Mentre siede dietro una scrivania di un ufficio del centro di via Copparo, Simone Missiroli tiene tra le mani una figurina Panini. La sua, naturalmente. La gira e la rigira nel corso di una lunga chiacchierata, un po’ come fa girare il pallone quando gravita sulla mediana. Semplici ultimamente gli ha affidato le chiavi del gioco della SPAL e tutto sommato sembra un’altra carta vincente, più che una figurina, pescata dal mister nel suo mazzo.
Simone, siamo a dieci partite dal traguardo e già sappiamo che nella settimana di Frosinone-SPAL si parlerà di partita decisiva. Chiaro che non sarà tale, ma in tal caso come la definiresti?
“Importante, sicuramente. Ma non decreterà la salvezza o la retrocessione di nessuno. Possiamo trarre uno slancio importante per staccare i nostri avversari e andare con più tranquillità e fiducia verso le partite finali. E’ un po’ quello che ci è mancato nell’ultimo mese di campionato. Almeno sotto il profilo dei risultati, perché le prestazioni ci sono state. Penso alle partite con Atalanta e Fiorentina, ad esempio”.
L’entusiasmo per una vittoria bella e importante come quella di sabato scorso contro la Roma è stato un po’ intaccato dai risultati positivi delle inseguitrici?
“(Ride, ndr) Pensa se non avessimo vinto!”.
Ok, però la prospettiva di una vittoria del Bologna a Torino non sembrava così scontata.
“Sicuramente. Però in questo turno abbiamo sorpassato l’Udinese (che però ha una partita da recuperare, ndr), quindi un passo avanti l’abbiamo fatto”.
Col Frosinone all’andata abbiamo visto una delle sconfitte più pesanti e inaspettate della stagione. L’elemento del riscatto di quella prestazione è presente nella preparazione di questa partita?
“Faccio ancora fatica a spiegarmi l’andamento di quella partita. Avevamo in mano il gioco e loro hanno sfruttato il primo calcio piazzato disponibile. Da lì l’andamento è un po’ cambiato e sui tentativi di recuperarla ci hanno colpito un contropiede. Sicuramente non siamo stati equilibrati e il risultato ne ha risentito”.
Contro la Roma è arrivata una vittoria interna dopo sei mesi d’attesa. Sentivate la pressione di questa astinenza?
“Ci mancava, ma non era un peso. Con uno stadio così e un pubblico del genere ci dispiaceva non riuscire a vincere. Abbiamo senz’altro perso qualche occasione di troppo. Col Cagliari, col Torino, con la Fiorentina”.
In un’altra occasione è capitato di sentire un tuo compagno fare un’osservazione interessante sul fatto che al Mazza ci sia qualche brusio di troppo quando giocate il pallone all’indietro. Questo incide in qualche misura sulla mente dei giocatori in campo?
“E’ una cosa totalmente soggettiva. C’è chi riesce a isolarsi e chi invece finisce con l’accorgersi di queste cose. A me pare che il pubblico ci abbia sempre aiutato e trascinato fino alla fine”.
Zidane, che sappiamo essere uno dei tuoi idoli calcistici, in un documentario a lui dedicato, racconta che un giocatore può decidere quali suoni ascoltare mentre è dentro uno stadio. Quello di un colpo di tosse o di una caramella che viene scartata. Tu sei di quelli che si isola del tutto?
“Io in genere vivo la partita serenamente e cerco di rimanere concentrato esclusivamente sulla partita. Poi è chiaro che il pubblico lo senti e finisce col trascinarti nei momenti chiave”.
Dopo Parma sembrava che la SPAL potesse navigare in acque più o meno tranquille e invece sono successe tante cose che hanno complicato la classifica. In questo arco di tempo è cambiato qualcosa a livello di preparazione delle partite oppure lo spirito è rimasto sempre lo stesso?
“Abbiamo continuato a lavorare come abbiamo sempre fatto. Dopo Parma effettivamente pensavamo di poter dare una svolta alla stagione, ma questo non è successo. I concetti di base sono rimasti gli stessi, anche se abbiamo provato a cambiare qualcosa”.
Tra le tante cose capitate nell’ultimo mese e mezzo ci sono state le due partite casalinghe con Fiorentina e Sampdoria, col VAR protagonista. Al di là del merito degli episodi, sviluppi del genere che tipo di impatto hanno avuto sulla squadra a livello psicologico?
