Una settimana così complicata forse la SPAL non l’aveva mai vissuta da quando Leonardo Semplici siede sulla panchina biancazzurra. Certo, di motivi per essere tesi in passato ce ne sono stati tanti, ma il più delle volte si era trattato di un’attesa positiva, con il sogno promozione ad un passo, prima in Lega Pro, poi in Serie B. Mai come questa volta, invece, le riflessioni interne tra dirigenti ed allenatore hanno messo in discussione la posizione del tecnico toscano, che ora si trova di fronte ad un dilemma difficile da risolvere. Con il Milan è arrivato il momento di cambiare qualcosa o la strada da seguire è quella delle certezze tattiche?
La debacle di Cagliari ha sicuramente evidenziato tutti i problemi che la SPAL si trova a dover affrontare in questa stagione: dall’inesperienza della rosa (e dello staff tecnico) in una categoria nuova come la Serie A, alla discutibile affidabilità di un modulo, il 3-5-2, che tante gioie e tanta sicurezza aveva dato a Semplici in passato. Contro il Milan di Gattuso non è azzardato immaginare che gli estensi possano schierarsi in campo in maniera diversa, complice l’assenza per squalifica di Vicari, il difensore più utilizzato in questa stagione e pilastro della retroguardia, e l’evidente calo di rendimento di Viviani in mezzo al campo. Se a questi fattori non trascurabili sommiamo il monito della dirigenza, i dubbi sulle condizioni di Cionek, la voglia di Everton Luiz di mettersi in mostra e il peso di Kurtic, arrivato nel mercato invernale e presentato come fiore all’occhiello di una campagna acquisti sensata e pesata al milligrammo, la possibilità che Semplici propenda per cambiare fisionomia alla SPAL sin dal primo minuto prende sempre più consistenza. Ma fino a questo momento quale modulo ha dato più garanzie di risultato?
Analizzando le 23 giornate fin qui disputate, il primo dettaglio che balza all’occhio è questo: la SPAL ha sempre iniziato le partite affidandosi al collaudato 3-5-2, eccezion fatta per la variazione sul tema proposta in casa contro l’Inter (3-5-1-1). Mai uno sgarro, se non a partita in corso, con esiti più o meno positivi. In situazioni di equilibrio totale, Semplici non ha mai abbandonato il suo credo e nelle prime due giornate – contro Lazio e Udinese – i fatti gli hanno dato abbondantemente ragione: 4 i punti conquistati e morale alle stelle. Dalla partita con l’Inter in poi, però, il tecnico toscano si è trovato spesso nella condizione di dover mettere mano alla disposizione tattica dei suoi giocatori, sfruttando in caso di necessita anche il 4-3-3 e il 4-4-2. Soprattutto il secondo sembra un modulo adatto per contenere gli avversari più abbordabili, ma all’andata con il Cagliari, ad esempio, il ricorso alle tre punte solamente nei minuti finali non produsse nulla di rilevante, così come il 4-4-2 utilizzato a Milano di fronte ai rossoneri dopo il doppio vantaggio dei padroni di casa. Da lì il ritorno all’origine e la splendida prestazione contro il Napoli, messo alle corde e salvato solo da una prodezza di Ghoulam, mentre con il Crotone a gara in corso non si sono registrate variazioni degne di nota rispetto al 3-5-2 iniziale.
