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Zitta zitta, la versione web de LoSpallino si avvicina al suo decimo compleanno. Siamo online dall’estate 2009 e quello che inizierà domenica sarà il decimo campionato che proveremo a raccontare nel migliore dei modi ai nostri lettori, affezionati o meno. Nel corso di questo decennio ne abbiamo viste di tutti i colori e siamo passati da diversi cambi d’assetto, sia a livello editoriale, sia a livello personale. Almeno in questo ci sentiamo coerenti con la storia pre-web de LoSpallino, quella del giornalino cartaceo che per tante stagioni dagli anni Settanta ai Duemila (con alcune pause) ha accompagnato l’ingresso allo stadio dei tifosi biancazzurri. Nel decennale della scomparsa di Andrea Talmelli, uno dei fondatori e delle anime pulsanti di quella storia così ricca di spunti e di firme, vogliamo ospitare il ricordo della figlia Cora, oltre che di alcuni degli amici e degli allievi di Andrea, per riallacciare i fili di un discorso perso tra le pieghe del tempo, ma che conserva un valore straordinario.

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Andrea Talmelli era uno Spallino DOC. Uno della vecchia guardia, insomma. Di quelli che quando la SPAL l’anno scorso è andata in A non sarebbero stati tacciati di salire sul carro dei vincitori. Accusa che spesso ho letto muovere sui social da parte di quei tifosi che non capiscono come fosse comprensibile, in fin dei conti, non interessarsi alla SPAL dopo anni e anni di delusioni e mortificazioni di un’intera città che ama il calcio come solo Ferrara sa fare. E di come sia stato normale, fisiologico, un riavvicinamento di massa della città tutta alla propria squadra di calcio.

Se Andrea fosse stato tra noi quando la SPAL è salita in B, sicuramente sarebbe andato in piazza a strombazzare con la macchina. Dopo aver scritto e mandato il pezzo al giornale, però. Magari col tablet in tribuna stampa che ai suoi tempi non c’era. Bisognava correre a casa, scrivere e dettare al telefono gli articoli – cinquanta, sessanta righe – scandendo bene-bene le parole, affinché l’incaricato dall’altro capo del ricevitore capisse la comunicazione. Se Andrea Talmelli fosse stato qui, l’anno scorso quando siAmo tornAti, lui, che alle trasferte non andava, sarebbe impazzito di gioia e avrebbe stappato una delle migliori bozze, fino a prendersi una bella unta.

Penso che sarebbe stato personalmente riconoscente alla famiglia Colombarini per averci fatto risorgere; penso sarebbe stato in sintonia col presidente Mattioli, del quale condivideva una vecchia impostazione, tuttavia sempre efficace, quella dell’integrità, l’essere fedele al proprio ruolo con qualche punta di sano provincialismo. Penso avrebbe amato il capitano Mirco, per come si è messo in gioco sin da subito quando ha scelto Ferrara invece dell’Empoli, per quell’abbraccio liberatorio a Crotone, per i suoi gol e per la sua serietà. Penso che avrebbe simpatizzato in particolare per Eros che, in casa contro la Juve, a partita finita, mentre il Pipita veniva scortato verso il pullman in zona mista, lui ha assistito come l’ultimo degli spettatori, poi ha inforcato la biga – e secondo me ci stava pure un bèn-bèn ai presenti – ha salutato “ciao!” e si è allontanato, con la sua solita umiltà che abbiamo imparato ad amare. E poi avrebbe sicuramente stimato al di sopra di tutti il mister per non aver mai raccolto polemiche, neanche nei momenti bui di quest’anno: per la sua pacatezza e il suo accento – perché no – che lo rende pure simpatico. Un signore che di calcio ne capisce eccome, i risultati di questi anni parlano da soli.

Andrea Talmelli per alcuni era un impiegato del catasto, per altri è stato un sindacalista, per i tifosi era corrispondente della SPAL di grandi quotidiani nazionali. Fu tra i primi ad essere direttore responsabile de Lo Spallino, oggi la testata che tutti consultiamo quotidianamente per essere aggiornati sul mondo SPAL . Ma per me era solo un papà. Che amava la SPAL come fosse una di famiglia. Le domeniche in casa erano tali da condizionare qualsiasi impegno famigliare, nonostante che mamma avesse pure un’attività che non le lasciava molto tempo libero, sicché bisognava approfittare dei rari momenti. E però c’era la SPAL, che veniva prima. Anche negli anni bui, nelle retrocessioni, nei fallimenti: insomma, una figlia da amare incondizionatamente. Ho chiesto all’amico Enrico Testa di mandarmi un pensiero e la sua risposta non si è fatta attendere: “Tra mille minchiate che girano sui social sono incappato in uno di quei test che dovrebbero definire la propria area di appartenenza politica. Superfluo ma di questi tempi senza certezze ho pensato di farne uno. Praticamente mi chiedeva tutto quello che dovrei avere per ‘far parte’ di quello che penso di essere, sempre politicamente parlando. Sono venute fuori alcune caratteristiche. Onestà, intelligenza, ironia, simpatia, coerenza, capacità. Ecco, mentre leggevo queste peculiarità mi è venuto in mente che Cora Talmelli mi aveva chiesto qualche riga per ricordare il mitico Andrea. Difficilmente credo di essere stato più breve di adesso ma solo perché a lui le sbrodolate non piacevano. Ecco, Andrea aveva tutti questi pregi. E non solo. Da amico, le cose che mi hanno fatto amare Andrea sono state soprattutto la dignità, la ferraresità, la battuta sagace, la schiena sempre dritta e gli occhi. Gli occhi nel senso che per una mia fissa è la prima cosa che noto nelle persone. Se uno ti guarda sempre mentre ti parla o ti ascolta è già un passo avanti. E poi Andrea aveva tante passioni. Lavorava molto, faceva tante cose insieme senza mai toppare. A lui devo anche un ringraziamento per avermi dato una possibilità lavorativa quando ero ancora un bambino o quasi. Ecco perché tutte le volte che gioca la Spal un pensiero glielo mando sempre. So che questi anni gloriosi li sta vivendo. E a ogni esultanza lo stringo forte”.

