Era solo questione di tempo prima che Marco Borriello uscisse allo scoperto e raccontasse la sua versione dei fatti dopo la risoluzione di contratto con la SPAL. L’attaccante, ora senza squadra, ha rilasciato un’intervista esclusiva a G.B. Olivero de La Gazzetta dello Sport, dimostrando di averne per tutti, dalla società al mister: “La stagione era iniziata bene, Ferrara è una grande piazza, c’è entusiasmo. Purtroppo ho avuto difficoltà tecniche, la SPAL giocava troppo lontano dalla porta. Però con me la squadra ha disputato le migliori partite e spesso ha fatto punti“.
LA CONTESTAZIONE
“Nella partita col Verona fui sostituito e ci furono i primi screzi. Mi sarei aspettato conforto e fiducia da allenatore e dirigenti e invece Semplici mi mise da parte“.
L’INFORTUNIO
“Dopo la sosta iniziai la preparazione, ma sentii subito una fitta al polpaccio. Così è cominciato il mio calvario. Era uno stiramento di pochi millimetri, eppure non si sanava mai e i medici della SPAL non riuscivano a risolvere il problema. Rientravo in campo e mi facevo male immediatamente. Si era formato un grumo di sangue, come una piccola cisti. La società fece passare un messaggio negativo, come se io non volessi allenarmi e fossi un lavativo, forse perché ero costato molto. Io sono sempre stato un grande professionista, non permetto a nessuno di infangare la mia carriera. Ho fatto nove risonanze a spese mie a Milano. Iniziammo persino a parlare di rescissione con la SPAL“.
LE ASSENZE ALLO STADIO
“Sarei stato un ipocrita a fare finti sorrisi a un allenatore che mi aveva messo da parte e a quei tifosi che mi insultavano. Un giorno mi hanno anche aggredito per strada. Comunque dal lunedì al sabato mattina ero sempre a Ferrara e facevo due sedute al giorno cambiandomi in uno spogliatoio diverso rispetto ai miei compagni per volere della società: accettai l’umiliazione nell’interesse della SPAL, mettendomi l’orgoglio in tasca. La foto a Forte dei Marmi? Magari avrei potuto evitare, ma avevo avuto tre giorni di permesso dopo la quarta ricaduta. Era un problema dove fossi? Non ho mai sgarrato una volta, infatti non avuto alcuna contestazione formale da parte del club“.
L’EPILOGO
“Nella settimana che portava all’ultima di campionato ero guarito. Ma il martedì il magazziniere mi disse che non avevo il permesso di rientrare nel gruppo e dovevo rientrare nell’altro spogliatoio. Non mi hanno più fatto allenare con la squadra e mi hanno negato il permesso di giocare la partita di addio di Pirlo“.
GLI ERRORI
“Forse ho sbagliato nell’uso dei social, ma che male c’è a bere un caffè un giorno libero? Magari diedi la sensazione di strafottenza, ma non è così. Io vivo per la squadra in cui gioco, vado a letto alle 22.30, mangio con attenzione, porto sempre con me il fisioterapista di fiducia. Con maggiore esperienza da parte di tutti la mia situazione a Ferrara poteva essere gestita in maniera diversa sia a livello tecnico, sia mediatico“.