foto Filippo Rubin
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Alle ore 16 esatte di mercoledì, come da programma, è iniziata l’era di Domenico Di Carlo alla SPAL, e il mister si è subito presentato con grande personalità e voglia: “Subito puntualissimi alla prima volta, visto? Bisogna ripartire bene”, ha detto con un ampio sorriso prima dell’accensione dei microfoni. Poi, dopo una breve introduzione del direttore Filippo Fusco, il nuovo allenatore biancazzurro si è presentato concedendosi alle domande dei giornalisti.

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“Penso che sia un bel giorno perché segna una ripartenza per tutti. Insieme a direttore, società e tutti coloro che lavorano alla SPAL, oltre naturalmente ai tifosi, cercheremo di riaccendere un po’ il morale dell’ambiente. Mi hanno convinto l’entusiasmo del presidente e del direttore Fusco: ho sentito grande serietà e professionalità che sono il pane quotidiano per me. Bisogna anche dire che si parla della SPAL, la cui storia importante non può passare inosservata. Erano anni che speravo in una chiamata e finalmente è arrivata dopo tante partite da spettatore”.

“Credo che la SPAL in qualsiasi categoria giochi debba sempre fare il meglio possibile avendo un’ambizione altissima. Tutte queste sono cose che mi hanno straconvinto. Aggiungo anche che quando abbiamo parlato con il presidente sono stato anche io a cercare di convincerlo a mia volta con le parole e con il mio curriculum: ammetto di essere riuscito meglio in italiano che in inglese (ride, ndr)”.

“Il gioco dovrà essere la cosa più importante perché giocatori, società e tifosi vi si devono riconoscere e identificarsi. Le motivazioni poi arriveranno di partita in partita e i calciatori dovranno avere la capacità di capire quello che chiede loro il loro condottiero e dove li vuole portare. Attraverso il gioco proveremo sia ad essere imprevedibili davanti sia granitici dietro: questo è il mio pensiero. La serie C è difficile e la SPAL sarà la squadra da battere insieme a poche altre. Tutte contro di noi daranno il 110% e dovremo essere pronti sotto l’aspetto caratteriale e motivazionale: soprattutto dovremo essere pronti ad ogni partita come ad una battaglia e ci sarà da sporcarsi le mani”.

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Di Carlo si è soffermato anche sui giovani in rampa di lancio, con la SPAL che può vantare un buon numero di talenti da far affacciare in serie C: “La SPAL ha lavorato molto bene con il settore giovanile. Conosco l’allenatore della Primavera (Vito Grieco) e credo che ci sia bisogno di lavorare insieme con la massima collaborazione. Abbiamo molti giovani che hanno fatto bene l’anno scorso e che porteremo in ritiro: cercherò di conoscerli il più possibile, capendo chi potrà far bene ma senza caricarli di responsabilità. Io non guardo la carta d’identità e chi è bravo gioca. Tanto per capirci: a La Spezia ho fatto giocare gente di 17 anni che adesso gioca in serie A, mentre chi aveva più esperienza era in panchina. Devono lavorare con umiltà, voglia di migliorarsi e quando e se sarà il momento l’allenatore avrà il coraggio di farli giocare. Un aspetto fondamentale di questa squadra è che bisogna ragionare da collettivo a ogni livello: questo lo dico al direttore, al presidente, alla società, ai tifosi”.

Lo staff di mister Di Carlo sarà composto dal vice Davide Mezzanotti, dal preparatore atletico Lorenzo Riela, dal collaboratore Martino Sofia e dal preparatore dei portieri Cristiano Scalabrelli. Confermati Carlo Voltolini ed Emanuele Tononi nel reparto recupero infortuni.

Durante tutta la conferenza stampa l’ex Chievo e Sampdoria ha calcato molto sul fatto che ci sia bisogno di riaccendere l’entusiasmo: “L’entusiasmo si riaccende con la passione, la serietà, per riportare i colori della SPAL in alto, a prescindere dalla categoria. Chi arriva qui deve avere fame, ambizione, avere valori umani e tecnici”.

“Da anni seguo questa piazza per calore, importanza, storia. Conosco tutti quelli della tribuna perché venivo spesso a vedere la SPAL (ride, ndr). Ho piena fiducia nel direttore perché è una gran persona, mi identifico in lui, ci siamo incontrati e trovati immediatamente d’accordo.

