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Domenica doveva essere una giornata diversa. Dedicata al ricordo, al dolore, alle lacrime e all’orgoglio. Non ti conoscevo Marco, pur avendo condiviso con te un posto che tutti noi chiamiamo casa, per tanti anni. Mi posso vantare dell’amicizia di tanti amici tuoi. Ho visto i loro occhi sulla balaustra, coperti dagli occhiali scuri, come da prassi, per difenderli dal riflesso e dal dolore. Ho visto un’umanità senza eguali, una coreografia a te dedicata, la tua presenza era palese, costante. Viva.

[la coreografia della Ovest dedicata a Marco “Pare” Pareschi]
Ho visto una squadra tosta, la nostra (che schifo di rima), con la terza maglia, quella dedicata alla curva Ovest. Lottare e digrignare i denti, contro degli spocchiosi figli d’arte, bravini ed antipatici, come pestare una merda con le infradito. Ho visto Petagnone segnare un gol, impazzire di gioia con tutto lo stadio abbracciare tutta la panchina. Ho visto un pareggio casuale, bel tiro, bel gol. Ho visto un amico mio tuffarsi a prendere un pallone arrivato fino in alta curva, rischiando di massacrarsi, gomito, costole, ma contuso e felice effettuare una perfetta rimessa laterale, fino in campo. Poi sofferenza, fino a quando il vero figlio d’arte, Valoti, ci ha portati in vantaggio. Incredibile, essenza della gioia. Fine.

Poi, ho visto l’inimmaginabile. La morte di una calcio già morto. Vorrei prendermi una diffida scrivendo ciò che penso, ma non conterebbe nulla. Il protagonismo dei figli d’arte, associato ad un utilizzo della VAR senza precedenti, la spocchia, gli occhi fuori dalla testa del direttore di gara hanno ammazzato quel che resta di un gioco da ricchi, a cui i poveri non possono giocare. Davvero, non ci sono commenti, non offensivi e senza nemmeno un milione di bestemmie. Come si può annullare un gol dopo cinque minuti, per una caduta in area dell’innominabile attaccante viola, dopo averlo non solo convalidato, ma pure ascoltato dallo speaker tra il tripudio del Mazza.


Eccerto ma il regolamento… Il regolamento viene applicato a singhiozzo e non ovunque. Esiste una discrezionalità che parte dagli amministratori del VAR in campo e scende giù fino all’auricolare del direttore di gara. L’ausilio tecnologico è stato inventato per eliminare l’errore dell’arbitro, per aiutarlo nelle decisioni. Ma purtroppo, come ogni attività gestita dall’uomo è opinabile. Quante volte ci capiterà di vedere a parti invertite una cosa del genere? Inimmaginabile poi un episodio del genere in tutti gli stadi di squadroni abituati alla categoria. Non come noi che siamo dei proletari da serie C catapultati in un mondo di lustrini e paillettes.

E’ vero sono chiacchiere da bar, sono la trasposizione di ingiustizie sportive, sono le tribolazioni di uno spallino (cit,), sono la nostra vita. Abbiamo mangiato fango per cinquanta anni ed ora che siamo nel calcio dei ricchi ci viene il vomito, ci piacerebbe essere sconfitti sul campo, non sul monitor. Ultimo, ma non ultimo, non è stata data l’autorizzazione alla squadra di posare un mazzo di fiori sotto la curva, per onorare una ragazzo che viveva per la S.P.A.L. Ecco, questo è peggio di tutto il resto, mi fa capire la disumanizzazione di questo Truman Show chiamato calcio italiano. Non ho altro da dire se non: “Voglio però ricordarti com’eri pensare che ancora vivi voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi, che come allora sorridi”. Sappiatelo tifosi spallini, io sono innamorato di voi.