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Altre diffide in arrivo per gli ultras della SPAL? Non è ancora detto, ma un comunicato della Curva Ovest lascia aperto questo scenario in relazione a (presunti) episodi di tensione in occasione del match col Parma dello scorso 5 ottobre. Ma più in generale i vertici della curva intendono fare luce e coinvolgere l’opinione pubblica sulla natura di un provvedimento – quello del Daspo (divieto di accedere a manifestazioni sportive – ulteriormente ampliato e inasprito dal recente “Decreto Sicurezza Bis” approvato dal precedente governo.


«Ogni individuo ha diritto a tutti i diritti e le libertà stabiliti nella presente Dichiarazione, senza alcuna distinzione di qualsiasi tipo, come la “razza”, il colore della pelle umana, il sesso, la lingua, la religione, l’opinione politica o di qualsiasi altra natura, l’origine nazionale o sociale, la proprietà privata, la nascita o altro stato di appartenenza.» Questa è la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, stipulata durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a Parigi, il 10 Dicembre del 1948.

La rete ci offre l’occasione di interrompere il monopolio assoluto sulla comunicazione in tema di sicurezza negli stadi, e noi intendiamo sfruttarla. Il mondo degli ultras ormai ha fin troppo chiari i meccanismi dell’impianto pregiudiziale costituito, ma è la gente comune che dobbiamo raggiungere adesso. L’opinione pubblica va messa al corrente di ciò che sta accadendo. Senza condizionamenti, senza strumentalizzazioni. Intendiamo dare ad ognuno la possibilità di giudicare i fatti in piena autonomia, perché di questo sommerso etico che raggiunge profondità clamorose non se ne sa ancora abbastanza. La citazione iniziale, che in quanto norma di diritto internazionale poi tanto citazione non è, parla di discriminazione. Ovvero qualsiasi forma di disparità di trattamento applicata a un individuo o ad un gruppo di individui, in qualsiasi ambito, e per qualsiasi ragione. E la vieta. LA VIETA!

Abbiamo sentito tirare in ballo stati di presunta “emergenza contingente”, nelle varie arringhe difensive. Laddove emergenza non esiste. Abbiamo sentito parlare di misure di sicurezza eccezionali. Laddove quelle normalmente adottate basterebbero a rendere inoffensiva la striscia di Gaza. Abbiamo assistito a fatti talmente travisati e gonfiati sui media da far gridare il lettore al genocidio, al terrorismo, all’associazione mafiosa. Laddove nulla era realmente accaduto, laddove i casi di infiltrazioni malavitose negli ambienti legati al tifo organizzato erano appunto infiltrazioni. Casi di tumori sociali indipendenti, che nulla hanno mai avuto a che fare col nostro mondo, e mai ce l’avranno.

Ciò su cui si basa la nostra crociata (perché di questo ormai si tratta), è paradossalmente una totale ammissione di colpevolezza per ciò di cui siamo davvero colpevoli. Nessuno chiede l’immunità su nulla, nessuno l’ha chiesta mai. Vogliamo pagare, se sbagliamo. Vogliamo essere giudicati, ed eventualmente puniti per le nostre mancanze. Ma vogliamo esserlo sulla base del principio costituzionale di uguaglianza. L’impianto accusatorio non può uscire dalla legalità. Il diritto alla difesa non può essere precluso. Non ci può essere pena senza che il reato venga accertato. Invece rendetevi conto di questo: nell’ambito della sicurezza negli stadi tutte le frasi di cui sopra, che parrebbero ovvietà assolute, sono in realtà gestite come nel Far West.

Lo sapete che il Daspo è un provvedimento amministrativo che viaggia indipendente rispetto al penale? Sapete cosa significa? Che magicamente non è più assoggettabile al normale decorso di un contradittorio, garantito dalla legge. Non esiste la tutela di un tribunale, se non il Tar, il quale si limita ad una verifica degli atti, udite udite. Si può basare l’impianto accusatorio su immagini video o testimonianze che in caso di daspo senza firma l’imputato non può neppure pretendere di visionare! Vi rendete conto? Se un domani un’immagine ambigua sembra ritrarvi in atteggiamenti poco consoni, dove i canoni di conformità variano dal gesto di stizza nei confronti dell’arbitro alla violenza su pubblico ufficiale, e vi vedete comminare un daspo per questo, non avrete neppure diritto a consultare quell’immagine. A confutarla, a contestare un fatto che magari veramente non avete commesso. Vi piace l’idea?

