In assoluto ci sono cose più importanti del calcio e della SPAL? Sicuro.
In questo drammatico momento di emergenza sanitaria globale ci sono cose più importanti del calcio e della SPAL? Innegabilmente.
Eppure parlare della SPAL, della sua gente, delle emozioni che ci ha regalato può essere comunque un buon modo per sentirci comunità e alleviare il grigiore di questo passaggio storico così complicato. Così LoSpallino.com ha scelto di riproporre la selezione di scritti realizzati dai componenti del Collettivo Laps, che da due anni a questa parte mette insieme l’opuscolo “S.P.A.L. tra le righe“, distribuito nei giorni della festa della curva Ovest. Quattordici scrittori, anzi quattordici tifosi curvaioli spallini, che con le loro parole ci proiettano nel mondo della passione biancazzurra.
— Bambini —
di Federico Pazzi
(pubblicato nell’estate 2018)
– Dedicato a tutti quelli a cui è stato impedito di vedere la serie A e di seguire la nostra Curva in questi anni, non mollate perché le favole continuano. –
“Ogni genio è un gran fanciullo, già per il suo guardare al mondo come a un che di estraneo. Chi nella vita non resta per qualche verso un fanciullo e diventa invece un uomo serio, sobrio, posato e ragionevole, sarà certo un bravo e utile cittadino di questo mondo, ma un genio non sarà mai”. Stavo leggendo questo aforisma di Albert Schopenhauer in un libro per psicologia infantile che mi ha prestato un mio collega, ed ho pensato che dovrei cercare di trasmettere la semantica di queste frasi agli adolescenti. Questo perché ho un lavoro che mi regala una grande soddisfazione: quella di poter parlare con tanti bambini. Ho ascoltato le loro storie per anni, molte ripetitive ovviamente, altre originali, fantasiose, struggenti, insomma ho scoperto il loro universo ad un’età in cui il ricordo della giovinezza tende a svanire. Però vi devo assolutamente raccontare l’incontro più stupefacente che mi sia capitato, non so come sia successo, quale incredibile magia o miracolo sia accaduto… ma è andata proprio in questo modo, credetemi, forse solo Schopenhauer non ne sarebbe stupito. Iniziò tutto a fine maggio del 2017. Ero seduto in una panchina vicino al luogo dove lavoro, quando si avvicinó questo bambino apparentemente intorno ai dieci anni, notando la mia maglietta della S.P.A.L. mi guardò e sorrise. “Quante cose belle sono successe da quando seguo la S.P.A.L.”, disse con grande candore sedendosi al mio fianco. Pure io sorrisi pensando a quanto fosse fortunato per la sua età: essersi visto una doppia promozione, la seconda addirittura nella massima serie del campionato di calcio. Poi, incurante delle mie domande sul nome e la sua età, iniziò a raccontarmi delle prime esperienze al seguito dei biancazzurri.
“Un giorno mio nonno mi prese da parte e mi disse: andiamo a Mestre. Mestre nel mio mondo era un paese lontano senza confini con cui identificarlo, un viaggio che poteva essere interminabile oppure lungo come la durata della sigaretta del nonno. Molta nebbia, molte parole venete, una grande emozione perché era la mia prima trasferta con la S.P.A.L. Purtroppo perdemmo 4-0, segnò sempre Tappi, il suo nome è ancora impresso nella mia memoria, ancor oggi lo odio profondamente perché ha rovinato il lungo viaggio che ci ha riportato a Ferrara. Tappi per me rappresenta il personaggio negativo dei cartoni animati”. Come?!?. Rimasi interdetto. Non ricordavo esattamente l’anno, ma con la Mestrina si giocava agli inizi degli anni ‘80 e questo bambino era nato più o meno tra il 2006 e il 2008, chiaramente non prima. Cercai gentilmente di fargli notare che la sua storia era probabilmente ripresa da aneddoti raccontati da qualche adulto. Anche in questa occasione, mi guardò sorridendo ma sembrava indifferente alle mie repliche. Continuò infatti a narrarmi in maniera del tutto naturale altri episodi.
