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Sergio Floccari non ha intenzione di passare dietro a una scrivania nell’immediato: il capitano della SPAL, che compirà 39 anni a novembre, ha utilizzato un’intervista concessa a Fanpage.it per rendere nota la sua volontà di continuare a giocare a calcio almeno per un’altra stagione sportiva. Uno scenario che peraltro era stato anticipato dal presidente Mattioli in una recente conferenza stampa.

Ora sto facendo un ritiro – ha dichiarato Floccari – e mi conviene tirare lungo fino all’anno prossimo: fare una preparazione a maggio e poi smettere è da pazzi (ride, ndr). Al di là di questo, fin quando c’è la passione, ci si diverte e si riesce a restare competitivi, penso si debba continuare a giocare. Questo è il lavoro più bello del mondo e continuerò a farlo finché sarà possibile. Poi è chiaro che non decido solo io e bisognerà vedere se la mia volontà coinciderà con le idee della società. Ma questo lo capiremo insieme. Immagino che nel futuro proverò a rimanere in questo mondo. Non da allenatore, ma più come una figura dirigenziale. Studiando, perché per ogni ruolo serve tanto lavoro. Ho un bagaglio importante in termini di esperienza ma bisogna migliorare le conoscenze specifiche. Un percorso importante lo vedo così: esperienza, conoscenza e studio“.

Floccari insomma lancia la palla nel campo dei dirigenti e la pratica sarà tra quelle che il nuovo direttore sportivo Giorgio Zamuner dovrà prendere in esame. Anche perché il numero dieci non perde occasione di sottolineare quanto Ferrara stia rappresentando una tappa importante della sua esperienza da calciatore: “Prima di venire a Ferrara non conoscevo molto l’ambiente, ma sin dal primo giorno ho trovato grande entusiasmo. È un po’ quello che mi serviva in questa fase della carriera: una realtà genuina, pulita, sana. L’ambiente ti permette di vivere una città splendida, la gente è calorosa ma ti lascia vivere. Il club è organizzato e si è sempre migliorato con le strutture, perché ha delle ambizioni e c’è una progettualità, l’idea di continuare a crescere mattoncino su mattoncino. Ho trovato un mix di cose che mi ha ridato l’entusiasmo che avevo nei primi anni di carriera“.

Un altro passaggio importante dell’intervista, che conferma ancora una volta lo spessore del capitano spallino, riguarda la ripresa del campionato e la retorica del calcio come veicolo di speranza per un paese che ha visto 34mila cittadini morire a causa delle conseguenze del virus Covid-19: “Non mi piace dire che il calcio aiuti le persone a tornare alla normalità. La sento spesso questa frase in giro, ma non è così. Tornare alla normalità è diverso per ognuno di noi. Ci sono posti dove le persone hanno vissuto drammi incredibili e ancora li stanno vivendo. Il fatto che io giochi a calcio non so quanto gli possa interessare. Sono molto sincero su questo tema: non mi sento di dire che stiamo facendo qualcosa di straordinario. Stiamo facendo il nostro, punto. Vallo a raccontare alle famiglie di Bergamo che io riprendo a giocare e loro tornano alla normalità. Vallo a raccontare a chi ha perso la mamma o il papà. Le persone hanno la loro sensibilità e hanno vissuto dei drammi. Ci sono territori colpiti pesantemente, 34mila morti. Sta alla sensibilità di ognuno di noi capire quello che è successo. Non mi sento di dire che il ritorno del calcio possa rappresentare la normalità per persone che hanno subito dei lutti. Bisogna essere consapevoli di quanto accaduto e riuscire, da questo, a ripartire“.