“Stiamo aspettando il girone, ma a prescindere dalla composizione ci sono squadre forti in entrambi. Noi dobbiamo pensare a noi stessi e a costruire una mentalità vincente di lavoro dentro e fuori dal campo. Il percorso sarà lungo e servirà pazienza. Le squadre reduci da una retrocessione faticano, non ce lo dobbiamo nascondere: l’80% dei queste non torna in B subito e noi proveremo a cambiare questo dato. Tante squadre retrocedono e pensano di risalire subito perché hanno giocatori di categoria superiore, ma non è così semplice. Chi deve affrontare la SPAL deve affrontare una squadra tosta, cattiva, con un gioco, dentro e fuori casa. I campionati si vincono con 25 vittorie e massimo 3 sconfitte, da lì non si scappa”.

Non poteva mancare una piccola analisi sulla squadra attuale e sul mercato: “Sono in piena sintonia con il direttore. Io gli chiedo le caratteristiche e poi sta a lui trovare gli elementi giusti, fermo restando che già ora ci sono già tanti giocatori bravi. L’anno scorso c’erano buoni giocatori a Pordenone, però non si possono portare tutti: se ne arriva qualcuno sarà in linea con determinati valori umani e tecnici di cui abbiamo parlato. Queste sono le basi per quello che ho nella mia testa ovvero aprire un ciclo alla SPAL, anche se con il direttore ci abbiamo messo poco a trovarci e gli ho detto che non voglio un contratto biennale, triennale o con opzione perché prima voglio far conoscere me e il mio calcio. Da lì allora si può aprire un percorso: ho allenato tante squadre e ho avuto tanti anni di contratto, ma quest’anno ho deciso così perché ho trovato le persone giuste per intraprendere questa strada. Alle volte bisogna anche fidarsi delle sensazioni”.

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Il tema di questi giorni è poi senz’altro legato al ritorno (ormai imminente) di Mirco Antenucci: “Beh, speriamo che arrivi, l’ufficialità ancora non c’è (ride, ndr). Si può per ora parlare solo del giocatore che ha un grandissimo legame con la città, ha valori umani e tecnici eccezionali, e aggiungo che l’età per me non conta. Contano quei valori: lui rispecchia quello che stiamo dicendo con il direttore“.

Nei prossimi giorni, dopo i primi allenamenti, la SPAL partirà poi per il ritiro, con tanti giocatori il cui futuro è ancora tutto da decifrare e sarà probabilmente lontano da Ferrara: “So bene che l’anno scorso la stagione non è andata come si voleva e non è bello per il calcio che una squadra così retroceda. I giocatori sono tutti bravi ragazzi: chi verrà in ritiro parlerà con me in maniera chiara perché se sei in ritiro ti alleni. A me piace instaurare un rapporto diretto e familiare, trovare la giusta alchimia tra tutti. Devono essere convinti al 100%. Qui bisogna ritrovare la chimica, trascinare i tifosi con questo tipo di atteggiamento serio, professionale e passionale. In questo stadio bisogna giocare per vincere, poi non sempre accade, però bisogna trovare la mentalità per battagliare”.

Quando c’è una retrocessione, dalla B alla C, è matematico e normale che qualche giocatore vada via e qualcuno magari rimanga perché ha valori personali e sposa quelli predisposti dal tecnico e dalla società. Io lavoro sul campo e deve essere chiaro che la maglia va rispettata perché siamo professionisti e qua alla SPAL bisogna andare forte. Non mi interessa il nome o il cognome. Se stai con noi ci aiuti nel percorso che vogliamo costruire, altrimenti in bocca al lupo e speriamo di rivederci, magari in un’altra categoria (ride, ndr)”.

A ridosso del ritiro è chiaro che ci sia apprensione e voglia di vedere una squadra pronta il prima possibile, ma sia Di Carlo che Fusco hanno fatto intendere che la SPAL sarà pronta con i tempi giusti, anche se ovviamente non sarà possibile partire con tutti gli effettivi della prossima stagione. A stemperare un po’ la tensione e l’ansia ci ha pensato lo stesso mister con una delle tante battute indirizzate al direttore: “Però mi ha detto che mi fa la squadra forte eh (ride, ndr)”.

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Da parte mia mi devo concentrare sul campo creando uno spirito diverso. Magari non starò simpatico a qualcuno, ma l’importante è che la squadra giochi bene e lavori bene. Dal punto di vista tattico posso dire che partiremo con la difesa a quattro. Vogliamo provare a mettere tre centrocampisti anche se poi dipenderà da mercato. Se si trova un centrocampista forte che gioca a due allora quelli forti devono giocare. Davanti se troviamo due esterni forti facciamo il 433, se troviamo due trequartisti forti facciamo 4321, se invece troviamo due punte da 20 gol faremo 4312 o 442. Sono solo numeri, mi piace una squadra che sappia costruire con tutti i sistemi. La squadra dovrà essere molto eclettica, tenendo presente che con cinque sostituzioni si cambiano le partite e si cambiano moduli, quindi bisognerà averne un paio a disposizione per cambiare le partite o eventualmente difendersi. