Qualcosa è andato storto con l’esperienza di Sebastiano Esposito (2002) alla SPAL e la sensazione è che quelle fornite da Pasquale Marino in conferenza stampa rimarranno le uniche spiegazioni disponibili pubblicamente per l’epilogo ormai delineato.
“Il ragazzo quest’anno è stato penalizzato dal ruolo, per come giochiamo non ha potuto esprimere le sue qualità. Nella sua testa penso abbia deciso di andare via. In altri posti può trovare una soluzione tattica differente per esprimere le sue qualità, che sono tante”. – Pasquale Marino, 13 gennaio 2021
Per prima cosa vale la pena provare a ragionare sul tema dell’eventuale incompatibilità tecnica col gioco della SPAL 2020/2021. Esposito è arrivato alla SPAL a fine settembre 2020, con la prima di campionato ormai alle porte e soprattutto quando ormai era chiaro che un mercato stagnante avrebbe lasciato al proprio posto giocatori come Castro, Valoti, Di Francesco e Paloschi. Elementi che insieme non sarebbero potuti essere collocati in un ideale 433 mariniano e che avrebbero imposto di variare periodicamente lo spartito in base alle esigenze. Cosa che è puntualmente avvenuta, come peraltro spiegato dallo stesso allenatore prima di Sassuolo-SPAL di Coppa Italia: impostazione di base con la difesa a tre e due esterni, per il resto varietà di soluzioni. Si è partiti con un 343, per poi deviare sul 3412, sulla variante con i due trequartisti in appoggio al centravanti (3421) e infine sul più classico dei 352 (come ad esempio a Frosinone).
Esposito stesso, nel giorno della sua presentazione, s’era descritto principalmente come una seconda punta:
“Il ruolo è indifferente, posso giocare in qualsiasi posizione mi dirà il mister, ma se dovessi scegliere direi seconda punta col trequartista alle spalle”. – Seb. Esposito, 1 ottobre 2020
Uno dei problemi è che nel ruolo di seconda punta non ci ha giocato quasi mai. Un po’ perché non era previsto così spesso dall’idea di gioco e un po’ perché la SPAL ha avuto altre necessità. Nella parte iniziale del campionato, complici i problemi fisici di Paloschi e Floccari, il giovane attaccante si è quasi sempre ritrovato a giocare da centravanti per evidente mancanza di alternative migliori. I risultati non sono stati propriamente entusiasmanti, con una media-voto di 5,84 da parte della stampa accreditata e la sensazione che il ragazzo sentisse la necessità di essere sempre decisivo o in grado di dominare il gioco una volta conquistato il pallone. Ciononostante da parte di Pasquale Marino è sempre arrivata una difesa d’ufficio. In più occasioni il tecnico ha sottolineato come Esposito fosse da apprezzare per lo spirito di sacrificio in un ruolo non suo. Ad esempio dopo Empoli-SPAL 2-1:
Lo zero alla casella “gol fatti” dopo i primi due mesi, nonostante una titolarità praticamente indiscutibile, ha senz’altro contribuito ad alzare una pressione che Esposito si è portato dietro fin dal principio, a causa della vastissima attenzione mediatica che gli è stata riservata dopo i precoci debutti in serie A, Europa League e Champions League con la maglia dell’Inter.“Sebastiano non è una punta centrale di ruolo, questa sera si è adattato. A partita in corso l’ho messo sul centro sinistra per provare a sfruttare le sue qualità e perché a lui piace svariare su tutto il fronte d’attacco e attaccare la profondità. Si è sacrificato, non posso chiedergli di più: è una seconda punta e non ha le caratteristiche di un attaccante centrale”. – Pasquale Marino, 20 ottobre 2020
Dopo il primo (e unico) gol stagionale, peraltro segnato a tempo quasi scaduto in SPAL-Pescara 2-0 su assist di Valoti, lo stesso Esposito aveva dichiarato a Dazn di sentirsi finalmente sollevato di un peso:
“Se vi soffermate sull’episodio dell’altra volta, in cui mi avete visto scontento in panchina, era perché non avevo fatto gol dopo sei presenze. Non ho nulla contro allenatore e società, anzi ho solo da ringraziarli perché mi stanno aiutando tanto a dare il massimo e li ringrazio. Il primo ad aspettare questo gol ero io, con tutta la mia famiglia”. – Seb. Esposito, 21 novembre 2020
In quel periodo (fine novembre 2020) erano già iniziate a circolare indiscrezioni su un presunto scontento per la scarsa considerazione di Marino, nonostante Esposito fosse il quarto giocatore più utilizzato tra quelli in rosa. Tanto che il diretto interessato utilizzò l’occasione per smentire vigorosamente le voci di una sua partenza a gennaio e ribadire il suo coinvolgimento nel progetto della SPAL.
