Che bello se la serie A fosse solo calcio. Ma non lo è più già da tempo, visto che i fiumi di milioni dei network televisivi e gli strumenti dell’alta finanza impongono sempre più spesso di parlare di fatturati, diritti, opzioni, tetti salariali e via discorrendo. Insomma, i campionati si giocano prima di tutto tra le pieghe dei bilanci e la SPAL non può certo sottrarsi a questa tendenza visto che ora siede al tavolo delle grandi.
Gli spunti sul bilancio 2017 (inteso come anno solare) pubblicati dal sito specializzato Calcio&Finanza partono da una considerazione roboante: i ricavi della SPAL sono decuplicati in due anni. Certo, ma anche i costi lo sono, producendo così un altro bilancio in rosso, seppur di poco. Da qui parte la nostra chiacchierata con patron Simone Colombarini, allo scopo di capirne qualcosa in più.
“Normale che le proporzioni del bilancio sia nettamente cambiate dalla serie C alla serie A, non è che siano stati fatti chissà quali miracoli rispetto ad altri salti di questo tipo, poi non bisogna mai dimenticare che noi abbiamo aderito al bilancio consolidato insieme a Vetroresina e quindi diventa un bilancio annuale che comprende sei mesi di una stagione e sei di un’altra. Chiaro che noi siamo abituati a ragionare sulla stagione sportiva e a determinare i budget sportivi in base a quella, ma la traduzione nei bilanci è sempre parziale. Se prendessimo in esame solo i primi sei mesi di serie A il bilancio sarebbe in assoluto pareggio, il segno negativo è determinato solo dalla presenza dei premi-promozione del 2017 (oltre 2 milioni di euro complessivi). Ma come ho detto l’anno scorso siamo contenti di averli dovuti da pagare perché la perdita di bilancio è ampiamente compensata da tutti i benefici che derivano dalla partecipazione alla serie A“.
In sostanza nel bilancio 2018 vedremo l’incidenza dei premi-salvezza dello scorso maggio.
“Sì, l’entità è più o meno quella, ma posso già dire che i numeri dei primi sei mesi del 2018 ci vedono in pareggio perché sono inclusi gli ammortamenti per i lavori allo stadio che abbiamo già iniziato a fare. Ma in ogni caso i premi salvezza non spostano le sorti di un bilancio da positivo a negativo, ma solo da molto positivo a un sostanziale pareggio. L’obiettivo è chiudere tutto l’anno 2018 col pareggio“.
In linea di massima l’obiettivo a breve termine è quello: rendere la SPAL in grado di proseguire con le proprie gambe, senza l’intervento finanziario supplementare di Vetroresina.
“Direi di sì, anche se finora le perdite sono state legate a dei salti di categoria. Essere promossi e farlo con un pareggio o addirittura un utile penso sia molto difficile. Adesso l’obiettivo è di rimanere in serie A senza affrontare ulteriori perdite. Ma questo non vuol dire che cerchiamo chissà quali utili, però neanche di dover continuare a ripianare a fine anno. Al di là di sconvolgimenti dovremmo essere in grado di farlo già quest’anno: per affluenza, sponsorizzazioni e diritti tv siamo in linea con tutte le previsioni. Poi cercheremo anche di portare la voce degli ammortamenti dello stadio più in alto possibile vista la spesa che stiamo sostenendo. Sappiamo bene che una spesa di cinque milioni sullo stadio si giustificherebbe solo con la permanenza in serie A: quest’anno ci siamo, nel prossimo faremo di tutto per esserci. I tre milioni spesi lo scorso anno possono essere ammortizzati in otto-nove anni secondo la legge e hanno un impatto quasi trascurabile su un bilancio di serie A, mentre cinque milioni su un bilancio di una squadra di serie B sarebbe un notevole fardello. Meglio cercare di ammortizzare il più fretta possibile restando dove siamo (sorride)”.
Approfondiamo qualche voce di entrata: la campagna di abbonamenti si chiuderà poco sopra quota 8.500, quindi con qualche centinaio di nuove sottoscrizioni. E’ un dato che ritieni soddisfacente?
“Personalmente dico di sì. Quando si tratta di fare delle previsioni di bilancio bisogna ragionare su un’ipotesi di affluenza complessiva delle gare, a prescindere dalla quota abbonati e dai paganti. Per quest’anno abbiamo stimato un’affluenza media attorno ai 14 mila spettatori dopo aver viaggiato a 11,5 mila nella scorsa stagione. Sul fronte incassi, visto che abbiamo diminuito i costi degli abbonamenti in alcuni settori, ci aspettiamo di incassare circa 500mila euro in più dell’anno scorso. Prevediamo il tutto-esaurito in 7-8 gare alzando comunque la media del 2017-2018“.
Con il numero attuale degli abbonamenti e il settore ospiti che conterà ancora 1.500 posti rimarrebbero in circolo oltre cinquemila biglietti: non sono pochi.
