foto Filippo Rubin
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Quando si pensa agli anni d’oro della SPAL, tra i leggendari volti che hanno vestito e rappresentato i colori biancazzurri, non si può non nominare Fabio Capello. Dalle giovanili al grande calcio, sia da giocatore sia da allenatore, la SPAL lo ha marchiato e lo ha accompagnato per tutta la sua vita. Al Teatro Nuovo di Ferrara, tra momenti amarcord e racconti inediti sulle sue esperienze più recenti, Fabio Capello ha intrattenuto i presenti con lo stesso polso che mostrava in campo nel corso della sua carriera.

L’apertura della serata è toccata al direttore generale Andrea Gazzoli, il quale ha introdotto ospiti ed espresso i suoi ringraziamenti per la partecipazione degli invitati alla serata di gala. “Benvenuti a tutti i presenti, ai nostri ospiti e anche un ‘bentornato’ al nostro presidente. Come sapete è sempre un piacere poter organizzare eventi come questo: per noi sono sempre occasioni speciali e per questo ci piace che ve ne facciano parte persone speciali. E, visto che ultimamente non si dorme tanto, speriamo che questa serata sia anche di auspicio per la giornata importante di domani, insieme agli oltre 7000 che stanno popolando il Mazza“. Pronti-via e sul palco vengono introdotti i due protagonisti della serata: la madrina dell’evento, nonché presentatrice ufficiale di ormai la maggior parte delle iniziative spalline, Marina Presello, giornalista di SKY, e la leggenda Fabio Capello.

Vorrei prima di tutto ringraziare di cuore la città di Ferrara – ha iniziato l’ex centrocampista spallino – perché mi ha dato tanto e mi ha dato la fortuna di conoscere mia moglie, con la quale sono sposato da 53 anni. L’ho conosciuta sull’autobus che dalle nostre scuole ci riportava a casa, abitavo dietro la Curva Ovest. Io facevo le scuole per geometri, lei le magistrali. Ma ci sono voluti mesi prima che io riuscissi a parlare con lei. Poi ci siamo fidanzati e ci siamo sposati proprio a Ferrara“.

foto Filippo Rubin

La mia storia con la SPAL iniziò quando avevo poco più di 13 anni, quando Paolo Mazza in persona si presentò a casa per parlare con mio padre e comunicargli che avrebbe voluto avermi nella sua batteria di giovani calciatori. A casa non si navigava nell’oro e mio padre era un uomo tutto di un pezzo: accettò, ma mise il veto che fino ai 15 anni non me ne sarei dovuto andare di casa. Proprio in quel periodo venne a casa a trovarci anche il mitico Gipo Viani con l’intenzione di portarmi al Milan: mio padre mi diede quel giorno uno dei più preziosi insegnamenti della mia vita, rispondendo con un secco ‘no’ e sottolineando come la sua parola fosse già stata data a Mazza. Non c’era proprio discussione, la parola si dà e la si mantiene“.

E così ebbe inizio la mia storia a Ferrara, con i miei conterranei (Fabio Capello è friulano, ndr) Edy Reja e Maurizio Moretti, grazie ai quali ho imparato il dialetto friulano (ride, ndr). Paolo Mazza veniva a pescare in Friuli, aveva un osservatore molto capace che aveva proprio questa area come zona di competenza per la ricerca di giovani calciatori. Ricordo che due volte a settimana dovevo scrivere a casa per raccontare come andavano le cose, perché purtroppo non c’era il telefono e con ben sei figli i miei genitori ci mantenevano con un solo stipendio. Un giorno uscii da scuola e me lo ritrovai davanti con enorme sorpresa: ero l’unico dei suoi figli che studiava e senza che io dicessi nulla di particolare, capì che avrei potuto lasciare la scuola per rincorrere il sogno di diventare calciatore professionista. Ero preoccupato per questo, non sapevo cosa aspettarmi e temevo fosse molto arrabbiato. Lui disse una sola parola, ad effetto: ‘provaci‘. Questo è stato il mantra della mia vita, in tutte le avventure che ho vissuto: ci vuole, coraggio, ci vuole la forza, bisogna provarci. Questo è senza dubbio uno dei più grandi insegnamenti di mio padre”.

Fabio Capello si rivela un giovane di talento, brucia le tappe e il 29 marzo 1964 debutta da titolare in prima squadra, contro la Sampdoria a Marassi. “Stavamo retrocedendo, feci una discreta partita come tutti i giovani che furono buttati nella mischia quel giorno ma perdemmo. Giocai le ultime tre o quattro partite della stagione. Cosa ricordo in particolare? La fortuna di aver potuto esordire così giovane, avevo circa 17 anni. Ai tempi in serie A si poteva fare questo perché si giocava solo in undici, senza sostituzioni, e se ci si infortunava si rimaneva comunque in campo nella ‘posizione dello zoppo’ che era l’ala, destra o sinistra. Ho avuto la fortuna di avere qui alla SPAL in quegli anni due grandi maestri che non mi stanco mai di citare: Osvaldo Bagnoli e Oscar Massei. All’epoca avevano 28-29 anni, erano veterani e da loro non si poteva che imparare, erano di un livello superiore e mi hanno aiutato tantissimo nel temperamento e nel sapermi posizionare in campo. Per migliorarsi bisogna imparare sempre da quelli più bravi: è un po’ a mio modo di vedere la falla del calcio italiano attuale”. Nella sua parentesi biancazzurra, c’è stato tempo anche per qualche gol, tutti piuttosto importanti. “Il gol al Venezia valse la salvezza, fu una partita grandiosa. Confezionai due assist per i primi due gol e poi segnai probabilmente il gol tecnicamente più bello della mia carriera“.

