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Serve senz’altro coraggio per andare in uscita bassa sui piedi di un’avversario o avventurarsi in piena area per bloccare un traversone, ma ne serve altrettanto per prendere pubblicamente posizione su temi scottanti come discriminazione e pregiudizi. Alfred Gomis ha già dimostrato in passato di non avere problemi a riguardo e in un’intervista concessa a Massimo Cecchini per La Gazzetta dello Sport ha voluto ribadire il concetto.

Sono felice di aver riscoperto le mie radici senegalesi. Ho visto i luoghi in cui partivano e morivano gli schiavi, costretti in ambienti in cui nemmeno le bestie meritavano di stare. Ho conosciuto meglio la mia famiglia di origine, ma ho provato quella sensazione di sentirsi estraneo. Quando sono in Senegal mi capita di essere guardato con sospetto per i miei modi di italiano e qui in Italia per la mia pelle da africano. Mi sento sempre diverso. Anche per questo faccio parte di un’associazione che si chiama ‘Umanità’ (ne avevamo parlato a gennaio) e che si occupa di flussi migratori. Ci sono diverse cose sbagliate che sento dire ogni giorno sugli immigrati. Che sono troppi, sono criminali e approfittatori. Una persona non può essere approfittatrice quando lascia tutto, cioè il niente, per andare in un posto dove non conosce nessuno e di cui non parla la lingua. Di che cosa ti approfitti? E poi il discorso dei ‘troppi’. Le percezioni sono stata sempre gonfiate ad arte, perché i dati sono molto diversi. Di sicuro ci sono dei poco di buono, come fra gli italiani. Se delinque uno straniero sono tutti delinquenti, se lo fa un italiano è un problema del singolo“.
Il collega di Gazzetta chiede quindi a Gomis se incontrerebbe il ministro dell’interno Salvini: “Senza problemi, perché oltre a essere senegalese sono italiano. E gli chiederei di dirmi se pensasse di parlare ad un italiano o ad un senegalese“.

Interessante anche la riflessione sul mancato impegno dei colleghi calciatori: “Molti di noi pensano che col denaro si risolva tutto. E poi siamo narcisisti, viviamo nell’adorazione della gente. Mi capita di parlarne con altri, ma tanti non sentono il bisogno d’informarsi. Rispondono con una battuta. Sei quasi obbligato a doverti omologare. Fare il deficiente rende la vita più facile“.