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Qualche appunto sparso, a mente fredda, sulla bruciante sconfitta interna della SPAL col Benevento nel contesto della tredicesima di campionato.

Ora tocca soprattutto a De Rossi capire cosa non funziona

Nel post-partita il pubblico si è scatenato nel formulare teorie di ogni tipo per spiegare la sconfitta, dalle presunte mani di burro di Alfonso all’eventuale tristezza di La Mantia, passando per la classica croce addosso al ds per gli acquisti “sbagliati” a centrocampo. La verità, forse un pochino inquietante, è che nemmeno De Rossi, che trascorre più tempo di chiunque altro con i suoi giocatori, ha ben chiaro cosa porti la SPAL a “smettere di giocare“, per usare le parole dello stesso tecnico. Perché era già successo col Sudtirol e in quell’occasione era andata benino. La differenza principale è che stavolta dall’altra parte c’era una squadra con maggiore qualità, ma soprattutto una dose superiore di malizia calcistica (citofonare Schiattarella). Tra le squadre affrontate dalla SPAL di DDR quella sannita era la più dotata e puntualmente ha dimostrato di non farsi impressionare granché da quanto fatto vedere dai biancazzurri.

Qualche scelta non ha proprio convinto

In genere è sempre abbastanza presuntuoso da parte dei giornalisti dare giudizi sulle scelte tecniche degli allenatori, considerato soprattutto che nessuno in tribuna stampa può avere lo stesso livello di conoscenza della forma dei calciatori, né avere un’idea precisa dei concetti affrontati nella settimana d’allenamento. Ma è venuto spontaneo a più di qualcuno alzare almeno un sopracciglio quando De Rossi ha scelto di togliere un attaccante (La Mantia) per un centrocampista (Valzania) dopo i primi 45 minuti. La ragione stava nella volontà di ostacolare Schiattarella grazie a Maistro, ma questo non è mai accaduto vista la giornata un po’ sonnolenta del trequartista polesano. Oltretutto Valzania è mancato (ancora) nel dare un contributo di forza e idee al (non) gioco della SPAL ed era pure sul luogo del delitto quando La Gumina ha bucato le mani di Alfonso per l’1-2. Anche la scelta di rinunciare a Moncini in inferiorità numerica – l’unico in grado di contendere qualche pallone a Glik – non ha pienamente convinto, visto che Rabbi e Tunjov sono stati puntualmente sovrastati fisicamente dai difensori del Benevento.

Certi numeri sono gattopardeschi

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” diceva Tancredi Falconeri ne Il Gattopardo ed è una massima che, almeno per il momento, può contribuire a spiegare la frustrazione che i tifosi si porteranno dietro come minimo fino a domenica 27 novembre. Perché la SPAL continua a cambiare uomini dentro e fuori dal campo, ma rimane su una specie di linea retta. Rispetto allo stesso chilometro del percorso 2021/2022 la squadra ha un punto in più (14 vs 15), ha segnato un gol in meno (18 vs 17) e ne ha presi lo stesso numero (16). Alla 13^ giornata dello scorso campionato era dentro alla zona playout (16° posto), ora viaggia con un gruppetto a +1 sulle posizioni segnate in rosso. La distanza dalla testa è praticamente la stessa (-13 vs -15), così come quella dal primo biglietto utile per i playoff (-6 vs -5). In comune con le due stagioni ci sono appena 8 giocatori, di cui 2 (Pomini e Zuculini) che in entrambi i casi non hanno contribuito granché in partita. Quindi cos’è che impedisce alla SPAL di elevarsi sopra la mediocrità?

Oh, forse fino a dicembre non parleremo di La Mantia

Magari il diretto interessato non l’avrà accolto propriamente come un sollievo, ma grazie a una squalifica fino a SPAL-Modena non dovremo lambiccarci per capire cosa non va con Andrea La Mantia. Quattro gol e un assist nelle prime cinque partite ci avevano fatto pensare di aver finalmente ritrovato un principe dell’area di rigore che mancava da anni, peccato che poi sia iniziato un periodo critico in cui il centravanti ha accumulato ammonizioni e poco altro. I commentatori catastrofisti dicono che entro Natale si ritroverà a chiedere di essere ceduto a gennaio. Detto che questo non sarebbe tecnicamente possibile (è in prestito con obbligo di riscatto), è uno scenario da scartare completamente per almeno mezza dozzina di buone ragioni. Il problema più che altro sembra essere quello della coperta corta: De Rossi ha voluto mettere una pezza sui problemi di equilibrio che portavano la SPAL a incassare troppi gol e di conseguenza la produttività in attacco è diminuita sensibilmente, con gli attaccanti a farne le spese in maniera più evidente.

Ci aspetta un mese e mezzo di teorie di calciomercato

Quando nel girone d’andata una squadra non funziona come dovrebbe la risposta è quasi sempre e solo una: mercato. Tra suggestioni e fantomatiche liste della spesa appare chiaro come la SPAL debba fare qualcosa soprattutto per far assomigliare un po’ di più l’organico alle idee del proprio allenatore. La parola d’ordine sembra essere “qualità”, ma sfortunatamente quella non è in vendita a buon mercato. Per cui è plausibile che negli uffici di via Copparo si ragioni di più sulla funzionalità. Poco tempo fa il dt Lupo ha ammesso che “qualcosa si farà“, pur con la certezza di avere già un buon organico. Sarà interessante capire con quale forza economica e soprattutto con quali propositi per la seconda parte della stagione. Tra agosto e settembre c’era la convinzione di aver assemblato una rosa adeguata per rimanere a contatto della zona playoff, se non addirittura più su: dipende sempre dall’interlocutore. C’è ancora questa convinzione o nel frattempo è stata modificata dagli eventi?