“Sai, le mie trasferte con la S.P.A.L. poi sono diventate più frequenti, un momento di socialità e condivisione con i miei amici. Una volta andammo ad Arezzo, una trasferta complicata sotto ogni punto di vista, sia per la rivalità tra tifoserie che per la classifica. Eravamo in serie C, già si chiamava ancora così, successe di tutto: una bella vittoria ma anche tanti vasi e sassi che ci hanno lanciato contro“. Ormai ero totalmente basito dal suo linguaggio, dalla descrizione dell’evento, ma soprattutto dalla certezza che la cronologia degli eventi non potesse combaciare con la sua giovanissima anagrafica. Balbettando parole senza senso, provai a domandargli nuovamente da chi avesse ascoltato questi racconti, ma il bambino sorrise compiaciuto. “E comunque finalmente siamo in serie A! Sono veramente felice, un sogno si è avverato. I cattivi dei cartoni animati stavolta hanno perso!”, disse nuovamente sorridente. In effetti la promozione della S.P.A.L. ha reso vivo un immaginario collettivo che almeno una generazione intera aspettava. Seguire la S.P.A.L. è da sempre una passione che prescinde dall’esito sportivo. Mentre ragionavo silenziosamente il bambino, così come era venuto, decise di alzarsi dalla panchina, mi salutò sempre con quel suo sguardo innocente e sereno, si fermò un attimo ma poi riprese la sua strada. Rimasi diversi minuti fermo a cercare di capire cosa mi fosse capitato, da quale strano mondo venisse, perché avesse parlato di quei pochi ma significativi eventi. Un anno dopo la S.P.A.L. è riuscita a ottenere una meritata salvezza, conquistata con grinta, sudore e tutta quella sana provincialitá che solo le piccole squadre si portano appresso.
Qualche giorno fa, seduto sulla mia solita panchina a leggere questa volta un articolo di giornale sulla conferma dell’allenatore della squadra estense per la prossima stagione calcistica, mi venne a salutare un uomo più o meno della mia età. Si sedette di fianco a me. Non ricordavo di conoscerlo, però aveva un ghigno già visto, un’espressione del volto che mi suggeriva un ricordo. Poi iniziò a parlarmi, in maniera del tutto naturale, spontanea e quasi fraterna. “Nella vita talvolta i cattivi dei cartoni animati riescono a vincere. Peccato perché quest’anno non sono potuto venire a vedere la S.P.A.L.”. Non credevo ai miei occhi! Riconobbi il suo modo di parlare e quello sguardo che già mi colpì l’anno prima dopo quello straordinario incontro con il bambino. Era lui, era indubbiamente lui, invecchiato, ma non abbattuto o triste, leggermente malinconico forse, ma con la suadente energia dell’anno precedentemente. Avevo mille domande da porgli: come hai fatto a crescere in soli 12 mesi? Chi sei veramente? Perché non hai potuto seguire la S.P.A.L.? Ma sono certo che non mi avrebbe dato alcuna risposta. Continuò a parlare, guardandomi dritto negli occhi. “L’uomo è un genio quando sta sognando, ed è vero, perché bisogna essere incredibilmente romantici e folli per sentirsi vivi, ma soprattutto per continuare a coltivare l’aspirazione di voler restare fanciulli. E se gli incubi durano un anno o più, alla fine terminano con il risveglio di noi bambini”. Non capivo esattamente cosa mi volesse dire, ma fu lui a salutarmi e spiegarmi tutto. “Ci vediamo l’anno prossimo, spero di rivederti, qui oppure al solito posto”. “Ma come farò a riconoscerti se ogni anno cambi?“, sussurrai con un filo di voce. “Nessun cattivo dei cartoni animati ha mai reso eterno un uomo, ma sicuramente davanti a loro torneremo a essere eterni bambini”.