“Quelle che alcuni giornali hanno scritto su di me sono tutte cazzate, e mi scuso per il termine. Vado al campo d’allenamento pieno di entusiasmo e non mi va di leggere sui giornali che vorrei cambiare squadra o tornare all’Inter a gennaio. Non se ne parla”. – Seb. Esposito, 21 novembre 2020
Qualcosa però aveva già iniziato a incepparsi. Lo dicono i numeri, non le chiacchiere. Con i ritorni dagli infortuni di Paloschi e poi di Floccari, il minutaggio di Esposito è calato drasticamente fino a quasi azzerarsi, rivelando un’evidente preferenza di Marino per i più esperti colleghi. In casi del genere la spiegazione più logica ed elementare è anche quella che probabilmente si avvicina di più alla verità: le prestazioni in allenamento non sono state sufficienti per mettere in discussione le gerarchie delineate dall’allenatore e dal suo staff tecnico. Almeno, non nella misura attesa. Questo può aver generato irrequietezza, facendo deteriorare la situazione fino al punto di non ritorno.
Viene difficile pensare che Marino, un allenatore tra i più esperti del nostro calcio e che ha avuto a che fare con giocatori molto importanti, abbia deciso di rinunciare a Esposito sulla base di un pregiudizio o di un capriccio. E’ invece più probabile che il mister sia rimasto insoddisfatto per quanto visto sul campo, sia in termini di qualità, sia nell’atteggiamento generale. A maggior ragione nel contesto di una squadra che è chiamata a lottare per posizioni di vertice e che quindi non può permettersi troppi passaggi a vuoto.
In casi di questo tipo non è campato per aria pensare che alcune certezze del calciatore siano venute meno, che alcune aspettative che lo circondavano possano essersi rivelate eccessive e che l’idea di cambiare aria abbia prevalso nella testa di quello che è – spesso lo si dimentica – un ragazzo di appena 18 anni etichettato da più parti come un potenziale campione, ma che è alle prese con la prima vera esperienza fuori dal calcio giovanile e lontano dalla casa-madre, ossia l’Inter. Non sarebbe la prima volta in cui un talento conclamato finisce col sottovalutare inconsciamente le difficoltà, in campo e fuori, di una categoria che non conosce e che può legittimamente (o meno) ritenere stretta per le sue qualità. Di esempi in tal senso ce ne sono dozzine e il clamore mediatico che accompagna ogni singola mossa di Esposito probabilmente non aiuta a valutare la situazione con la serenità necessaria.
Peraltro di attaccanti promettenti usciti dalle giovanili dell’Inter, alcuni dei quali segnati col marchio dei talenti di prim’ordine, ne abbiamo visti diversi nell’ultimo decennio. Per citarne qualcuno: Longo, Livaja, Bonazzoli, Puscas, Manaj, Pinamonti, Kouamé, Colidio. Tra questi i due ad aver fatto i progressi più interessanti sono stati Bonazzoli (1997) e Pinamonti (1999), ma entrambi al momento faticano a imporsi con continuità, tanto da essere finiti a fare da alternative negli attacchi di Torino e Inter.
Probabilmente, come capita tra le persone nella vita di tutti i giorni, la SPAL ed Esposito si sono incontrati nel posto giusto, ma nel momento sbagliato. Provare a cambiare la sostanza delle cose rappresenterebbe una perdita di tempo tanto per la squadra quanto per il giocatore, per cui è sensato separarsi per voltare pagina. Sullo sfondo c’è l’Inter, interessata a valutare la maturazione del ragazzo dopo dieci mesi di esperienze nuove, a prescindere dall’effettivo minutaggio. Quello che una volta veniva comunemente chiamato “farsi le ossa”.
La SPAL andrà in cerca di un giocatore maggiormente compatibile con le idee dell’allenatore, mentre Esposito proseguirà il proprio percorso con altri cinque mesi di serie B, pare a Venezia, dove peraltro condividerà lo spogliatoio con Forte, un altro ex nerazzurro. Solo il tempo – o meglio il campo – dirà se il ragazzo di Castellamare di Stabia è stato un giovane e potenziale campione incompreso oppure un talento rimasto privo dell’adeguato innesco.