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Mercoledì SPAL e Milan si ritroveranno per la prima volta in campionato dopo addirittura 36 anni. Gli ultimi incroci risalgono infatti alla serie B 1980-81, annata nella quale i rossoneri vinsero due volte contro la SPAL e sempre con lo stesso risultato: 2-1. Sia a San Siro (16 novembre 1980, con gol molto controverso di Novellino) sia in quello che all’epoca era ancora il Comunale di Ferrara. Era il 12 aprile 1981, una giornata di sole, e quel giorno passò alla storia per uno degli episodi più traumatici della storia recente biancazzurra: il terribile infortunio di Franco Ogliari a causa di un’entrata sconsiderata di Franco Baresi. Cristiano Mazzoni, una delle memorie storiche de LoSpallino.com, ricorda così quel giorno.

Tutto il mondo era diverso. Il secolo era differente e pure il millennio. Ero un bambino di dieci anni, innamorato della SPAL, coma da tradizione di famiglia, ma ero pure simpatizzante milanista, anche se la fede non è sovrapponibile. E quel giorno, la SPAL giocava con un avversario, anche se aveva i colori rossoneri. Se parteggi e sei tifoso, il cuore può avere un solo colore. E’ come la mamma. Una, unica, irraggiungibile. Certo già allora sentivo la partita, forse quel sabato notte, non avrò dormito, avrò sognato un mio goal dall’ala destra sotto al curvone. Non so. Lo stadio era pieno. Anzi, mi spiego meglio. Mio padre e mio nonno entravano dal curvino, mio nonno come grande invalido di guerra e mio padre come accompagnatore. Mio nonno aveva perni metallici in tutte e due le gambe, un polmone solo, e l’artrite deformate in tutte due le mani, ma era un guerriero, camminava al suo passo e il motorino era il suo mezzo di trasporto.

Io entrai, come sempre dal curvone, (quello vecchio), la maschera mi bucò il cartoncino dell’abbonamento ed io, non senza apprensione, mi andai a posizionare di fronte al cancelletto dalle parti della bandierina del calcio d’angolo, sul lato della casa del custode. Da lì, dopo qualche minuto, una maschera benevola, avrebbe fatto passare mio nonno e mio padre, come tutte le domeniche. Ci saremmo piazzati ai soliti posti. Mio nonno in basso, sul lato destro degli Ultras, io e mio papà, saremmo saliti dalla scala posta dietro la curva, dove saremmo sbucati al centro dei gradoni dove gli amici del bar di papà, ci avrebbero accolto, come tutte le domeniche. Ma quella domenica non fu così. Nessuna maschera si prese la responsabilità di far passare i miei dal parterre alla curva, troppo stipata, la curva era talmente piena che la maggior parte dei tifosi vide la partita di fianco.

Cominciai ad essere preso dall’ansia (amica di merda che mi accompagna dalla più tenera età), dopo una piccola protesta popolare, si aprì il cancelletto e potei, io andare in parterre ad abbracciare i miei due uomini. La partita la ricordo poco. Mi ricordo un predominio nostro, i rossoneri soffrivano i nostri ragazzi. Bergossi, Giani, Tagliaferri e Grop, fecero soffrire la difesa dello squadrone metropolitano. Rosario Rampanti, sprizzava fosforo da tutti i pori e la partita a tratti fu dominata dalla mia SPAL. L’arbitraggio pure quello me lo ricordo a senso unico, come sempre sbilanciato verso il più forte.

Poi, non ricordo il minuto, né le circostanze precise, ricordo chiaramente il rumore. Franco Baresi, con un entrata da codice penale, con palla a centrocampo sotto la gradinata, spezzò la gamba e la carriera ad Ogliari. Biondo e riccioluto centrocampista (attingo ai ricordi del bambino che fui), centrocampista di lotta e di governo, abbinava a meraviglia la fase difensiva e quella d’attacco. Il rumore fu terribile, come di un ramo che si spezza. Lo stadio si ammutolì. Forse piansi, capimmo subito che si trattava di infortunio serio. Le lacrime del nostro centrocampista, quando transitò in barella sotto la tribuna furono asciugate da un applauso fragoroso e pieno di rabbia, di una città intera. Baresi non fu espulso, ma ricordo bene quante giornate gli avrei voluto dare io, almeno mille. Un’entrata talmente cattiva da sembrare irreale, su un campo di calcio. Il Milan quell’anno ci rubò 4 punti su 4 e un suo giocatore troncò la promettente carriera di un giovane centrocampista biondo. Lo sconforto e l’angoscia di quel bambino, rincuorato dal padre e dal nonno, non l’ho più dimenticata.

 

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Terminata la partita, con rabbia e frustrazione, assieme al mio amico Michele, ci ritrovammo nel nostro cortile di borgata e nei pressi della caditoia della fogna accatastammo i cimeli del Milan che avevamo in casa. Con un po’ di alcol lavammo col fuoco e con le lacrime quella enorme ingiustizia. I bambini non dimenticano. Cambiando l’ordine dei fattori, riavvolgerei il nastro, solo per cambiare quegli istanti. Ogliari si sarebbe sottratto al entrata killer, l’avrebbe data facile a Tagliaferri. Due passi verso la curva ed appoggio a Giani, il quale avrebbe caracollato sulla fascia. Cross in mezzo. Gibo, avrebbe sgomitato sovrastando Collovati, l’avrebbe colpita di testa. La palla avrebbe scavalcato Piotti, si sarebbe stampata in maniera fragorosa sulla traversa. Maldera l’avrebbe rinviata male. Ed ecco che al limite dell’area, Ogliari la calcia di collo pieno. La palla sfonda la rete. Il biondo centrocampista della SPAL corre a perdifiato sotto la curva, in un esplosione di gioia e di colori. Il bianco e l’azzurro. Alle volte, non sempre, i sogni dei bambini si avverano ed è un vero peccato.