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In assoluto ci sono cose più importanti del calcio e della SPAL? Sicuro.
In questo drammatico momento di emergenza sanitaria globale ci sono cose più importanti del calcio e della SPAL? Innegabilmente.
Eppure parlare della SPAL, della sua gente, delle emozioni che ci ha regalato può essere comunque un buon modo per sentirci comunità e alleviare il grigiore di questo passaggio storico così complicato.
Così LoSpallino.com ha scelto di riproporre (col consenso degli autori) la selezione di scritti realizzati dai componenti del Collettivo Laps, che da due anni a questa parte mette insieme l’opuscolo “S.P.A.L. tra le righe“, distribuito nei giorni della festa della curva Ovest. Quattordici scrittori, anzi quattordici tifosi curvaioli spallini, che con le loro parole ci proiettano nel mondo della passione biancazzurra.


— Di padre in figlio —

di Luigi Telloli
(pubblicato nell’estate 2019)

Gli occhi dei fanciulli sono lo specchio del futuro”, rileggeva quella frase del suo ultimo romanzo. Era sabato mattina, Filippo ancora dormiva, lo avrebbe fatto riposare ancora. Aveva tralasciato l’idea di portarlo a pesca al parco urbano. Era il giorno di S.P.A.L.-Roma; aveva avuto l’occasione di avere un ingresso proprio di curva, dove aveva l’abbonamento quasi ininterrotto (parentesi Tomasi e tessera del tifoso) da quell’infausto 92-93 anno post serie B.

Decise sarebbe stato il battesimo di Filippo. Una grande squadra sì, quella di una grande città, come tutti i bambini della sua età, la S.P.A.L., nel sacro tempio.
Pippo si sveglia, corre verso il salotto e trova il papà immerso tra i libri, il pc e la macchina da scrivere.
“Mi dovevi portare a pescare!” (è incazzato nero…)
“Ci andiamo domani, oggi compriamo i vermi!”.
“Non vai alla S.P.A.L. oggi?”.
“Sì, e tu vieni con me!”.
“Ci dobbiamo ricordare i vermi…”.
L’entusiasmo che donava era sicuro nel background genetico della madre; non era certo uno dei suoi personaggi deandreiani a cui sapeva far regalare a piene mani oceani. Ma in fondo lo capiva, se stesso ottenne cui baratti due carpe pescate illegalmente, ma con l’impunibilità dell’età, ad una sgroppata di Lazzari sulla fascia.
Avrebbero consumato il loro solito pasto di quando erano soli in casa. Montagna K2 di riso in bianco e bandierina al centro, iniziando a mangiare dai bordi. Provava ad edulcorarlo con bandierine dei regimi maoisti ma Filippo voleva solo quella della Svezia.
Avrebbe sperato optasse per quella della Finlandia o della Grecia per ovvi calcistici motivi. Ai suoi occhi di ultras in quei colori vedeva solo le Brigate Gialloblù. Verso le 4 si indirizzano in direzione stadio, ovviamente Pippo ha ricordato al padre dei lombrichi. Davanti alla Ovest il piccolo esordisce con “majal che grande, è più grande del Duomo!”.

Entrano al tornello, Filippo tiene in mano la sua scatolina di bigatti. Basta un’occhiata decisa del padre nei confronti dello steward, non è proprio il caso di cagare il cazzo a un fanciullo di otto anni; tutto fila liscio. Osserva il figlio, asseconda le sue domande. Pippo è felice, ha già salutato due compagni di scuola e i ragazzini dell’Accademia S.P.A.L.. Le premesse perché in un futuro possa chiamare la Curva Ovest casa ci sono tutte.  Salgono i gradini, Sara e Dianora raccolgono le offerte per le coreografie. “Dai Pippo, dai le monetine alle ragazze…dagliele tutte ranzag!” (tutto sua madre indubbio…).
Finalmente il campo, il manto verde innaffiato a dovere come le piantine del papà. Uno spettacolo che non lascia indifferente la nuova leva: “majal che bello sembra il campo del Porta Mare!
Arriva una telefonata, è mamma…
Ciao, siete a pescare?”.
No, Laura, pioveva…”.
Sento un casino del porco…. ma sei allo stadio?“.
Siamo”.
Sei una testa di cazzo, proprio con la Roma, non potevi portarlo col Sassuolo? Lunedì facciamo i conti, seriamente, idiota!”.
Sì…”.
Pippo?”.
Pippo gli hanno regalato una sciarpa, ha mangiato il riso ed ha una scatola di bigatti in mano…”.
(risata) “Sei un idiota!”.
La partita è bella, ci sono tutti quelli famosi, c’è “Geco”, il Faraone (pettinato come le galline della nonna) e “Scik”.
Traversone di Thiago, Momo svetta, questa volta non c’è Meret, non c’è Donnarumma… gooolllll!!!!! (la scatola dei vermetti è salva).
Un padre specchia il suo pianto nella gioia del figlio.
Vorrei che fosse per sempre domenica, vorrei che fosse per sempre con te!” lo ripetono assieme, lucciconi e sorrisi si incrociano, sfociando in quell’alchimia magica che è l’amore.

Dopo mesi di paranoie un raggio di sole, nella vita di chi vinto dalla stessa, alla stessa s’è arreso. Nel secondo tempo arriva il pareggio, nessun dramma, i bambini colgono ben meglio degli adulti la bellezza del presente. Filippo sventola una bandiera che Erik gli ha prestato, canta i cori in maniera autonoma, sfancula un po’ troppo random ma è perfetto calato in quel contesto, distante dai moniti della madre. Poi la magia del tutto si compie, pochi minuti ed è ancora Fares a “pescare” Petagnone che viene steso senza troppi complimenti. Penalty. Tensione palpabile, Pippo stringe forte la scatolina, il padre girato di spalle dai tempi di Cancellato. Rete, gol, mega abbraccio, i vermi son dappertutto, pestati da tutti, una scena splatter degna di un romanzo.
Filippo è tarantolato, quasi lancia lui i cori. La curva è un tutt’uno di anime e corpi.


Forza S.P.A.L. alè
non mollare perché
questa Curva sarà
sempre vicino a te!

Il coro si protrae all’infinito come le partite quando le stai vincendo. Pippo non ha ancora parlato di pesca, non ha pianto quando ha visto i lombrichi spappolati, sventola una bandiera e continua a cantare come se ci fosse nato su quei gradoni, come se la Ovest fosse veramente il suo giardino e tutti quelli a fianco suoi fratelli. Domani sarà cotto, non avrà nemmeno la forza di andare a pescare, tutto fa parte di un divenire.
Restano dentro un’ora a fine partita, passano all’Hustariàza, mangiano il loro paninazzo crudo e mascarpone, domani passeranno da nonna a cercare i bigatti nell’orto, ma più che altro per raccontarle di quanto è bello tifare la S.P.A.L. Di padre in figlio come voleva che fosse, come di certo sarà.