Si chiama Casa SPAL quello che conta di essere un altro dei motivi di vanto del club biancazzurro nel panorama calcistico italiano. È questo il nome scelto per il convitto che ospita (e ospiterà in futuro) i giovani calciatori fuorisede inquadrati nel vivaio biancazzurro. Una struttura che per le sue stesse caratteristiche sarà una sorta di sede distaccata della società, visto l’ampio lavoro di ammodernamento messo in piedi con la collaborazione dell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio.
La SPAL ha infatti preso in gestione l’ex Residenza Cenacolo in via Fabbri 410 a Ferrara, stipulando un accordo che durerà fino al 30 aprile 2040. Un orizzonte temporale che porterà centinaia di ragazzi ad attraversare la porta principale per coltivare il proprio sogno di diventare un grande calciatore.
Casa SPAL è attiva già da diverse settimane, ma la dirigenza ha voluto aspettare di poter completare gli ultimi dettagli per fare il tradizionale taglio del nastro alla presenza del sindaco Alan Fabbri e di monsignor Massimo Manservigi, vicario generale dell’Arcidiocesi. Un emozionato presidente Tacopina ha sottolineato il peso specifico di un simile progetto: “Non ho parole per dire quanto io sia felice e non posso che ringraziare tutti coloro hanno reso possibile tutto ciò. Penso sia davvero uno dei giorni più importanti nella storia recente della SPAL, non solo per il settore giovanile. Perché il vivaio deve essere il nostro cuore pulsante, la risorsa che ci può dare un vantaggio competitivo contro le altre cosiddette ‘provinciali’. Già ora le nostre squadre sono tra le migliori in Italia e ora questa struttura può aiutarci a crescere ulteriormente, permettendoci di ospitare ragazzi da tutto il mondo. Vogliamo farli sentire parte integrante della famiglia SPAL e penso che mostrare ai genitori come funziona qui farà tutta la differenza del mondo al momento di fare una scelta sulla prossima destinazione dei loro figli. Penso proprio che più di qualcuno si troverà nell’indecisione quando si tratterà di scegliere tra i club più titolati e la SPAL, che ha un’organizzazione efficiente e si trova in una città magnifica“.
“Un mese fa – ha raccontato il presidente – ho incontrato casualmente per le vie di Ferrara una donna proveniente dalla Svezia. Mi ha fermato per chiedermi se fossi effettivamente il presidente della SPAL e mi ha spiegato di essere la mamma di un ragazzo di 14 anni che stava valutando un’offerta del nostro settore giovanile dopo averne ricevute anche da Fiorentina e Lazio. Era molto nervosa all’idea di allontanarsi così tanto dal figlio, ma dopo aver visitato la città e il convitto si è sentita molto più tranquilla. Alla fine il ragazzo e la sua famiglia hanno scelto la SPAL proprio perché hanno trovato rassicurante la nostra realtà. Di questo va dato merito allo staff, con il direttore Andrea Catellani in testa, uno dei migliori dirigenti di calcio giovanile che abbia mai conosciuto. Tutto ciò mi rende enormemente orgoglioso“.
Allo stato attuale Casa SPAL può ospitare all’incirca tra i 60 e i 65 ragazzi delle selezioni che vanno dalla Primavera (Under 19) all’Under 15. Le stanze sono tutte doppie e i ragazzi sono seguiti da uno staff composto da quindici persone coordinate da due responsabili. Il convitto è dotato di un’ampia hall in cui è esposto il trofeo dello scudetto Under 18 conquistato lo scorso giugno, di una sala tv, un’area ricreativa e un ristorante a disposizione anche per i dirigenti della società. “Le loro polpette di pollo sono eccezionali“, ha detto Tacopina con un gran sorriso. Ci sono poi tre aule studio utilizzate sia per la didattica in presenza con i tutor sia per le lezioni online e un ampio parco esterno nel quale è possibile passeggiare e rilassarsi. Presto saranno aggiunti un campo da calcio e una palestra.
Negli spazi comuni sono state appese fotografie che parlano della SPAL del passato e del presente. Ci sono a esempio i quadri con le rose delle formazioni attualmente impegnate nei vari campionati di categoria, ma anche i volti – tra gli altri – di Oscar Massei, Luigi Pasetti, Gianfranco Bozzao, Carlo Dell’Omodarme e Fabio Capello. Sui muri sono impresse frasi motivazionali scelte personalmente da Joe Tacopina, ma anche parole pronunciate dal presidentissimo Paolo Mazza.
Monsignor Manservigi ha voluto rimarcare l’elemento della continuità storica, non solo in chiave biancazzurra: “La SPAL è nata all’interno di un oratorio salesiano in un’epoca nella quale lo sport era un ambito nel quale mettere in pratica i frutti di una formazione spirituale. Ora la situazione si è un po’ ribaltata e questo luogo, che un tempo era pensato proprio per la formazione spirituale, è diventato un centro per l’addestramento sportivo che cerca di mettere dei ragazzi nelle condizioni di diventare uomini dotati di certi valori. Quando abbiamo iniziato a discutere con la SPAL di questo progetto ci siamo resi conto che il presidente Tacopina aveva a cuore temi molto profondi, come quello della crescita umana dei giovani atleti che passeranno attraverso queste stanze”.
“Anche a livello strutturale c’è un tema ricorrente che è quello della luce e della trasparenza. Riflette l’idea di un rapporto coi ragazzi che deve essere chiaro e onesto, proprio come dovrebbe accadere in un ambiente familiare. Con i dirigenti abbiamo anche parlato della possibilità di organizzare qualche momento di incontro per parlare ai giovani in una logica formativa. Spero che questo rapporto porti tanti risultati, non solo sportivi, ma anche educativi. Auguro alla SPAL che i volti dei ragazzi che oggi fanno parte delle varie squadre possano adornare i muri del convitto come fanno oggi quelli delle vecchie glorie degli anni Sessanta“.
Se l’augurio di monsignor Manservigi dovesse realizzarsi il primo a esserne felice sarebbe probabilmente Andrea Catellani, che dall’estate 2021 è il responsabile del settore giovanile: “Se oggi siamo qui lo si deve a tutte le persone che hanno lavorato ogni giorno per posare una pietra miliare per il futuro. Il domani della SPAL passa da qui ed è qualcosa in cui tutti crediamo tantissimo. Mi sento di dire che più di remare tutti nella stessa direzione abbiamo sognato tutti nella stessa direzione, con l’obiettivo di creare senso di appartenenza per i colori e per la città. Penso che questo convitto ci collochi in una dimensione unica a livello giovanile e rispecchia le nostre convinzioni, che sono quelle di un intreccio tra il percorso educativo e l’attività sportiva professionistica. Vogliamo davvero che i ragazzi si sentano in famiglia anche quando sono lontanissimi dai luoghi di origine. La soddisfazione più grande tra dieci o quindici anni sarà ricevere un messaggio da uno di loro in cui dicano ‘Sono stati anni belli che mi hanno formato come uomo, prima ancora che come calciatore’. Penso sia la ricompensa più grande per qualunque professionista“.