Mi sono definitivamente innamorato dello sport con la palla a spicchi, di quella squadra e di quel palasport esattamente il 3 dicembre 2006. Ricordo quella domenica pomeriggio come fosse oggi. Non mi aspettavo di vivere emozioni così forti, sin da subito: era una Ferrara-Caserta che valeva per i piani alti della classifica e all’interno di quelle quattro mura si respirava un’atmosfera incredibile. Fuori file interminabili ai botteghini, dentro un caldo insostenibile e gente stipata in ogni dove. Ricordo che fui costretto a sedermi sulle scale, seggiolini vuoti non ce n’erano proprio. Rimasi estasiato dalla bellezza di quello sport: dinamico, veloce, senza un attimo di pausa. Ma fu soprattutto quello che c’era attorno a colpirmi: da una parte i NUF, il tifo organizzato ferrarese, e tutti i 3.500 dell’allora PalaSegest (oddio, forse qualcuno in più) a sostenere i propri beniamini. Dall’altra i tifosi casertani, arrivati in massa dalla lontana Campania, rumorosissimi. Mi gasai non poco: quell’atmosfera mi piacque immediatamente, tant’è che – a distanza di 14 anni – ho ancora la pelle d’oca a ricordarla. Da quel palasport non mi sono staccato più, ormai credo di conoscere a memoria ogni suo angolo. Quei dannatissimi pali in curva che ti ostruiscono la visuale, quella tribuna rossa a volte un po’ troppo silenziosa, quelle gradinate che un tempo lo erano davvero – perché ora i seggiolini sono pure lì. Sono passato da perdere la voce in curva ogni domenica a raccontare le vicende di questa squadra dietro la tastiera di un pc. Tutto partì da quel 3 dicembre 2006 (per la cronaca, vinse Caserta 67-61, ma non me ne fregò più di tanto, avevo già deciso che le mie domeniche pomeriggio da quel momento le avrei passate in quel palazzetto), ma un anno e mezzo dopo vivemmo l’apoteosi della promozione in Serie A. E dopo questa lunga premessa, è di quel giorno che vi voglio parlare. Del mio 14 aprile 2008, lontano da Fabriano, ma attaccatissimo alla radio, per un’ora e mezza che sembrò interminabile e che alla fine regalò a noi ‘baskettari’ ferraresi un’emozione unica e forse irripetibile.
Quella squadra, la Carife della promozione, era davvero forte. Collins, Jamison, Nnamaka, Farabello, Allegretti, Zanelli, Masoni, capitan Foiera, Sacchetti. Brian l’ho tenuto per ultimo non a caso: quel 3 dicembre 2006 lui c’era già e diventò subito il mio ‘idolo’. Avevo nove anni e non ricordo neppure il motivo di questa mia scelta: non era il giocatore più forte di quel gruppo, eppure ho sempre avuto un debole per lui. Poi Brian ha fatto una signora carriera, magari ne avevo già intravisto le potenzialità… nel frattempo, conservo ancora con cura nell’armadio la sua canotta numero 14 autografata. Durante quella stagione la Carife restò sempre in testa, e scherzo del destino, a inseguire c’era Caserta. Ma arriviamo al dunque: il 6 aprile perdemmo abbastanza inaspettatamente in casa contro Rimini, di un misero punticino. L’appuntamento con la festa era solo rimandato.
14 aprile. Lunedì. Ad essere sincero non ricordo perché spostarono la partita un giorno avanti rispetto alla consueta domenica. Ricordo solo che fui triste: avevo undici anni, mio padre lavorava e non potei seguire fisicamente quell’evento che aspettavo ormai da un po’ di tempo. Certamente la mia assenza a Fabriano non si è fatta sentire, perché la truppa di coach Valli fu seguita dal suo esercito, uno stuolo di ferraresi che invase il palasport marchigiano. D’altronde, l’occasione era troppo ghiotta per lasciarsela scappare. Io mi dovei accontentare di seguire la partita attaccato alla radio, quella Rete Alfa che ora non c’è più e che mi teneva compagnia anche nelle trasferte precedenti. La voce di Lorenzo Montanari, l’accensione della radio alle 17.45 in punto per essere sicuro di non perdere proprio nulla. Un’esperienza che potrei definire quasi religiosa, perché immaginarsi un pick and roll Collins-Jamison, o una tripla di Zanelli dall’angolo, non era affatto facile. In realtà quella partita si giocò dopo cena, era un lunedì sera qualunque, ma non per me: il volume era a palla, volevo sentire tutto quello che accadeva nei minimi dettagli. Mia madre insisteva per abbassare, voleva vedere la tv in santa pace, ma non c’era verso. E ogni secondo che passava, invidiavo sempre più chi era a Fabriano.
Ero agitato, sudavo. La vivevo in uno stato di trance, come se fossi davvero là anch’io. Si intrufolava sempre di più nei miei pensieri la convinzione che mancasse davvero poco: e infatti, fu così. Vincemmo 81-74. Esplosi in un urlo di gioia, credo di avere svegliato chi già dormiva, ma non me ne poteva fregare di meno: la mia squadra in serie A, la mia città in serie A, quello sport magnifico che seguivo soltanto da un anno e mezzo mi aveva già regalato un’emozione del genere. Non ho mai avuto la fortuna di vederla, quella partita: ancora oggi posso soltanto immaginarla. Ma le emozioni che ho provato, e che abbiamo provato, quelle sì che le abbiamo vissute per davvero, anche a distanza. Buon dodicesimo anniversario, “Carife Ferrara in Serie A 2008/09, io c’ero”.