Che dal 4-4-2 potesse nascere qualcosa di buono lo si è capito per la prima volta nel derby a Bologna, quando la SPAL, sotto di due reti, è passata al 4-4-2 trovando il gol della bandiera con Antenucci, ma in casa col Sassuolo, invece della svolta, è arrivata la cocente delusione, e il tentativo di rimediare allo svantaggio passando al 4-3-3 è arrivato in maniera troppo tardiva (Bonazzoli spedito in campo all’85’). Senza aver avuto riscontri particolarmente positivi dalle variazioni, Semplici ha tratto indicazioni positive dalla vittoria sul Genoa, giocata praticamente per 90′ col 3-5-2, per poi disputare una delle migliori partite sotto il diluvio di Bergamo contro l’Atalanta, dominata nella ripresa grazie ad un 4-4-2 quasi obbligato dopo l’infortunio di Vicari allo scadere del primo tempo. Il pari con la Fiorentina, dopo il vantaggio di Paloschi, ha sempre il marchio del 3-5-2 e da lì i primi veri mugugni per un match che forse sarebbe potuto finire diversamente. A Verona contro il Chievo le crepe hanno iniziato a diventare evidenti: dopo un ottimo primo tempo chiuso in vantaggio per 1-0 (3-5-2), i biancazzurri sono letteralmente usciti dal campo, schiacciati da una formazione che da quella partita in poi non ha più saputo vincere (2 punti in 9 gare). All’84’ il passaggio al 4-4-2. Il Verona ha alimentato la crisi del passeggiando al Mazza fino al 2-0, per poi essere raggiunto proprio quando il mister toscano si è affidato al 4-3-3 d’emergenza, e pure contro il Benevento, appena dopo il secondo e decisivo gol di Floccari, la scelta di infoltire le due linee più vicine al porta ha portato i suoi frutti.
Ma per rinunciare in partenza al modulo di base evidentemente servivano altre certezze, di gioco e di carattere, e contro Torino e Sampdoria non si sono verificati cambi di alcun genere. Il 2-2 in casa coi granata è un risultato più che onesto, mentre tutti ricordiamo la svista arbitrale di Pairetto che ha permesso ai blucerchiati di rompere l’equilibrio a Marassi in pieno recupero dopo una prestazione solida e convincente. Indecifrabile la sfida con la Lazio, passata costantemente ad inseguire uno degli avversari più efficaci ed eleganti visti finora, ma ad Udine le critiche all’atteggiamento troppo rinunciatario della SPAL non sono sicuramente mancate. Acciuffato il pareggio ad inizio ripresa, la sensazione era che ai biancazzurri sarebbe bastato poco per avere la meglio sulla squadra di Oddo, apparsa spenta e priva di idee, ma gli sforzi della ripresa non sono bastati. Mentre contro l’Inter è arrivata una delle migliori prestazioni dell’anno per grinta e concretezza. Con quale schieramento? Fuori una punta e dentro un centrocampista a supporto di Antenucci. Transitorio il 3-5-2 per uno spezzone della ripresa, perché il pareggio è stato firmato da Paloschi con tre attaccanti in campo ed una sfrontatezza che anche a Cagliari non avrebbe fatto male.
Ogni allenatore, interpellato sui moduli, risponde che in fondo sono solo numeri su un foglio o una lavagna. Conta di più l’interpretazione, aggiungono di solito. Il nodo in fondo sembra essere lì, di carattere psicologico: quando si confronta con le grandi squadre la SPAL riesce (quasi sempre) a tirare fuori il meglio di sé, perché in fondo c’è poco da perdere e tutto da guadagnare. Mentre al momento di usare la sciabola negli scontri diretti sembra perdere sicurezza, sentire la pressione e patire una sorta d’ansia di prestazione. La partita con l’Inter sembrava aver restituito una SPAL ordinata e determinata, invece a Cagliari questa sensazione si è letteralmente sbriciolata già prima dell’1-0 di Cigarini. Ora per i biancazzurri arrivano due partite da brivido contro due big, proprio in un momento in cui i punti si fanno più importanti delle prestazioni. Si rinnoverà la sfida tra Semplici e Gattuso, già andata in scena quattro volte negli ultimi due anni. In passato l’ex campione del mondo ha spesso preparato i confronti diretti in funzione dello schieramento avversario, imbrigliando la SPAL. Chissà che Semplici, alla ricerca della cura giusta, non decida di rispondere con la stessa mossa.