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Al netto di quanto conquistato sul campo, Alberto Martelossi può vantare un curioso record: ha allenato tre volte a Ferrara e in ogni occasione lo ha fatto con una squadra dal nome diverso. Prima nell’annata 2010/2011 (era il Basket Club di Mascellani, in Serie A), poi nel 2014/2015 (con la Pallacanestro Ferrara 2011) e infine ora con il Kleb Basket Ferrara sempre agli ordini di Fabio Bulgarelli. I personaggi in scena sono (quasi) sempre quelli, ma il copione è cambiato. O almeno così sembra. Una ventata d’aria fresca per i fedeli supporters ferraresi, nonostante un estate torrida e afosa. A due mesi esatti dalla presentazione ufficiale abbiamo raggiunto telefonicamente il coach friulano per approfondire alcuni aspetti del suo ritorno.

Il basket a Ferrara viene da due stagioni complicate, caratterizzate da più bassi che alti. Per cambiare rotta, coach, il presidente Fabio Bulgarelli ha deciso di affidare a lei la guida tecnica del nuovo progetto, che ne pensa?
“Sono contento e orgoglioso, perché prima che un apprezzamento tecnico ho ricevuto un attestato di stima, la persona ha avuto la priorità sul professionista. Tornare a lavorare in un ambiente in cui sei già stato precedentemente vuol dire che sei piaciuto, non solo per come hai fatto giocare la squadra e per i risultati ottenuti ma anche a livello umano e caratteriale. Questo mi fa particolarmente piacere, davvero”.

Sì, ma il pubblico estense dopo aver digerito parecchi bocconi amari ha bisogno di rifarsi il palato. Serve anche una svolta professionale.
“Sono state due stagioni travagliate nonostante il tasso tecnico dei roster fosse importante. Probabilmente il valore assoluto dei giocatori non era sufficiente a sopperire ad una scarsa solidità e compattezza del collettivo. La coesione del gruppo e la durezza mentale dei singoli sono aspetti fondamentali nello sport professionistico, se mancano si fa molta molta fatica a raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissati. Questo è uno degli aspetti principali che vogliamo riprendere sin da subito, non sarà facile ma ci proveremo con tutte le nostre forze. Vogliamo lavorare prima di tutto per trovare una consistenza a livello di testa, per poi migliorare gli aspetti che riguardano più da vicino il gioco. In modo da trovare il giusto equilibrio che ci permetta di affrontare nel migliore dei modi un campionato difficile come quello che si prospetta”.

Aver trovato l’accordo per il prolungamento del contratto di capitan Cortese è senz’altro un buon punto di partenza, no?
“Sì, senza ombra di dubbio. La dedizione di Riccardo alla causa dev’essere apprezzata perché è una delle componenti principali delle fondamenta su cui deve appoggiarsi la squadra. I tifosi poi lo stimano e non potrebbe essere altrimenti viste le statistiche che ha collezionato nella stagione passata. Ma c’è di più oltre alle cifre riportate dagli scout. La società ha fatto bene a voler ripartire a tutti i costi da lui: è carismatico e il suo spirito di appartenenza va diffuso in tutto il gruppo. Nell’ambito della squadra mi aspetto dal capitano una leadership non solo tecnica ma anche mentale”.

Cortese, numeri alla mano, è stato uno dei migliori italiani del girone Est di Lega 2. Avere un talento nostrano adesso come adesso sposta di più di un giocatore USA?
“Bella domanda. Questa è una cosa un po’ particolare perché la bilancia non pende più nettamente dalla parte dell’atleta di scuola statunitense, al contrario degli anni scorsi. Fino a qualche stagione fa il campionato di A2 è sempre stato quello in cui se avevi due americani forti a disposizione non dico che vincevi a mani basse, ma quasi. Adesso il discorso è diverso: vuoi perché chi arriva da oltre oceano non è poi così dominante come una volta, vuoi perché ora chi esce dal settore giovanile del nostro paese è sensibilmente più bravo. Comunque, al netto delle mie ultime esperienze lavorative, io rimango dell’idea che il parco giocatori italiani, se mentalmente predisposto, crea un’identità di squadra ben precisa. E questo fa tutta la differenza del mondo. E’ ovvio però che l’aggiunta di un cestista che è cresciuto il America può impreziosire il roster.  Noi uno l’abbiamo già definito (Rush; ndr) ma abbiamo preferito lavorare in primis sul gruppo italiano”.

Visto che abbiamo sfiorato l’argomento, parliamo di mercato. Lei e il direttore sportivo Alessandro Pasi come pensavate di completare la squadra?
“Ci vogliono calma e sangue freddo, non bisogna farsi prendere dalla fretta di mettere sotto contratto qualcuno. Con un occhio di riguardo al budget, che per forza di cose non è paragonabile a quello a disposizione dei team di prima fascia, vedremo più avanti chi è lo straniero che fa al caso nostro. Adesso sparano ancora alto, ma con il passare del tempo la finestra di mercato in cui si possono fare operazioni si assottiglia sempre più quindi le prospettive cambiano parecchio. Intanto valutiamo in ritiro i ragazzi della Vis: è più che probabile che qualcuno di loro venga promosso per rimanere in pianta stabile nella Bondi, perché il mercato degli under è più complicato di quello normale e non so ne troveremo tre in tempo utile. In giro non ci sono ragazzi dal pedigree tale da farci affidamento per un’annata intera, quindi preferiamo valutare i nostri sul campo prima di trarre conclusioni e fare scelte che poi possono rivelarsi sbagliate perché affrettate”.

Ha parlato di top team, a chi si riferiva?
“Trieste, Fortitudo e Treviso. Sono le tre squadre che secondo me hanno i favori dei pronostici al nastro di partenza. Non lo dico perché me lo sono sognato alla notte ma perché sono quelle che già nella passata stagione hanno fatto vedere buone cose. L’esperienza è dalla loro. Ma alla fine sarà solo una ad esultare a fine stagione, quindi avrà la meglio quella che si dimostrerà più matura nel lavorare forte durante la settimana anche nei momenti di difficoltà. Chiaro che parlare di favoriti adesso non è facile ma penso a loro perché a livello di organico sono un gradino sopra le altre: tra quintetto titolare e chi esce dalla panchina possono contare praticamente due formazioni. Partono in vantaggio ma i conti si fanno alla fine”.

In Lega 2 si parte sapendo che si dopo un girone difficile si dovrà affrontare anche un play-off infinito, come ci si prepara ad una stagione così estenuante?
“Si cerca di non pensarci e di non farne un cruccio, nel senso che quello della promozione non è un problema nostro, non avendolo come obiettivo. Ci penseranno quelle squadre che desiderano fortemente salire. Più il risultato da ottenere a tutti i costi diventa un fardello più l’ansia si fa fa concreta attorno alla squadra. Credo che faranno un buon campionato quei team che riusciranno a stare il più sereni possibile e quelle un pochino più fortunate. Perché si sa che ci sono diversi fattori da tenere in considerazione: i tiri che entrano o che invece sbattono sul ferro; gli infortuni; gli avversarsi in giornata di grazia. In un modo o nell’altro tutti incidono in una competizione lunga come quella che ci aspetta”.