foto Filippo Rubin

La storia della SPAL con Paolo Mazza vale la pena di essere analizzata, è molto interessante. Era il presidente, ma era anche colui che si occupava della tattica: arrivava in sede e decideva chi avrebbe giocato e anche tutti i ruoli che ogni giocatore avrebbe ricoperto nello scacchiere tattico. Era presente negli spogliatoi all’intervallo e anche a fine partita per analizzare con tutta la sua tenacia e passione ogni episodio della partita con i giocatori. L’allenatore preparava la squadra tecnicamente, ma poi tattica e formazione le faceva lui a tutti gli effetti, su questo non c’erano discussioni. Quando retrocedemmo, e quando nella stagione fu ormai chiaro che eravamo troppo distanti dalla vetta, prese in pugno la situazione e decise che avrebbero giocato tutti i più giovani e ci buttò nella mischia. La sua lungimiranza ci fece poi successivamente riguadagnare la Serie A“.

Nel medesimo periodo, sotto la presidenza di Mazza, alla SPAL si trovava un altro di quei personaggi che sono tuttora un faro per chi tifa i colori biancazzurri e per chi ne ha indossato la maglia: “Gibì Fabbri è stato un personaggio incredibile. Dico sempre che nella mia carriera ho imparato da tre allenatori: Herrera, Liedholm e Fabbri. Tre tecnici diversi e per questo ognuno di loro ha saputo insegnarmi qualcosa. Gibì era un grande conoscitore di calcio e un grande insegnante: sapeva migliorare tutti i giocatori e fare uscire il meglio dalla squadra. Da lui ho imparato una delle più grandi lezioni che ho poi impartito anche ai più grandi calciatori che ho potuto allenare: se vuoi segnare, devi stare davanti alla porta. Lo dissi persino a Ibrahimovic“.

Il capitolo conclusivo della storia alla SPAL da giocatore di Fabio Capello è un altro spunto di riflessione ed un ulteriore conferma del grande personaggio che fu Paolo Mazza. “Un tempo la sessione invernale di calciomercato era prima di Natale: l’Inter mi voleva ma lui si oppose con tutte le sue forze. L’anno successivo però dovette vendermi e il trasferimento fruttò alla società ben 270 milioni di lire. Lui decise di investirli per costruire il centro di allenamento in cui la squadra si allena tuttora: Mazza era un visionario, viveva per il calcio, seguiva allenamenti e partite attivamente. Se devo scegliere una fotografia per descriverlo direi assolutamente lui sulla tribuna che studiava e poi sceglieva personalmente i giovani che avrebbero poi fatto parte della squadra“.

Dopo il ricordo dei tempi del Milan, in cui passò da essere giocatore ad allenatore delle giovanili prima e della prima squadra poi, una battuta su Francesco Totti e sulla Roma e dopo aver sottolineato come vincere sia sinonimo di mentalità, prima ancora che di capacità tecnica, è giunto il momento di Joe Tacopina. L’esplosivo presidente, arrivato proprio in serata a Ferrara, è intervenuto sul palco per omaggiare Capello. “Per me è un onore potervi presentare in questa splendida cornice il nuovo allenatore della SPAL (ride, ndr)! Se sei ancora integro avremmo bisogno anche di un centrocampista, domani ce ne mancheranno quattro! Io e Fabio, magari non se lo ricorderà, ci conosciamo da tanto tempo. Ci trovavamo spesso a Torino nello stesso ristorante quando io ero un giovane avvocato in Fiat USA e lui guidava la Juventus. Sono davvero contento che Fabio sia qui con noi, è un onore enorme. Ogni volta che viene accostato alla SPAL e ogni volta che lui esprime la sua vicinanza ai colori spallini non posso che esserne orgoglioso“. L’ex centrocampista stato poi omaggiato con la divisa di quest’anno con il 10 sulle spalle insieme ad una figurina degli anni Sessanta in cui vestiva il biancazzurro.

Una battuta finale, d’obbligo, sull’attualità della SPAL, societaria e di campo: “La SPAL di quest’anno? Bisogna essere dentro, è difficile giudicare. Certo è complicato prendere una squadra, far capire quello che vuoi e poi raggiungere determinati obiettivi. La passione per raggiungere gli obiettivi è fondamentale ed il presidente ne ha tanta“.