E ancora. Nell’anno domini 2019 il decreto sicurezza più in generale conferisce ad un solo individuo il potere di restringere a piacimento la libertà personale di chiunque. Di selezionare. E di farlo nella più totale autonomia, sotto il magico vessillo della sicurezza. Stiamo parlando di diritti primari della persona, porca troia! Che vengono violati nell’ambito circoscritto dello stadio, creando un’inconfutabile e inaccettabile forma di discriminazione. La ratio della dichiarazione con cui abbiamo aperto ha radici profonde. E terribili. Dalla discriminazione sono nati i peggiori crimini che la nostra storia si ricordi. Siamo diventati un esperimento sociale, ghettizzato, allontanato dall’opinione pubblica grazie ad abili distorsioni e omesse verità. Fingere di non vedere è una colpevolezza di cui nessuno dovrebbe macchiarsi.

Ma non è tutto, perché quando pensi di aver toccato il fondo ti accorgi che chi legifera è armato di piccone e badile. E scava. La legge italiana non prevede la punibilità delle intenzioni. Sembra perfino idiota doverlo sottolineare, di fronte a reati minori. Ma è un principio talmente garantito che perfino di fronte a potenziali minacce di morte non è possibile muoversi legalmente “come se”. Invece allo stadio non è così. Ascoltate bene. NON È COSÌ! Chi vi accusa non deve più neppure preoccuparsi di imputarvi un’azione concreta, gli basta presumere che intendiate commetterla. Ed ecco che anche laddove l’eventuale penale si risolverebbe con una totale assoluzione in sede di giudizio, l’amministrativo che parte in automatico verrà comunque comminato e scontato. Magari anche pluriennale, in caso di recidiva. Magari con firma.

È su queste basi insane che la scure della discriminazione sta per abbattersi nuovamente sulla nostra realtà, in seguito ai non-fatti di SPAL-Parma. Una realtà già martoriata da esperienze eclatanti. Punizioni esemplari per intenzioni supposte. Per reati non commessi. NON COMMESSI. Siamo stati avvisati dell’avvio di indagini ai danni di molti nostri ragazzi per aver impedito, con la loro sola presenza (perché non c’è stato nessun tipo di contatto), che i parmensi raggiungessero l’incrocio tra Viale Cavour e Via IV Novembre. Dove avrebbero incontrato centinaia di normali tifosi con i nostri colori in bella vista. Le nostre famiglie. Anziani. Donne. Bambini.
Lasciamo immaginare a voi cosa sarebbe potuto succedere.

Le affronteremo ancora una volta queste indagini, come abbiamo fatto con tutte le altre. Sconteremo ingiuste e assurde diffide se arriveranno, le ennesime. Ma quello che vi promettiamo è che il silenzio non avvolgerà più tutto questo. Tutti devono sapere, tutti devono giudicare, con gli elementi a disposizione. Così come dovrebbero giudicare le mancanze a 360 gradi. Tipo ritrovarsi gruppi da cinquanta o più tifosi avversari in giro per la città privi di scorta, nonostante sistemi di sicurezza che, lato nostro, rasentano la scansione della retina. Nell’ultimo anno i bergamaschi, i romani, i parmensi, solo per citarne alcuni. Con conseguenti rischi per tutti, salvo imputare eventuali disordini a chi ci si imbatte, giocoforza.

Aspettiamo dunque l’epilogo di questa vicenda prima di scegliere come comportarci allo stadio, ma di certo, dovesse arrivare un colpo duro come ci è stato preannunciato, per noi sarà difficile continuare a tifare come se nulla fosse. Aprite gli occhi gente, perché come è sempre successo, quando avranno finito con gli ultras inizieranno con qualcos’altro.

CURVA OVEST FERRARA