Il lupo è una animale fiero, è comunitario, non lascia indietro nessuno, si sacrifica, lotta, ringhia, attacca, azzanna. Il capo branco è, il lupo di Roccavivara, il capitano, l’anima e la forza di una squadra mai doma. Mirco Antenucci i difensori li mastica, li aggredisce là dove si sentono sicuri, nella loro tana, vicino alla bandierina del corner, li insegue, gli toglie il pallone dai piedi. Poi, quando l’onda del Mazza diventa uno tsunami, cosa fa? Dallo spigolo dell’area, calcia con un intero giro, di giustezza (dicono quelli bravi) e la palla entra in una dimensione spazio temporale, dove i secondi sembrano ore. La palla è talmente perfetta che Paloschino, si tuffa alla Gibo e la piazza di testa ad un micron dal palo. E poi, lo sapete, solite scene gente che crolla, grida, sgomita. Per un minuto non respiro. Poi capisco il perché, un amico mio mi sta strozzando, mentre una altro si tocca la fronte, dove ha appena subito una gomitata galattica, ma sorride felice, il dottore mi strattona dal davanti. Solite scene, a cui mai ci si abitua. Quanta passione, quanta voglia di riscatto, quanti anni passati a sognare quello che stiamo vivendo. Non ci si può abituare alla gioia, infantile e pura di un goal al 90°. Sotto la curva, in acrobazia, dopo un assedio ad una squadra fatta per tornare in Europa.
Ma torniamo all’inizio. La notte non è stata semplice, alle cinque già cantavo le compilation della Ovest. Due ore prima siamo già sui gradoni, la formazione è strana, più in alto del solito, almeno di un paio di file, leggermente defilati sulla sinistra e tutti sulla stessa fila. Formazione strana e non usuale. Ogni gradone è farcito di una velina colorata. Dall’alto al basso, migliaia di veline, bianche ed azzurre sono state fissate con lo scotch ai seggiolini. E qui è importante ricordare che le coreografie, i colori bellissimi della Ovest, sono il frutto del lavoro di ragazzi, decine di ragazzi che per passione, amore e voglia di essere un gruppo fanno tutto questo. La bellezza della curva Ovest, sta in questo. Passione indipendente dalla categoria, amore per i colori di una squadra che sempre è stata e sempre sarà un’anomalia, nel panorama italiano, la nostra diversità sta nella forza dell’ironia, nel profumo dei cappelletti in brodo, nel piccante ed un po’acidulo sapore della salamina e nella tossicità del clinto. Quando entrano i ragazzi la curva si veste a strisce bianco azzurre, la coreografia prende forma e fa vedere ai tifosi da TV di tutta Italia, che cosa sono in grado di fare i supporter di questa piccola esordiente in serie A, che gioca e vive il suo 17° campionato di massima serie, (a cui vanno aggiunti 5 campionati degli anni ‘20-’30). In curva Est la tifoseria avversaria abbozza una coreografia, che non si può vedere, non si legge.
In campo ci sono due squadre che si affrontano: una milionaria, di proprietà cinese; un’altra orgogliosa di proprietà ferrarese. I mille punti di differenza non si notano, noi quadrati ed attenti. Lazzari prede dieci multe per eccesso di velocità sulla fascia, i difensori multinazionale, non lo vedono, tra di loro si danno di gomito su chi deve cercare di affrontarlo. Cionek è difensore, vero, arcigno, attento, conosce il mestiere, anticipa solo quando è sicuro, quando la calcia non la fa mai “corta”, complimenti per l’acquisto. Secondo tempo. La sfiga ci mette la gamba, sbaglia chi quasi mai lo fa. Piccolo scoramento, ma la curva continua a cantare, i quattro megafoni dalla balaustra coordinano e ci spronano. Non può finire così. Non è giusto. Poi la “fiumana” aumenta, ritorna la bolgia, la grada ci aiuta, la tribuna batte le mani. Gli occhi del lupo spaventano gli arroganti milionari. Esce Schiatta, entra Paloschino. Due colpi di testa, uno alto, di poco, uno basso ad una spanna dall’erba, e la gioia diventa follia. Così finisce una partita che i commentatori dicevano scontata, l’agnello sacrificale è diventato un lupo, con la barba rossastra, che ci mantiene a galla in un mondo di manager, che da settembre ci dà per spacciati. Ma noi siamo la SPAL, la SPAL di Ferrara ed alle feste delle principesse e dei principi del pallone nostrano, entriamo con gli scarpini infangati e lotteremo per mantenere, quello che senza di noi non esiste. La serie A, ha bisogno di noi, perché noi siamo il sogno di ogni bambino, che anche solo una volta a calciato un Mitre in una pozzanghera di fango. Amen.