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Qualche appunto sparso, a mente fredda, sulla rimonta della SPAL sul campo del Bari.

La SPAL rimane sul pezzo

Prima che diventasse materiale per tatuaggi e articoli di giornale, “resilienza” era una parola molto utile per rendere l’idea di una certa capacità degli esseri umani fare fronte alle avversità con un atteggiamento positivo e di riorganizzarsi efficacemente per riportare le cose alla normalità. Almeno a livello calcistico trovarsi sotto 2-0 con un gol incassato al 47′ è abbastanza traumatico, soprattutto se la squadra in svantaggio ha giocato tutto sommato bene. La SPAL di Bari è stata senz’altro resiliente in senso collettivo: all’intervallo ha accettato le conseguenze degli errori e delle difficoltà, ma non si è fatta prendere dalla fretta di rimediare. Ha invece lavorato con intelligenza sui punti deboli di un Bari particolarmente temibile in attacco (soprattutto quando poteva correre con molto spazio davanti), ma vulnerabile nella fase difensiva. Anche grazie ai cambi scelti da Venturato. Più in generale si è avuta la sensazione, già avvertita una settimana fa, di un gruppo realmente coeso. “On the same page“, per dirla alla Tacopina. Tutti convinti, tutti coinvolti. Certo, a inizio stagione è più facile esserlo, ma si tratta di un segnale di discontinuità piuttosto evidente rispetto alle ultime stagioni.

Si può fare un po’ meglio in difesa

Se Venturato può sorridere di fronte alla tempra fatta vedere dalla sua squadra, di certo non può essere soddisfatto per i gol al passivo e per i pericoli corsi in tutto l’arco della partita. Un’analisi superficiale può indurre a buttare la croce sull’esordiente Dalle Mura, ma la questione sembra essere un po’ più complicata di così. La SPAL non ha ancora messo a punto una fase difensiva sufficientemente solida e tende a soffrire in determinate situazioni di gioco, a prescindere dagli interpreti che si ritrovano coinvolti negli episodi chiave. Non è detto quindi che con un Varnier a tempo pieno (comunque auspicabile) i problemi vengano automaticamente risolti o ridimensionati. La sensazione è piuttosto che la squadra debba imparare a leggere meglio alcune giocate e a muoversi con maggiore reattività, soprattutto quando si trova di fronte a squadre – come Reggina e Bari – che amano andare in verticale rapidamente.

Ag vleva la punta

Per tutta l’estate il Bari ha cercato una punta con le caratteristiche di Andrea La Mantia. Ha anche fatto più di un pensiero all’attuale centravanti della SPAL. Sabato se n’è capito il motivo. Perché è senz’altro vero che l’attacco dei piccoletti di Mignani ha fatto sudare la difesa biancazzurra con la sua tecnica e gli strappi in velocità, ma è altrettanto innegabile che ALM abbia dato un’ulteriore prova del suo peso specifico. Gol (spettacolare) e sponda per Rabbi per firmare il tabellino, giocate utili alla squadra, carisma ed capacità d’essere d’esempio nei momenti più problematici. La Mantia segna e fa segnare, a testimonianza di quanto sia importante avere un numero nove affidabile in questa categoria per riuscire a competere.

Variabile Rabbi

Nella scorsa stagione il ruolo di defibrillatore del gioco spallino ce l’aveva Latte Lath, ora sembra essere diventato di Simone Rabbi, che peraltro ha scelto il medesimo numero di maglia dell’ivoriano. Il folletto bolognese sta diventando l’arma segreta per cambiare ritmo alla manovra della squadra e portare scompiglio nelle difese avversarie con il suo apporto di rapidità, tecnica e sfrontatezza. La titolarità sulla trequarti a scapito di Maistro per ora sembra essere una soluzione eccessivamente audace in una logica di equilibrio, ma la freccia punta verso l’alto e non sarebbe affatto sorprendente veder lievitare il suo minutaggio.

Uno sguardo al futuro

Tra le altre cose al San Nicola si sono sfidate la squadra più anziana della serie B e una delle più giovani. Giusto a titolo esemplificativo: l’età media dell’undici titolare di Mignani superava i 30 anni. La SPAL si fermava a poco più di 26. La formazione titolare schierata di Venturato presentava tre ragazzi nati dopo il 1 gennaio 2000 (Dalle Mura, Esposito, Tunjov) e dalla panchina sono subentrati altri tre ventenni (Rabbi 2001; Prati 2003; Rauti 2000). Certo, Dalle Mura e Tunjov hanno avuto i gradi da titolari per via di assenze di altri, ma hanno dimostrato di potersi rendere utili e di avere un potenziale da sviluppare in chiave futura.