Anche un altro dei collaboratori storici de Lo Spallino, Sergio Gessi, un giorno mi ha semplicemente scritto “un giorno ti racconterò la tempra di Andrea“, una frase che racchiude tutto ed ecco qui: “Di Andrea ho il nitido ricordo di un uomo vero, sincero, generoso ma non accomodante. La vita d’altronde non gli aveva fatto sconti e lui, retto e diretto nel suo agire, altrettanto pretendeva dagli altri. Ci sono tanti frangenti che mi legano a lui e un robusto filo di nostalgia che  mi tiene saldo alla sua memoria. È stato il mio primo direttore quando giovanissimo iniziai a scrivere su Lo Spallino. Fra i vari, ci fu un episodio che fu per me monito e preziosa lezione di vita. Avevo credo quindici anni, scrivevo già da qualche tempo e si era creata fra noi sintonia e simpatia. Era l’estate del 1980 se non erro, quella in cui Titta Rota – con cui Andrea era in saldi rapporti – allenava la nostra Spal. Io nel frattempo avevo cominciato a scrivere anche per Il Resto del Carlino, e Paolo Mazzoni (fotografo e collaboratore, braccio destro di Giordano Magri) mi chiese se volessi andare con lui il giorno del raduno. Figurarsi! Ben felice di poter conoscere e vedere da vicino i miei beniamini accettai. Qualche giorno dopo incontrai Andrea in redazione. Con discrezione mi chiese di appartarci e mi fece una sfuriata del tutto inattesa. ‘Sei una puttana’, mi gridò mentre io arrossendo cercai di spiegare le mie ragioni. ‘Noi non siamo stati invitati e io ero pronto a fare le rimostranze alla società per come ci hanno trattato e adesso che gli dico, visto che tu c’eri?!’. Fu inutile spiegargli che proprio non immaginavo nulla di quell’esclusione e che ero dispiaciuto di aver involontariamente fatto un pasticcio. Lessi la comprensione nel suo sguardo, ma con tono severo ribadì l’accusa. Rimasi mortificato. Ma mi fu chiaro che non c’era cattiveria nelle sue parole. Quello sfogo era grido morale. E quel richiamo, che ancora odo in fondo alla coscienza, mi servì come monito – nei tanti frangenti in cui si ode il suono delle sirene e si avverte la fatale attrazione – a tenere sempre la schiena dritta per non cadere nella trappola delle lusinghe e delle tentazioni”.

E mi dispiace che te ne sei andato senza aver avuto queste soddisfazioni, tu che con il tuo mestiere hai scritto un piccolo pezzo di storia della SPAL. Senza vedere lo stadio colmo di gente e bambini, senza vedere le mitiche coreografie della Ovest, da pelle d’oca. Senza vedere la vittoria nel derby. Maurizio Barbieri, giornalista de La Nuova Ferrara, altro amico di papà, un giorno mi ha scritto del sogno di Andrea: “Per tanti anni, non so quanti ma certamente più di venticinque, Andrea mi ha sempre detto una cosa: ho un sogno nella vita, di tornare a rivedere la SPAL in serie A prima che lasci questo mondo. Il sogno si è avverato ma purtroppo Andrea non c’era più. Ricordo che la SPAL in serie A l’aveva visto da  ragazzino quando suo padre lo portava alle partite e ne era rimasto affascinato. La cosa che gli piaceva di più era la maglia quelle righe verticali biancazzurre sottili, una sorta di seconda pelle. Pochi mesi prima che si ammalasse, ricordo che era agosto e tornavamo da una serata trascorsa alla sagra del cinghiale di Ponte Rodoni e mi disse: ho raggiunto quasi tutti gli obiettivi, dopo 37 anni e mezzo trascorsi al catasto a fine anno vado in pensione, ho quasi ultimato la nuova casa in zona Aguscello e mi sa che venderò anche l’edicola che mia moglie gestisce in via Comacchio. Mi manca solo di vedere la SPAL in serie A. Dai Andrea che la vedi da lassù e ti diverti come un matto assieme a Giordano Magri e a Mirto Govoni”.

Se mai dovessi rivederti, per raccontarti quel che ti sei perso in dieci anni, non partirei da quella che è la mia vita di lavoratrice, moglie, mamma di tre bimbi. Motivi cioè di grande soddisfazione per un genitore. No, la prima cosa che ti direi, non ho dubbi, è che la SPAL gioca in serie A. Contro la Juventus, il Milan e l’Inter. Tu che per il tuo mestiere ne avevi sempre tante – son sicura – che ti lascerei senza, di parole.

– Cora Talmelli


le foto provengono dall’archivio della famiglia Talmelli