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Un giro sull’ottovolante può durare anche fino a due anni quando giochi a calcio. Serie D, serie B, serie A, serie C e di nuovo serie D. In due anni Tommaso Costantini ha vissuto salite e discese per poi ritrovarsi, come in tutte le giostre, al punto di partenza. Arrivò alla SPAL nel gennaio 2017, pescato dal Mezzolara in serie D dopo quattro mesi parecchio promettenti. Nella pagina dell’almanacco della storica stagione di serie B 2016-2017 c’è anche il suo nome, anche se con lo zero accanto alla colonna delle presenze. Certo, non ha lasciato traccia nella storia della SPAL, ma questo non significa che non abbia una storia da raccontare: “Ho avuto al tempo stesso fortuna e sfortuna, ma non ho rimpianti o alibi da darmi. Il calcio è fatto di momenti e spesso si tratta solo di trovarsi al posto giusto al momento giusto“.

Quel momento poteva diventare l’ingresso in campo nel corso di SPAL-Trapani 2-1 dell’aprile 2017. 
Eravamo sull’1-1 e mancava meno di un quarto d’ora alla fine. Ero l’unico attaccante in panchina perché Floccari era infortunato e Zigoni era squalificato. Dopo il riscaldamento ero già a metà campo con Andreini (il team manager della SPAL, ndr) in vista del cambio. Proprio in quel momento Antenucci segnò il 2-1 sulla punizione battuta da Schiattarella e quindi tornai a sedermi. Semplici giustamente preferì fare un cambio difensivo, togliendo Finotto per mettere un centrocampista in più. Metti che fossi entrato e con un po’ di fortuna avessi segnato…“.

La tua carriera sarebbe cambiata radicalmente?
Magari no, ma di sicuro si sarebbe parlato molto più di me e sarebbe potuta capitare qualche opportunità in più. Io di certo sarei rimasto lo stesso Tommaso Costantini di adesso, non è un gol a stabilire il valore di un giocatore, quello lo so bene. Però lo vediamo quotidianamente: nel calcio di oggi basta un gol e qualcuno ti mette addosso l’etichetta del fenomeno. Se invece non giochi non vali nulla. Non c’è proprio equilibrio“.

Quindi a due anni di distanza sei lo stesso ragazzo che è passato dallo spogliatoio del Mezzolara a quello della SPAL?
Per atteggiamento direi proprio di sì. Avevo i piedi per terra prima e li ho tenuti lì dov’erano, anche perché in quel gruppo ero il ragazzino arrivato dalla serie D e dovevo solo mettermi lì, ascoltare e imparare. Giusto per dire: tre giorni dopo il mio arrivo la SPAL prese Floccari…“.

Quanto si paga il salto tra due realtà così diverse?
Chiaramente sono due pianeti lontani. Passi da una realtà in cui ci sono cinquanta spettatori a una squadra che sta lottando per salire in serie A con seimila persone allo stadio. L’organizzazione è diversa, i ritmi sono diversi, bisogna cercare di imparare il più in fretta possibile. Io mi sono sentito grato per questa possibilità, anche se sapevo fin dall’inizio che in quei cinque mesi a Ferrara avrei avuto pochissime possibilità di giocare. Però ho comunque preso il meglio da questa esperienza. Mi ha dato la possibilità di maturare, di avere un approccio diverso all’allenamento e di imparare movimenti e mentalità da giocatori molto forti“.

Eri anche tu a Terni e hai vissuto dall’interno dello spogliatoio un giorno epico per la storia della SPAL.
Eh, penso che ci siano ragazzi che farebbero carte false per vivere un’emozione del genere. Anche se non ho mai giocato io mi sentivo parte di quel gruppo, d’altra parte vivevo quotidianamente lo spogliatoio con tutti i protagonisti di quella stagione. Non credo potrò dimenticare mai il fischio finale a Terni, la festa, il ritorno alla notte con 8mila persone allo stadio, il giro in pullman e la piazza strapiena solo per noi“.

Quest’esperienza ti ha dato la possibilità di creare dei legami? Verrebbe spontaneo pensare sia difficile entrare in uno spogliatoio di professionisti che già si conoscono da mesi.
Beh no, non è così. Anzi, entrare nel gruppo è stata la parte più facile. Sono stato accolto bene. In fondo dipende tutto dal carattere dei singoli: se ti comporti a modo e ti fai voler bene la categoria non conta, puoi essere in Champions come in serie D. Lo spogliatoio era già molto unito quando sono arrivato, non era difficile aggregarsi. Alcuni dei ragazzi li sento ancora oggi. Sono rimasto particolarmente affezionato a Floccari, Antenucci, Marchegiani e Poluzzi“.

