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Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, è intervenuto in collegamento a distanza nel corso di “Che Tempo che Fa”, il programma di Rai2 condotto da Fabio Fazio. Nel corso del suo colloquio col conduttore e con l’ospite Roberto Burioni, l’ex centrocampista della Roma ha espresso tutte le sue perplessità sull’orizzonte temporale della ripresa del campionato.

La Formula 1 ha già messo in forse i gran premi di maggio, da noi invece stiamo ancora parlando di giocare il 5 aprile. E’ chiaramente impossibile: l’auspicio è quello di poter tornare in campo forse a fine maggio, magari a giugno. Ci riusciremo se tutto va bene e se facciamo il nostro dovere e restiamo a casa. Nei giorni scorsi, attraverso un comunicato (lo si può leggere qui), abbiamo denunciato il comportamento di alcuni club, per tanti motivi fuori luogo, perché vogliono far allenare i calciatori anche in questi giorni nonostante l’orizzonte temporale nel quale si tornerà a giocare sia molto in là e ci sarà tempo per recuperare. Il motivo per il quale ci siamo attivati la settimana scorsa sta nel messaggio che il mondo dello sport deve dare: quello di concentrarsi su altre squadre che ora stanno sul campo 24 ore al giorno e ci stanno dando quella sicurezza che ci permetterà di essere sereni in futuro“.

Purtroppo quando parla la AIC sembra quasi che vogliamo tutelare esclusivamente gli interessi dei giocatori, ma vorrei ricordare che la prima squadra che ha registrato un contagio è la Pianese in Lega Pro e il magazziniere è ancora in terapia intensiva. Qua si sta parlando di un mondo di persone che ruota attorno alla squadra e credo che oggi ci siano più di cento persone in quarantena alla Juve. Persone che girano in Italia e in Europa e che in questo momento devono fare il loro compito di cittadini, che è rimanere a casa. Obbligarli a muoversi e scendere in campo è stata una forzatura e ora mi pare che anche l’Europa abbia compreso che non è un problema solo italiano e speriamo porti a rinviare l’Europeo per dare tempo. La Uefa deve comportarsi come l’Unione Europea, ossia cercare di aiutare tutte le leghe a finire i campionati e sostenersi, essere quella che dà una mano per tenere unito il calcio europeo. E’ una catena: un problema in un paese si trasmette ad altri. Peraltro gli Europei quest’anno hanno una formula particolare e si devono giocare in dodici Paesi diversi ed è improbabile pensare che ci siano dappertutto le condizioni ideali a giugno per giocare, oltretutto in stadi pieni“.