Guarda Drugster, dato che hai un governo “all’altezza”, secondo me dovresti emanare un DPCM. Se non sai fare chiedi a Beppe. Ecco, se posso, in questo decreto dovrebbe essere inserito un unico comma, la S.P.A.L. non può perdere, mai! In questo periodo dove non esiste più la socialità, per non parlare del socialismo, dove da un anno siamo costretti a seguire la beneamata alla radio o peggio alla tv, le sofferenze sportive vengono amplificate dai patologici spallopatici, quali noi siamo. Sabato, come altre volte, abbiamo dimostrato di essere Dottor Jekyll e mister Hyde: ad un primo tempo sciapo, senza sale, senza grinta e mordente, condito da errori frequenti ai Tre Campi – molto meno in campionati professionistici – abbiamo abbinato un secondo tempo orgoglioso e degno. Ecco, vorrei citare un nome, non lo faccio quasi mai, ma credo sia importante. Paloschino. I detrattori seriali di un ragazzo che è un gran professionista, che lotta, combatte, sbaglia e poi ri-lotta e ri-combatte, non hanno capito che Alberto incarna lo spirito biancazzurro che tutti vorremmo vedere. Ieri l’Empoli ci ha dimostrato di essere più forte. Che c’è di male? Questo ha detto il campo, ma a noi quello che dice il campo ce ne frega poco.
Non so se vale per tutti gli habitué, ma vedere o ascoltare la mia squadra da lontano mi genera dei sentimenti contrastanti. Certo la sofferenza e la gioia amplificati dalla presenza sugli spalti non è nemmeno paragonabile. Io ad esempio non ricordo mai una sofferenza fisica pari o uguale all’ultimo campionato di B. Ma l’angoscia della lontananza poi sedimenta per tutta la settimana. Non partecipare e non esserci mi causa malessere fisico, apatia, abulia, nessuna spremuta di endorfine, niente di niente. Mi capita di aprire e chiudere Wikipedia, LoSpallino, il sito internet della società e i giornali locali per carpire novità, statistiche che oramai conosco a memoria. Segnali di squilibrio, a mio avviso, da non trascurare. Poi non ultimo, il fatto di non essere il Real Madrid rigenera dalle ceneri i detrattori seriali, quelli dalla critica distruttiva, che puntigliano sul modulo, sui passaggi indietro, gli stessi detrattori di Semplici ora lo sono di Marino, utilizzando bene o male le stesse parole, trite e ritrite, sentite nei vari processi del lunedì che riempiono i loro curriculum.
Stiamo recuperando giocatori in attacco, siamo un po’ stanchi in difesa, abbiamo un buon centrocampo (con alcuni limiti), ma siamo ancora lì. Sarebbe da capire come possiamo avere due facce così diverse: orripilanti prima di prendere uno schiaffo, belli e rabbiosi dopo averlo preso. Lasciamo stare le leziosità, stiamo sul pezzo per evitare errori da scuola calcio, prendiamo il buono di ciò che abbiamo fatto e proviamo a mantenerlo per 95 minuti. Dice: grazie al picchio. Eh lo so che tra il dire e il fare c’è di mezzo il dire. Come al solito verso la fine del pezzo mi incarto, i pensieri mi si inchiodano nel collo di bottiglia della mia piccola testa e generando un groppo, ma bisogna accontentarsi, altrimenti sarei Gianni Brera. Io sono e rimango fiducioso. Non per il risultato finale di cui non ho certezze, ma sul fatto di combattere sempre e fino alla fine. Hasta siempre dice il mio avatar. Grinta, coraggio e orgoglio, giocando sulle uova, anche se in punta di piedi faremo una frittata. Io ci credo in una primavera da protagonisti. Poi, per tornare ad un discorso che ho fatto poche righe più in alto, la S.P.A.L. in tv quasi mi urta i nervi. La telecronaca asettica, sentire frasi riutilizzate due milioni di volte da Tutto il calcio minuto per minuto, senza averne il carisma dei commentatori di allora, mi allucina. Sabato ho ascoltato Sandro togliendo l’audio, fino a quando la discrepanza temporale me lo ha permesso, poi ho dovuto spegnere la radio che era trenta secondi indietro, onde evitare di mandare in overflow il mio povero neurone.
All’arrembaggio tigrotti (cit.)
Non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta (cit.)
Forza vecchio cuore biancazzurro