Con la promozione in serie A è stato evidente fin da subito che il tuo destino fosse un prestito da qualche parte. 
Certo, lo sapevo benissimo. Volevo dimostrare il mio valore, ma le cose non sono andate per il verso giusto, né con la Juve Stabia né col Ravenna“.

Cos’è successo?
Alla Juve Stabia ho avuto delle difficoltà, sia a livello ambientale, sia a livello tecnico. Venivo da sei mesi senza nemmeno una partita e non ho trovato lo spazio che mi aspettavo, anche per demeriti miei. Davanti avevo giocatori più forti ed esperti e c’erano degli obiettivi importanti da raggiungere. Così a gennaio sono andato a Ravenna, convinto anche dal modulo con cui giocava la squadra. Ero sicuro che col 433 mi sarei potuto esprimere al massimo, perché da punta esterna ho la possibilità di sfruttare la mia velocità, mentre con altri moduli faccio più fatica. Non ho il passo per fare il quinto nel 352 e anche da seconda punta sono abbastanza adattato. Fatto sta che anche a Ravenna dopo due partite il mister è passato al 352 e lì le mie possibilità di giocare si sono ridotte. Come se non bastasse, a maggio, nell’ultima di campionato, mi sono rotto per la seconda volta il legamento crociato del ginocchio“.

 

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Arpionato ?

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E da lì nessuno ha saputo più niente su di te.
Comprensibile, anche perché ho perso due mesi tra esami, ecografie e visite varie. Apparentemente non era chiaro cosa mi fosse successo. Tutto tempo buttato e che avrei potuto risparmiarmi, visto che a conti fatti sono rimasto fermo otto mesi. Di recente ho iniziato ad allenarmi di nuovo e col mercato di gennaio è arrivata la possibilità di andare via“.

Era una prospettiva che avevi già messo in conto?
Sì, già da luglio. Con dispiacere, perché con un po’ di fortuna in più avrei potuto ritagliarmi il mio spazio in serie C. Non voglio sembrare presuntuoso, ma penso di esserne all’altezza. Poi è chiaro che le cose vanno dimostrare sul campo, ho fatto senz’altro qualche errore e dovrò ricominciare da capo, ma la prospettiva non mi preoccupa. L’ho già fatto nel 2015 dopo essermi rotto il crociato quand’ero nella Primavera del Carpi. All’epoca sembrava dovessero farmi il contratto da professionista e invece finii alla Vis Pesaro in serie D per riprendere a giocare. Da lì andai a Mezzolara e poi è arrivata la SPAL“.

 

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Chi dorme non piglia pesci.. Vi assicuro che da svegli è uguale

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Ti voleva solo la SPAL all’epoca?
No, mi dissero che c’erano diverse squadre a seguirmi, soprattutto di serie C. Però dal momento in cui mi hanno parlato della SPAL ho voluto assolutamente prendere l’occasione, era irrinunciabile“.

A gennaio di quest’anno invece?
Tante proposte dalla serie D, nessuna in serie C. Non mi sorprende: per un calciatore stare fermo quasi un anno è deleterio e non potevo aspettarmi qualcosa di diverso. Forse avessi fatto qualche presenza o gol in più l’anno scorso avrei potuto essere più appetibile, ma le cose sono andate diversamente. Mi sarebbe piaciuto avere un’altra possibilità, ma vorrà dire che dovrò guadagnarmela ripartendo di nuovo dai dilettanti. La Massese mi sta dando questa possibilità e vedrò di sfruttarla”.

A guardarla da fuori la tua sembra la storia di chi è entrato nel tritacarne del professionismo e ne è uscito un po’ malconcio.
Non è un mistero che questo sia un mondo un po’ così… in cui si entra ed esce alla stessa velocità. Basta un niente sia per prendere il volo, sia per schiantarsi. Io non voglio avere rimpianti e mi porto dietro degli insegnamenti che spero mi possano servire. Conto di avere un po’ più di fortuna, quello sì. Dovrò essere bravo io ad andarmela a cercare: in passato ci sono riuscito, quindi può succedere ancora“.