“Vero, ma bisogna tenere conto che un migliaio di quei posti saranno occupati dagli sponsor perché previsti dai loro contratti. Quindi da vendere ne resterebbero 4mila, ma abbiamo stimato una vendita media di 2mila biglietti per partita“.
Hai menzionato gli sponsor: la SPAL su quel versante è in crescita?
“Stiamo vedendo sempre più interesse. Il primo anno di serie A ha portato più attenzione sia da aziende ferraresi, sia da realtà nazionali. Diverse si sono avvicinate nella seconda parte dello scorso campionato e hanno confermato il loro sostegno, altre inizieranno a farlo da ora. Per cui abbiamo preventivato un ulteriore aumento, però già i risultati di queste settimane dimostrano che l’obiettivo è raggiungibile e di questo siamo molto contenti“.
C’è margine di aumento anche per i ricavi dal merchandising, visto l’appeal del marchio SPAL?
“Mi pare che anche lì stiamo andando bene. Chiaro che l’effetto novità del primo anno ora non è più spendibile, per cui abbiamo previsto di mantenere un livello in linea col bilancio 2017 (800mila euro). Va detto che il merchandising per una squadra di serie A non è una voce in grado di spostare chissà cosa: nel 2018 probabilmente oscilleremo tra i 45 e i 50 milioni di fatturato e un utile di 150mila euro al suo interno avrebbe un impatto abbastanza relativo. Però fa sempre piacere vedere che la città si vesta di biancazzurro“.
Con un fatturato di 50 milioni di euro e un potenziale ancora da sviluppare la SPAL non sembra poi così lontana dai livelli della borghesia calcistica italiana: le società che navigano abitualmente a metà classifica hanno fatturati che vanno dai 75 ai 100 milioni.
“C’è ancora un po’ di strada da fare. Quest’anno con la nuova ripartizione dei diritti televisivi tutte le medio-piccole avranno maggiori ricavi a scapito dei top club e questo alzerà il livello generale anche per gli altri. Per quello che ci riguarda sono entrati 4-5 milioni in più rispetto alla scorsa stagione, anche se il conto preciso dipende da diversi parametri. La SPAL è ancora nel giro delle società piccole e ha un fatturato paragonabile alle squadre che lotteranno con noi per la permanenza in serie A. Esiste ancora una differenza con quelle che sono stabilmente in questo campionato da tanti anni. Chiaro che con una buona raccolta pubblicitaria e un’affluenza costante dovremmo poterla ridurre un po’“.
L’aumento della torta dei diritti tv per le società va nettamente a scapito dei tifosi, che si sono visti applicare un balzello per vedere l’intero campionato tra Sky e Dazn.
“Beh, diciamo che la gente che vuole seguire la SPAL soprattutto in trasferta sicuramente avrà sicuramente un disagio visto che alcune partite saranno trasmesse da Dazn. Io mi auguro che per le partite in casa la gente venga allo stadio, preferendolo alla televisione. Purtroppo il mercato dei diritti televisivi è così e si sapeva fin dall’inizio che il bando era stato preparato per agevolare la concorrenza e impedire ci fosse una sorta di monopolio“.
C’è però una contraddizione in termini. A votare all’unanimità i fondamenti del bando sono state le società di serie A, al preciso scopo di incassare di più. Viene spontaneo dire che senza una spartizione più massiccia della torta, una squadra come la SPAL non avrebbe potuto permettersi un giocatore come Petagna, tanto per semplificare il ragionamento all’osso.
“I diritti tv non sono aumentati solo per questo motivo. Intanto è cambiata la legge dello Stato che fissa la ripartizione dei diritti televisivi: per dire la quota di base che spetta a tutti pesa per il 50%, mentre prima era del 40. Questo dettaglio da solo incide sui bilanci delle medio-piccole. Per il consumatore c’è senz’altro un aggravio di costi, ma lì entrano in gioco anche le scelte commerciali dei network televisivi, perché il prezzo dell’offerta di Sky ai suoi clienti non era certo contenuto nel bando. Eppure alla stessa cifra offre il 30% delle partite in meno“.
Anche quest’estate gli abbonamenti hanno fatto un po’ discutere, anche se non quanto l’estate precedente. Ora che lo stadio raggiungerà finalmente una configurazione che si presume definitiva, ci sarà la possibilità di ricalibrare i prezzi in maniera un po’ più omogenea?
“Credo di sì, perché oltre all’aumento di capienza c’è la novità della copertura integrale. Già il rapporto tra gradinata e tribuna l’abbiamo già modificato perché ora la gradinata sta diventando una zona con visibilità davvero ottima e potrebbe avere maggiore appeal rispetto alla tribuna. Vedremo come risponderà il pubblico in questa stagione. C’è poi l’incognita curva est, perché lì abbiamo 2.500 posti che possiamo giostrare come vogliamo, al netto dei 1.500 dedicati agli ospiti. Noi vorremmo riempirli con i nostri tifosi, ma nulla vieterebbe di venderli agli altri. Non credo che questo avverrà mai perché 1.500 ci sembrano sufficienti e il pienone con le grandi squadre speriamo di farlo con tifosi della SPAL“.
I dati più recenti sulle sponsorizzazioni di maglia in serie A dicono che i ricavi sono in crescita addirittura del 16% e da questa stagione sarà possibile collocare un marchio anche su una delle due maniche. La SPAL è già al lavoro per approfittarne?
“Questa è una novità molto recente, ma ci stiamo già lavorando. Abbiamo in piedi un paio di proposte, vediamo se riusciremo a concretizzarle. E’ uno sponsor piccolo, ma potrebbe valere tra i 100 e i 150mila euro, quindi una cifra comunque importante“.
Ma non ti dispiace aver dovuto rinunciare al marchio “Vetroresina” sulle maglie dopo tanti anni?
“Eh… se devo dire la verità un po’ sì. Però Vetroresina è già stato abbinato alla SPAL e la mia clientela ormai sa bene che le due realtà sono associate. Abbiamo sponsor importanti che credono nel nostro progetto e contano sulla sua visibilità, quindi è giusto dare a loro gli spazi se questo aiuta tutti a crescere. Vetroresina rimane presente in altre forme“.
Una decina di giorni fa, a mercato chiuso, Vagnati ha dichiarato di aver operato sul mercato dietro un preciso input proveniente da te, relativo alla necessità di consolidare il patrimonio di giocatori della società. Questo presuppone anche l’intenzione della SPAL di conseguire delle plusvalenze attraverso le cessioni, cosa che non si è ancora realizzata.
“L’ho detto tante volte: siamo tra le poche neopromosse che non hanno venduto i loro giocatori migliori. Però il discorso di Vagnati si riferisce alla nostra volontà di puntare su acquisizioni definitive anziché sui prestiti, in modo da valorizzare al meglio gli investimenti sui giocatori. Poi è chiaro che per auto-sostenersi in serie A è necessario fare anche delle plusvalenze cedendo alcuni giocatori e prendendone altri, confidando nel loro potenziale. Penso che gli stessi giocatori ad un certo punto aspirino ad un avanzamento di carriera per crescere ulteriormente in squadre più grandi della SPAL. Da questo punto di vista l’Atalanta è l’esempio più evidente“.
Vagnati tra le altre cose ha anche detto che l’acquisto di Valdifiori ha comportato uno sforzo extra rispetto alle previsioni. Insomma avete dovuto sforare il budget per portarlo a Ferrara.
“Sì, ma non è niente di strano perché quando vengono fatti i budget prima del mercato si ragiona su stime prudenziali e poi si aprono delle possibilità di revisione cammin facendo. In questo caso ci siamo resi conto di aver lo spazio di manovra per prendere Valdifiori e quindi abbiamo deciso di procedere, consapevoli di non andare più di tanto al di là delle previsioni“.
A conti fatti questa chiacchierata dimostra che parlare esclusivamente di calcio ormai è praticamente impossibile e bisogna confrontarsi con argomenti spesso lontani dagli interessi degli appassionati e dei tifosi. Secondo te questo sport può coniugare la passione popolare con un complesso amministrativo-finanziario che sembra essere tutto meno che vicino alle persone?
“Io penso di sì, almeno per quanto riguarda una società come la nostra. Nel corso di questi anni abbiamo dimostrato di poter attrarre dei giocatori sulla base di un progetto che tra i suoi valori ha anche il senso di appartenenza. Non dico che trascurino il portafogli nel scegliere la SPAL, ma se non altro dimostrano di dare peso ad altri aspetti di carattere umano. Penso che tanti giocatori vengano volentieri a Ferrara perché sanno di trovare un ambiente tranquillo, ma al tempo stesso caloroso. In genere quando vengono da noi vogliono rimanere proprio perché si sono trovati bene sotto ogni punto di vista. Insomma una dimensione romantica riusciamo ancora a mantenerla, anche se in misura ridotta rispetto ai tempi della serie C, ma penso che questo sia inevitabile“.
Uno che non si è trovato bene e ha snaturato questa idea di romanticismo è Borriello.
“Questa vicenda penso sia proprio la dimostrazione del fatto che per certi tipi di giocatori la SPAL non è la squadra giusta. Senza voler fare polemica, probabilmente a Ferrara sono molto più apprezzati i giocatori che si mettono a disposizione della squadra e c’è un po’ meno spazio per chi vive il calcio come puro professionismo e non cerca legami di altro tipo. Noi abbiamo ottenuto i migliori risultati senza Borriello che doveva essere il nostro giocatore di punta e questo senz’altro ci ha insegnato qualcosa. Come ha detto Vagnati, avevamo delle aspettative ma alla fine non si è rivelato essere il giocatore giusto per noi e per una città come Ferrara. Abbiamo fatto tesoro di questa esperienza e gli inserimenti di quest’anno vanno nella direzione di una scelta basata su criteri diversi“.