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L’ultima di campionato lascia sempre una piccola vena di tristezza. Non per il risultato, ma per la sindrome da distacco che per qualche mese ci attanaglierà tutti. Nell’estate scorsa non era minimamente immaginabile pensare ad un risultato come quello ottenuto dall’Ars et Labor quest’anno: tante squadre dietro, sei punti contro i simpatissimi parmigiani, quattro contro gli altrettanto simpatici balanzoni, Juventus, Roma, Lazio, Atalanta come scalpi illustri, goleade in trasferta, partite giocate alla pari con Napoli, Inter e Milan, e tanta, tantissima altra roba. Abbiamo visto giocare in serie A come giocava Caciagli in serie C, la S.P.A.L. del paradiso: azioni, cross, assist, colpi di testa, roba da leccarsi i gomiti. Una squadra, uno staff ed una società, come non abbiamo mai visto. Poche balle, nessuna recriminazione, nessun rimpianto, siamo una stupenda anomalia in un calcio malato, almeno quanto la società italiana. Non siamo una Cenerentola e nemmeno una timida principessina. Siamo una duchessa Estense, con i jeans stracciati, gli anfibi e la maglietta con il viso di un ragazzo ucciso dalla polizia, che è entrata (e si è stabilita) nel salotto buono, dove signore imparruccate e piene di silicone, si ritengono padrone. Di quello che fu, il gioco del pallone.

Non sono sufficienti i ringraziamenti, tanti, troppi nomi, la certezza di dimenticare qualcuno di fondamentale, di necessario. Come tutti quelli che hanno reso possibile  questa ennesima utopia realizzata all’ombra delle quattro torri. Colombarini / Mattioli, senza di loro nulla sarebbe potuto accadere. Mister Leonardo, domenica sera il più emozionato di tutti a fine gara, esempio di coraggio e competenza, assieme allo staff, tutti esordienti in massima serie. E’ stato capace di giostrare i giocatori, mettendoli in campo, consapevoli del fatto che nulla è scontato, mettendo in difficoltà squadroni e squadrette. Spesso dimostrando che la vera grande squadra, aveva le righe sottili, bianche ed azzurre. Il direttore, che con un budget limitato ha creato questo spettacolo, valorizzando ragazzi che ora ci invidia mezza serie A.

Manuelito e Momo, due turbini sulle fasce laterali: si narra di mandrie di terzini avversari in cura dallo psicoterapeuta, molti in preda a labirintite cronica. Kevin, Francesco, Thiago e Felipe il bello: forza, potenza, classe, pure qualche gol. Diversi attaccanti paperoni stanno palleggiando contro i muri con dei Super Tele, perché il pallone non l’hanno mai visto. Due parole in più per Kevin: un Apollo tatuato, come pochi in Italia, strapotere fisico, intelligenza tattica, esuberanza atletica. Spaventoso. Missile e Murgino, equilibrio, intelligenza, sobrietà. Nel calcio la testa, non serve solo per colpire la palla. Jasmin, forza e grinta, un trascinatore, anche nei momenti difficili. Ante 7, il lupo di Roccavivara, il nostro capitano, mai risparmiata una goccia di sudore, mai tirato indietro la gamba in nessun contrasto, consapevolezza e attaccamento alla maglia. Petagnone, con noi sei diventato grande, tanti goal, tanta grinta, hai preso a sportellate in bocca decine di stopper (come si diceva una volta), crescita senza limiti, dall’inizio alla fine. Emiliano saracinesca, piede sinistro da regista, paratore di primo livello, mi ricordo tante parate valevoli come un gol fatto, reattività da ventenne. Grande. E poi ci sei tu, Sergione. Un piede che ti ha fatto soffrire nel girone d’andata, poi dal sigillo contro la Sampdoria in coppa Italia, hai fatto svoltare la squadra. Non solo i gol, mai banali e spesso da campione assoluto. Torsione di testa ad Empoli, contro la Juventus facendo apparire degli esordienti i difensori della Nazionale, contro il Chievo. Controllo della palla, come io in quaranta anni di SPAL non ho mai visto, colpi di testa, non ultimo l’incrocio dei pali colpito col Milan, rigori subiti, regista d’attacco, recuperi in scivolata come un difensore d’altri tempi. Lode a te Sergio Gel, esempio, professionalità e tanta classe. Grazie per ciò che hai fatto per noi in questi fantastici anni. Io ho visto la luce dopo il tuo gol contro il Benevento, al tuo esordio, ho sognato dove saremmo potuti arrivare e siamo ancora lì. Mi scuso, mille volte con tutti gli altri ragazzi, che non ho citato, l’importanza di questo fantastico gruppo è tanto merito vostro, la squadra è un insieme, ed insieme siamo arrivati fin quassù.

Non mi dimentico, anzi mi ripeto. Grazie curva Ovest. Io abito lì dalla fine degli anni Settanta, il movimento nacque pochi anni prima, ho visto la Ovest piena e vuota, ho visto torce e fumogeni e pure telecamere, carta patinata e bandieroni di nylon pesante, ho visto striscioni storici e apparizioni sporadiche, ho visto bandiere, due aste, sciarpe e cappellini. Ho sentito canzoni antiche, “quando segnerà Pezzato, tutti insieme noi ci alzerem, ed allora griderem …” e ballate moderne, ho pianto di rabbia e pure di gioia. Ma credetemi, una curva così io non l’ho mai vista e non solo alla domenica e non solo per il calcio. Parlo di aggregazione, volontariato, progettualità, voglia di stare insieme, cultura. Cultura: non sto esagerando. Ascoltate i pensieri e le idee di tanti ragazzi che di questo movimento fanno parte. Avrebbero da insegnare a diversi sottosegretari o assessori. E’ mancata la ciliegina sulla torta domenica sera, sarebbe bastato un centimetro per far entrare quella fantastica torsione in elevazione di Sergione nostro, ma fa niente. Avrei voluto vedere Franco Ogliari, alzarsi da terra e dire: “Hei giovane, non mi hai fatto niente”, il Tigre avrebbe gridato dalla tribuna tutta la sua grinta e girandosi verso la Ovest avrebbe applaudito, un’umanità fantastica. Grazie a chi mi ha letto e a chi mi ha dato la possibilità di scrivere. Ci vediamo alla festa della curva ed immancabilmente al prossimo, fantastico campionato di serie A. Forza vecchio cuore bianco-azzurro.