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La SPAL e il suo ambiente vivranno diverse settimane piuttosto pesanti dopo aver incassato la certezza della retrocessione in serie C. Per un po’ si proseguirà con rabbia, recriminazioni e teorie di ogni genere sul futuro. Intanto è il caso di fissare qualche punto all’indomani di una giornate più nere della storia recente biancazzurra.

E adesso?

È la domanda di più scottante attualità, quella che – almeno nei tifosi, ma non solo – a sua volta genera ipotesi, fantasie e paranoie. Ognuno può commentare quanto gli pare e proporre analisi con diversi gradi di raffinatezza, ma nei fatti la palla è esclusivamente nel campo di un furioso Joe Tacopina. Nella giornata di domenica il presidente non ha avuto modo di sbollire la rabbia, anche perché si è ritrovato in mezzo a un’altra contestazione (solo verbale) in un parcheggio di una palestra alla periferia della città. Tanto che in tarda serata è arrivata – dal nulla – la convocazione di una conferenza stampa fissata per le ore 15 del lunedì. Non un buon segno, a meno che nel frattempo le diplomazie non abbiano lavorato molto intensamente per trovare una via d’uscita per calmare gli animi di tutti. Il problema è che il tempo passa e l’iscrizione alla serie C non è una formalità di poco conto. Tacopina ha in programma di rientrare negli Stati Uniti al termine della settimana. Poi per un mese intero sarà improbabile rivederlo dalle parti di Ferrara. In cinque giorni sarà necessario studiare tabelle e proiezioni per capire che fare, possibilmente senza farsi prendere troppo dall’emotività. Una sfida enorme.

Si è creato un cortocircuito abbastanza scontato

Da una parte c’è una tifoseria (organizzata e non) che si sente umiliata dal ritorno in terza serie, illusa da una lunga serie di promesse e proclami fatti dal presidente e irritata per la scarsa trasparenza sui progetti futuri. Dall’altra c’è un proprietario e presidente che – bilanci alla mano – ha immesso molti, moltissimi soldi nella gestione societaria e ne è uscito a pezzi dal punto di vista sportivo e della reputazione personale. Tacopina oggi rivendica l’ampiezza dei suoi sforzi – pur costellati da errori gravi – per arrivare agli obiettivi che si era prefissato, ma si ritrova contestato, se non proprio apertamente invitato ad andarsene. Per questo mette in discussione la prosecuzione della sua esperienza a Ferrara. La questione è complessa e non può essere liquidata con una presa di posizione per uno schieramento e per l’altro. Perché all’avvocato va come minimo riconosciuto di essersi fatto carico della SPAL in un momento in cui era da pazzi farlo e che buona parte dei suoi investimenti sono stati rivolti a (tentare di) indirizzare il club verso un’idea di sostenibilità. L’impazienza e il nervosismo hanno però compromesso molti dei suoi sforzi, minando la stabilità dei processi decisionali, soprattutto per la gestione tecnica. Al tempo stesso non è niente di nuovo che un presidente diventi inviso al pubblico. E se si è proprietari di squadre di calcio non ci si può permettere d’essere eccessivamente permalosi: Aurelio De Laurentiis a Napoli è stato contestato fino all’altroieri, Setti a Verona viene da anni di ostilità, Bandecchi a Terni è andato allo scontro fisico, Cellino a Brescia ci è andato vicino. Morale: per fare calcio da qualche parte è necessario essere amati e rispettati da tutti? No, apparentemente no. Tacopina è un uomo sanguigno, ma anche un businessman piuttosto esperto: sa meglio di chiunque altro che c’è una sola medicina per i tifosi in subbuglio. I risultati.

Seriamente: chi altro potrebbe prendere la SPAL?

Mettiamo che Tacopina decida di chiudere la sua esperienza alla SPAL. Che sia per orgoglio o per convenienza poco importerebbe in questa fase, se non per la storiografia. Quali sono le alternative? Partiamo con lo scartare la famiglia Colombarini che non ha la minima intenzione di tornare sui propri passi: lo ha detto a chiare lettere Francesco Colombarini in un’intervista pubblicata da Il Resto del Carlino il 15 maggio: “Abbiamo già impiegato troppi soldi. Se avessimo avuto intenzioni diverse la SPAL non l’avremmo venduta. I costi nel mondo del calcio sono troppo alti“. Chi rimane? Parte dell’imprenditoria ferrarese si è già presa l’impegno della Fondazione FeNice per far ripartire il basket d’alto livello in città con impegni economici nemmeno paragonabili a quelli necessari a sostenere una SPAL che al 30 giugno 2022 era ancora sotto di 8 milioni coi propri conti. Da settimane si sente parlare di un Walter Mattioli all’opera per mettere al tavolo potenziali interessati. Movimenti ancora sotto al radar, ma comunque complicati e non solo per la portata dell’investimento: Tacopina davvero cederebbe la società all’uomo che lui stesso ha provveduto a mettere alla porta all’indomani del suo subentro? Altre piste: imprenditori non ferraresi, addirittura stranieri. Fondi USA o del Golfo Persico. Per il momento tutte ipotesi fantasiose. Quindi l’alternativa più avvilente: un’altra mancata iscrizione alla serie C. Qualcosa di così pesante che neanche è il caso di prenderla in considerazione.

Rilanciare implica dover accettare diverse sfide

Il progetto di Tacopina (o di chi per lui, nel caso) andrà inevitabilmente rivisto. Non illudiamoci: Prati sarebbe andato via a prescindere dalla categoria e toccherà alla sua cessione costituire parte del budget per la prossima stagione. A meno di immettere capitali consistenti (improbabile) andranno fatti tagli massicci a tante voci di spesa. Tra queste: ingaggi dei calciatori, struttura societaria, settore giovanile. Serviranno nervi saldi, lucidità, senso della misura. Non sarà affatto facile. E poi bisognerà calarsi rapidamente nella mentalità della serie C, affidandosi a professionisti che non solo conoscono bene la categoria, ma che guardano alla B come il sogno di una vita, non come un qualcosa di dovuto. Perché è con quest’ultimo tipo di mentalità che si rischia di farsi ulteriormente del male.

Resta comunque da analizzare la scatola nera della stagione 2022/2023

La retrocessione della SPAL non ha un singolo responsabile, né può essere ricondotta a un singolo errore o evento. È invece una trama intricata di rapporti problematici, valutazioni sbagliate, decisioni frettolose o rinviate troppo a lungo. In sintesi: confusione. Assenza di una linearità che sarebbe stata necessaria. Dall’incerta conferma di Venturato alla scelta di Esposito capitano, dalle scommesse di mercato al fantasma di De Rossi presente già ad agosto, dalle tensioni interne al licenziamento di Fabio Lupo. Tra i tanti protagonisti solo due hanno parlato apertamente negli ultimi mesi di cosa non ha funzionato: Tacopina e Oddo. Ma per sapere cosa ha portato la SPAL al punto di non ritorno servirebbero anche le voci di tanti altri personaggi interessanti. Qualche esempio: Andrea Gazzoli, Dante Scibilia, Gianluca Cambareri, Fabio Lupo, Armando Ortoli, Roberto Venturato, Daniele De Rossi, Andrea Catellani. Le domande per loro non mancherebbero. Ma probabilmente nessuno (o quasi) avrà interesse a esporsi ed è un peccato, perché dalla loro versione dei fatti potremmo capire molte cose che evidentemente ci sono sfuggite nel corso di questa interminabile annata.