“Con la Fiorentina non ero in campo, però si è visto che quell’episodio ha influito enormemente sulla squadra e quindi sull’andamento della partita. Io al gol di Valoti avevo già pensato ‘Che bello, siamo a 25 punti in classifica’ e invece qualche minuto dopo la Fiorentina era avanti 2-1. Questa cosa ha ammazzato me che ero fuori, figuriamoci i compagni che la stavano giocando. Quella partita oggettivamente è stata condizionata troppo da quell’episodio e il risultato ne ha risentito. Con la Sampdoria è stato diverso perché eravamo ancora in partita e sicuramente poteva cambiare la situazione. Loro ci erano sembrati più impauriti e forse potevamo anche riprenderla, ce la siamo giocata fino alla fine in maniera equilibrata”.
Invece a Milano, contro l’Inter, avete fatto poco più di un’ora a buoni livelli ma vi siete letteralmente squagliati dopo il gol. Lì cos’è successo?
“Quella forse è stata una delle rare occasioni in cui dopo aver preso il gol ci siamo un po’ sciolti. Avevamo speso molto, perché la partita era stata impostata sull’idea di aggredirli e andarli a prendere in ogni zona del campo. Prendere gol dopo aver fatto una partita di grande intensità a volte butta un po’ giù e penso ci sia successo questo. A differenza di altre volte in cui avevamo reagito, a San Siro non siamo riusciti a trovare la forza per farlo”.
Il tuo nuovo ruolo di mediano davanti alla difesa ti ha allontanato un po’ dalla porta e questo è un peccato perché i tuoi uno o due gol a stagione li hai sempre messi a referto. Il tuo primo con la SPAL lo stai conservando per un’occasione speciale?
“Sì, ora le mie probabilità di fare gol sono diminuite anche perché sui calci piazzati non vado a saltare. Il mister vuole che io rimanga più arretrato in modo da gestire la situazione nel caso ci sia da far ripartire l’azione”.
In compenso con questa nuova posizione hai stabilito il tuo record di cartellini gialli in stagione, arrivando a sette.
“Molti però me li hanno regalati (ride, ndr). A volte sono stato ammonito senza neanche capirne il motivo. Con l’Atalanta dopo pochi minuti, con l’Inter per un intervento su Joao Mario nel quale ho fatto una scivolata senza neanche toccarlo. Tra l’altro pure lui ha ammesso che non c’era fallo, ma l’arbitro mi ha detto di averlo visto. Comunque se c’è da spendere un cartellino lo prendo, sabato scorso per esempio si è reso necessario (su Dzeko lanciato in contropiede, ndr). Fortunatamente Felipe e Schiattarella sono imprendibili (ride, ndr) per numero di ammonizioni”.
Il calcio è il tuo lavoro da quando sei un ragazzino, ma è anche un tuo interesse? Oppure quando non ti alleni e giochi ti occupi d’altro?
“Se c’è una bella partita la guardo, ma non sto lì a perderci delle giornate. Ho due bimbe piccole e quindi cerco di dedicare più tempo possibile a loro. Ultimamente sto guardando più cartoni animati che partite di calcio (ride, ndr). La mia vita è cambiata abbastanza da quando ci sono loro”.
Ma ci sono almeno giocatori che oggi sono in grado di emozionarti come poteva averti emozionato Zidane quando eri più giovane?
“Ce ne sono tanti, i più grandi sappiamo quali sono e uno di questi è nel nostro campionato. Parliamo di uno dei giocatori più forti in assoluto della storia del calcio. Sarebbe bello venisse in Italia anche Messi, così potrei incontrare dal vivo anche lui (sorride, ndr). Lui e Ronaldo sono quelli più impressionanti, indubbiamente”.
Incontrare Ronaldo da avversario che effetto fa? Mette soggezione solo l’idea che lui sia lì in carne ed ossa?
“Mette soggezione per le cose che fa e per l’atteggiamento che ha. E’ una macchina: tutto quello che fa lo fa con velocità di pensiero ed esecuzione e con una fame assurda. Se non fosse così non sarebbe il fuoriclasse che è”.
Nel corso della tua carriera hai incontrato tanti allenatori diversi: da Mazzarri a Iachini, passando per Novellino, Donadoni e Di Francesco. Semplici ha qualche elemento in comune con qualcuno di loro?
