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Dite quello che volete, imprecate alla luna, offendete i giocatori fino ai loro avi del XV secolo, arrovellatevi sui perché e i per come. Ma non parlatemi di fallimento. Io quelli li ho visti davvero, ho passato estati senza sapere se avrei avuto ancora una squadra. Anni che a passare dalle parti di corso Piave si sentiva puzza da morto. Questo è il preambolo di ciò che voglio dire. A patto di sapere se c’è qualcosa di semi-intelligente da dire. Quest’anno è stato un anno figlio dell’anno precedente, un grandissimo figlio di Covid. Forse abbiamo avuto tutti una convinzione sbagliata, da quasi due anni, cioè quella di essere una squadra forte, talmente forte da meritarci la serie A l’anno scorso e di poterla raggiungerla quest’anno, facilmente, magari lottando per i primi due posti. Così non è mai stato. Cioè, non è che se hai giocatori con stipendi da nababbi per la serie B significa che quella categoria la vinci.

Il percorso della SPAL dei Colombarini (lunga vita a loro) si è basato sulla competenza nella gestione della società, sulle capacità di acquisire uomini prima che giocatori, nella fortuna di incontrare un allenatore che ha radicalmente cambiato la storia della nostra vita. La mia sicuramente sì.
Ricordo per i più distratti: Rossi / Gadda / Brevi / Di Biagio / Marino / Rastelli, questi sono stati i mister che si sono avvicendati dal 2013 al 2021. Non c’è mai stato Guardiola.
Dice: “Ma non te ne sei dimenticato uno?“.
Dabòn?
No, non me lo sono dimenticato, l’ho tenuto per ultimo, perché è fuori classifica, sta oltre l’Olimpo, rimarrà seduto sulla mia panchina per sempre. Mister Semplici, abbiamo avuto l’occhio e il culo di trovarlo come ciclone e special One dei campionati minori. E’ stato nostro per un tempo lunghissimo, io avrei preferito per l’eternità. Ma sappiamo che l’eternità nel calcio non esiste. Ora mi chiederete, o forse no, ma ti pare questo il momento di tornare a fare il piagnone sul latte versato, sul passato che non torna, su Terni, Cesena, Empoli, Verona, Latina, sui successi in serie A? Sui punti strappati coi denti a corrazzate di miliardari, che indossavano pannolini per l’incontinenza maschile durante il boato dei ventimila al Mazza, per non parlare dell’euforia che ti migliorava la vita, oppure sul girone di ritorno di quella serie B, quando io ho smesso di dormire a gennaio? Sì, a me sembra il momento. Non ve lo scordate voi avvelenati che sprizzerete odio da tutti i pori, perché eravate gli stessi che chiedevano la testa di Leo dopo tre mesi di serie A. Non fate finta di esservelo dimenticato, maremma impestata, io non l’ho fatto di certo.

Perché questo campionato mi ha fatto schifo? Per la mancata promozione? Macché. Perché io e qualche altro migliaio di persone non abbiano potuto partecipare. Poi certo, ci sono ragazzi che hanno avuto il mal di pancia a giocare in serie B, certo, gente che prende uno stipendione, che si ritiene di categoria superiore, ma che avrebbe fatto la panca al Torneo di Marrara tra le fila del Bar Trentino degli anni Ottanta. La SPAL è il punto di arrivo di una carriera, se qualcuno non lo ritiene tale deve andare a sbadilare ghiaia in una cava.

Di chi sono le colpe? Vanno distribuite.
La società ha come primo compito quello di sopravvivere, quello di tenere a galla una barchetta il un oceano di merda che è il calcio moderno. La solita anomalia, nota da anni. Certo come l’oste, si è di molto sopravvalutato la qualità del vino. Dal mercato invernale del 2020, pre-Covid di un mese, ci si è riempiti la cantina di Tavernello pagato come l’Amarone della Valpolicella. Da li è iniziata la frana, che poi è diventata valanga. I piedi sono una dote, il carattere no. Quello si costruisce, si crea e si può pure migliorare. Credo che si sia ampiamente dimenticato qual è il nostro livello. Personalmente ho visto tanta di quella serie C e peggio che ne avrei abbastanza per alcune vite. In tanti, che poi ho ritrovato sugli spalti negli anni ruggenti ci dicevano: “Ma ancora alla SPAL andate? Ma in che categoria gioca? Serie Z?“. Ecco io, come tutti i vecchi mi ricordo di queste frasi di merda, mi ricordo pure i volti. Noi siamo uno Yacth di lusso per la serie C, un moderno catamarano per la pesca allo sgombro, di quelli che a mezzogiorno ti preparano i maccheroncini con le canocchie e un trebbiano freddo, per la serie B, una canoa di plastica della Decatlon per la serie A. Ecco questi siamo. Con quella cazzo di canoa però abbiamo affondato Roma, Lazio, Atalanta, Juventus, Torino, Parma, Bologna, abbiamo ammaccato Napoli, Inter, Milan e altre squadrette del genere.

Come sempre, quando scrivo di SPAL, non ho un punto d’arrivo, non ho alcuna morale da snocciolare alla fine del pippone. La SPAL ha una storia Orwelliana, la verità è menzogna, la menzogna è verità, così come per noi la sconfitta è vittoria (Terni) e la vittoria è sconfitta (Verona). Cosa mi aspetto dal prossimo campionato? Una bella pulizia, molti giovani, il mantenimento della categoria, pochi proclami da parte della società, nessun volo pindarico e in ultimo il mantenimento della categoria. Chi pensa che, per il solo fatto di avere annusato i night con le lenzuola di seta siamo diventati tutti come Rocco non ha decisamente capito nulla. Aggrappiamoci alla serie B, salutiamo con il magone gli ultimi eroi che fecero l’impresa e ricominciamo.

Cosa mi fa star più male? La mancata promozione? Ma no, non scherziamo. A me fa star male il fatto di non vedere più capitan Floccari in campo il prossimo anno. Mi dispiace di non aver potuto celebrare come si deve una campione che mi ha straziato il cuore da quell’elevazione contro il Benevento, di non aver potuto palleggiare con lui. Dobbiamo ripartire il prossimo anno con maggior umiltà, con maggior coraggio, con la forza e la grinta che da almeno due anni abbiamo un po’ perso. Non è stato un fallimento, abbiamo sfiorato i play off. Ora cambiamo pagina. Un amico mio dice che se ci saremo noi, il prossimo campionato sarà fantastico, questo è quello che voglio e quello che spero. Forza vecchio cuore biancazzurro.