Gli era stato raccontato di una squadra con un bel gruppo e di una città in cui si vive serenamente, senza pressioni. Sono convinto che soprattutto i Colombarini faranno il possibile per preservare questo genere di clima”.
C’è anche chi dice che il gioco non vale la candela, alludendo alle spese del Comune per l’adeguamento dello stadio.
“Non credo che le spese del Comune siano ingiustificate, anzi, credo che l’amministrazione abbia avuto un atteggiamento appropriato vista la situazione. Più che altro mi pare un enorme spreco impiegare decine di poliziotti e vigili urbani per gestire poche centinaia di tifosi ospiti in arrivo da un’altra città. Ma in quel caso si tratta di responsabilità a livello nazionale”.
Solo un paio d’anni fa Simone Colombarini mandava un messaggio chiaro, lamentando un sostegno scarso da parte dell’imprenditoria ferrarese. Il vento ora è cambiato anche su questo fronte?
“In quella fase Colombarini aveva ragione. Anche noi come associazione abbiamo cercato di incoraggiare un avvicinamento, ma non c’è stata esattamente la fila per sponsorizzare la SPAL, almeno all’inizio. Purtroppo si arrivava da anni balordi, per cui gli imprenditori hanno voluto essere particolarmente prudenti per evitare delusioni. Però c’è anche chi ha deciso di essere lungimirante e contribuire fin da subito. Ora ne raccoglie i frutti. Le ultime due stagioni hanno contribuito ad aumentare sensibilmente l’interesse e infatti ora vedo maggiore apertura. Un contributo dell’imprenditoria locale è per forza di cose determinante per sostenere una realtà che vuole rimanere ad altissimi livelli come è ora la SPAL”.