foto Filippo Rubin
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A meno di repentini cambi di programma Joe Tacopina sarà a Ferrara per assistere a SPAL-Parma, la partita che può allungare di altri 90 minuti la stagione o chiuderla anticipatamente con una mesta retrocessione in serie C. Il rientro del presidente è previsto per venerdì 12 maggio, ma non è ancora chiaro quanto durerà il suo soggiorno in città. Nella migliore delle ipotesi un paio di settimane.

Di certo Tacopina non rientrerà di buon umore, a prescindere dalle magagne della squadra della quale è proprietario. Nella giornata di martedì l’avvocato ha dovuto fare i conti con la sconfitta del suo cliente Donald Trump nel processo civile per stupro e diffamazione nei confronti di Elizabeth Jean Carroll.

Spiega bene Il Post: “L’ex presidente statunitense è stato condannato a risarcire con 5 milioni di dollari la giornalista l’anno scorso lo aveva denunciato per stupro. Trump ha commentato la sentenza ribadendo la teoria complottista secondo cui i molti casi giudiziari in cui è coinvolto sarebbero stati avviati per motivi politici. […] Il giudice del tribunale che ha giudicato Trump, Lewis A. Kaplan, ha spiegato che secondo la giuria non c’erano prove sufficienti per dimostrare che lo stupro fosse davvero avvenuto. La stessa giuria però ha ritenuto fondate le accuse di abuso sessuale, cioè che Trump abbia molestato sessualmente Carroll. Parte del risarcimento inoltre è stata motivata dal fatto che negli anni successivi Trump ha sostenuto, secondo la giuria in modo falso, che Carroll si fosse inventata tutto. […] Carroll aveva denunciato Trump lo scorso novembre per fatti risalenti a oltre vent’anni fa: lo aveva fatto in base all’Adult Survivors Act, una legge recentemente approvata dallo stato di New York per consentire alle vittime di violenza sessuale di fare causa anni dopo la violenza subita. Il processo avviato contro Trump è stato comunque di natura civile, e non penale: per questo Trump non dovrà scontare un periodo di detenzione in carcere, ma soltanto risarcire Carroll“.

Da parte sua Tacopina ha parlato un po’ coi giornalisti presenti fuori dal tribunale di New York, aggiungendo che verrà presentato un ricorso in appello contro la sentenza. Trump infatti ritiene di non aver avuto un giusto processo, in parte perché la giuria è stata che lo ha giudicato è stata selezionata all’interno di un territorio che storicamente vota per il Partito Democratico. Non solo: Tacopina ha sollevato diverse obiezioni su tempi e modalità stesse del procedimento, a partire dall’atteggiamento del giudice Lewis A. Kaplan definito “pregiudizievole”.

Spiegano Benjamin Weiser, Lola Fadulu e Kate Christobek sul New York Times: “Tacopina si è scontrato col giudice Kaplan in diversi momenti e ha anche presentato una mozione per l’annullamento del processo a causa di decisioni ‘pervasive, ingiuste e pregiudizievoli’ da parte di Kaplan stesso, soprattutto in merito alla sua decisione di accogliere le obiezioni sollevate dagli avvocati di Carroll durante il dibattimento. A loro giudizio le domande poste da Tacopina a Carroll erano polemiche. A un certo punto il giudice Kaplan ha letto a voce alta la definizione di ‘domanda polemica’ da una pagina del Black’s Law Dictionary, ossia il dizionario legale più utilizzato negli Stati Uniti“.

Pare anche che un cronista in particolare, inviato dell’emittente australiana 7News, abbia fatto perdere la pazienza a Tacopina con un comportamento un po’ aggressivo. Al momento non è chiaro se questo verdetto sfavorevole possa intaccare o meno la fiducia che Trump ripone in Tacopina, visto che l’avvocato lo sta assistendo (assieme ad altri professionisti) nel caso che lo vede imputato per irregolarità contabili legate alla campagna elettorale 2016 e il processo, eventualmente, inizierà tra dicembre 2023 e i primi mesi del 2024. Sui media americani non sembra essere un tema rilevante, se non all’interno di quei circoli che avversano in maniera molto decisa l’ex presidente e pronosticano la fine del rapporto lavorativo tra i due.