“Il mister ha un’idea di gioco che ancora non avevo provato: gestire la palla in un certo modo, andare alla ricerca dell’uomo libero, aggredire in fase di recupero per creare delle transizioni. Concetti che avevo intravisto in De Zerbi, prima di lasciare il Sassuolo. Al di là di questo lo considero un ottimo allenatore, penso si veda che abbiamo un’identità precisa e infatti la prestazione la facciamo sempre, mettendo in difficoltà chiunque”.
I critici dicono che il vostro gioco è abbastanza lento e prevedibile, oltre che tendenzialmente difensivo. Badare principalmente a solidità e organizzazione è una necessità imprescindibile per una squadra che lotta per rimanere in serie A?
“In realtà quando prepariamo le partite lo facciamo con l’intento di andare a prendere gli avversari sempre piuttosto avanti, per cui non credo che la SPAL sia una squadra dalla mentalità difensiva. Anzi, spesso ci sbilanciamo troppo, cercando di forzare gli errori degli avversari per ripartire in zone di campo favorevoli. Chiaro che l’atteggiamento deriva sempre dal risultato: a inizio campionato giocavamo più spensierati, mentre nei momenti di difficoltà ci è capitato di fare qualche passaggio in più all’indietro. Però il possesso palla per noi è un presupposto per creare dei pericoli, non certo una cosa fine a se stessi”.
In un’altra intervista che abbiamo realizzato con Viviano siamo finiti a parlare di Fantacalcio e abbiamo scoperto che lui si diverte a farlo. Tu nel tempo ti sei costruito la fama di investimento sicuro a basso costo, portando a casa sempre buoni voti con costanza. Sarebbe già un motivo valido per farlo a tua volta, no?
“(Ride, ndr) Non l’avevo mai fatto prima dell’estate scorsa. Come sono arrivato sono stato messo in mezzo da Floccari e quindi adesso facciamo questo campionato in cui siamo sette-otto e io sono ovviamente ultimo in classifica. Pago l’inesperienza. Floccari invece sta dominando, ha fatto una bella squadra. E’ un giochino simpatico, ma devo prenderci ancora la mano”.
Tra l’altro Floccari è stato anche il compagno che ti ha un po’ introdotto alla città nei tuoi primi giorni a Ferrara.
“Sì, perché in quel periodo mi ha ospitato a casa sua e quindi mi ha dato tutte le dritte essenziali. Anche adesso abitiamo a poca distanza”.
Riesci a goderti un po’ la città nel tempo libero?
“Assolutamente, con le bambine giriamo un po’ dappertutto, facciamo delle passeggiate e ora mi sono anche attrezzato con le bici, sono andato giusto in questi giorni a prenderle”.
L’estate scorsa hai lasciato il Sassuolo, che da realtà di provincia ad un certo punto si è trovata a giocare l’Europa League. Per la SPAL intravedi un futuro di quel tipo lì, ovviamente a medio-lungo termine?
“Beh l’importante è consolidarsi, poi dipenderà dagli investimenti che la società vorrà fare. Bisogna tenere conto del fatto che lottare a certi livelli sta diventando sempre più difficile e non bastano nemmeno i capitali per avvicinarsi a certe zone di classifica. Penso si stia vedendo anche quest’anno: arrivare in Europa League richiede veramente tantissima qualità”.
Visto che siamo sull’argomento e tu hai cognizione di causa: non era lecito aspettarsi qualcosina in più dal Sassuolo di quest’anno, visti gli investimenti e i presupposti di partenza?
“Sì, magari c’erano delle aspettative un po’ diverse, però è anche vero che sono arrivati tanti giocatori nuovi e ci può stare che potesse servire un po’ di assestamento. Per il momento sta facendo un campionato tranquillo di metà classifica e sta mettendo le basi per crescere con un mister che è arrivato solo pochi mesi fa e sta portando le sue idee. E’ un progetto su più anni, si tratta solo di aspettare”.
A proposito di progetti: a livello personale ti sei già fatto un’idea di cosa farai da grande? A maggio compirai 33 anni e in genere è l’età nella quale un calciatore inizia a fare qualche valutazione sul tema.
“Non ci penso mai, quindi lo interpreto come un segnale della mia voglia di continuare a giocare ancora a lungo. Quando non sentirò più questa motivazione di sicuro rifletterò e cercherò di capire cosa mi riserverà il futuro. Per adesso penso solo alla SPAL e a fare bene il mio lavoro qui”.
ha collaborato Costantino Felisatti