Il congedo della SPAL, intesa come gruppo di giocatori, dal proprio pubblico chiuso fuori dallo stadio è stato aspro, rabbioso, carico di tensione. Non poteva essere diverso per una stagione segnata da un fallimento sportivo conclamato. All’incirca 250 tifosi, allineati dietro un più che eloquente striscione, hanno presidiato per una ventina di minuti il parcheggio del centro sportivo “G.B. Fabbri” per contestare apertamente il gruppo che ha chiuso al nono posto il campionato di serie B, mancando la qualificazione ai playoff. Si è trattato di un appuntamento già annunciato da un paio di giorni dalla curva Ovest, tanto che ad osservare la scena c’era uno spiegamento di forze dell’ordine, in divisa e in borghese, da far invidia a una visita di un capo di Stato.
La squadra, accompagnata da staff tecnico e dirigenza al completo, ha ascoltato gli ovviamente poco lusinghieri cori e ha incassato una buona dose di insulti, anche ad personam. Ad esempio quelli riservati ad Alessandro Murgia, scelto a titolo di esempio per rappresentare l’archetipo del giocatore che non si vorrebbe più vedere in campo con i colori della SPAL. “Tu la maglia non l’hai mai sudata, – gli ha fatto presente una voce attraverso un megafono – nessuno di voi l’ha mai fatto. Vi avevamo chiesto solo una cosa: di onorare la maglia, ci avete sputato sopra. Non meritate rispetto, siete dei pagliacci“.Il riferimento è all’incontro dello scorso febbraio tra squadra e curva, all’indomani della rovinosa sconfitta interna con la Reggina. A quel tempo Pasquale Marino, allora allenatore della SPAL, garantì che il messaggio era stato recepito. Nel frattempo a pagare il conto di prestazioni sotto la media è toccato a lui e anche questo è stato uno degli argomenti sollevati, per quanto sommariamente, nel corso della contestazione di mercoledì. Non una parola è stata rivolta a Rastelli o alla SPAL intesa come organizzazione societaria.
Murgia, da parte sua, ha fatto qualche passo avanti in direzione delle transenne che lo separavano dalla folla e ha anche provato ad abbozzare una replica, prontamente troncata da altre parole tutt’altro che d’ammirazione. Ci ha provato Sergio Floccari, il capitano prossimo al ritiro dal calcio giocato, a esprimere un pensiero per conto del collettivo: “Qualsiasi cosa io vi dica non servirebbe a un cazzo, quindi ce ne stiamo qui e ascoltiamo quello che avete da dire. Poi ognuno si guarderà allo specchio e saprà se ha fatto il suo dovere o meno“. Ma il suo tentativo di conciliazione non è esattamente andato a buon fine, principalmente perché qualcuno gli ha chiesto di dissociarsi da alcuni giocatori considerati dei mercenari completamente disinteressati alla maglia e alla storia che rappresenta. Floccari si è opposto, ribadendo che è stato fatto il possibile per onorare l’impegno preso nei confronti della tifoseria.
Al momento dei saluti, prima che squadra e tifosi imboccassero direzioni opposte, è arrivata un’ultima raccomandazione. Anzi, una raccomandazione e un augurio. La prima: di trovarsi una squadra diversa dalla SPAL. La seconda: di trasferirsi in una piazza decisamente meno tollerante nei confronti dei giocatori, possibilmente di quelle che costringano a fare una vita da lockdown senza una pandemia in corso.
Negli occhi di giocatori, tecnici e dirigenti si sono potuti cogliere sentimenti diversi. Dal dispiacere alla paura, dall’impazienza (di andarsene) all’indifferenza. Giorgio Zamuner ha assistito alla scena accanto al gruppo squadra, come d’altra parte compete al suo ruolo di direttore sportivo, mentre Walter Mattioli si è leggermente defilato, rimanendo spesso a testa bassa. Chi si aspettava un suo intervento risolutore e magari un po’ incendiario è rimasto deluso. Doveva essere il giorno dell’incasso, inteso come il ricevere, senza alcun guadagno o arricchimento. Così è stato, senza grandi deroghe. Per buona parte del tempo, da un paio di finestre del piano terra, mezza dozzina di ragazzini del settore giovanile s’è accalcata fino quasi a schiacciarsi contro le inferriate per assistere agli sviluppi della contestazione. Chissà cosa si saranno portati dietro da questa esperienza. Forse che giocare per la SPAL costituisce una fortuna, ma anche una seria responsabilità. Qualcuno dei loro colleghi più anziani l’avrà senz’altro capito, qualcun altro proseguirà la sua carriera come se nulla fosse accaduto.