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La maestosa coreografia che ha aperto SPAL-Bologna ha lasciato a bocca aperta migliaia di persone e nello spazio di poche ore ha destato curiosità e stupore a livello generale, grazie soprattutto a migliaia di condivisioni e riproposizioni sui social network. La Curva Ovest già in passato aveva riservato spettacoli rimasti impressi nella memoria, ma questa volta si è superata.

Non solo per l’impressionante grandezza dei teloni esposti e issati faticosamente sul tetto della curva, ma anche per il sapiente intreccio tra piani culturali diversi che ancora una volta va a scardinare l’idea – superficiale – che il calcio non possa essere cultura, o sia mera cultura “bassa”. Infatti i tifosi non solo hanno voluto riaffermare il proprio amore verso la città e la sua storia, utilizzando un simbolo come San Giorgio (patrono di Ferrara), ma anche raffigurarlo in una delle sue versioni più evocative e iconiche, mostrando quindi notevole sensibilità artistica. La versione è quella del quadro “San Giorgio e il drago” del pittore toscano Paolo Uccello, risalente al 1456 e attualmente conservato alla National Gallery di Londra.

Un dipinto realizzato agli albori del Rinascimento italiano e in un periodo in cui Ferrara, governata da Borso d’Este, muoveva i primi passi come ducato di prestigio nello scenario politico della penisola. Scelta felice anche nel parallelo sportivo, con la SPAL impegnata nel proprio personale rinascimento e determinata ad accreditarsi ai massimi livelli del calcio nazionale. Secondo la leggenda, “San Giorgio è l’emblema della ragione che trionfa sulla bestialità e della fede che vince il male”. La SPAL ci ha creduto, ha avuto fede in sé stessa come i tifosi l’hanno avuta in lei. E ha vinto, con passione e raziocinio sul proprio rivale. La pennellata, anzi – il colpo di lancia – lo ha inferto Alberto Grassi. Per un derby che rimarrà nella storia. Magari non a lungo quanto il dipinto, ma di certo per lungo tempo.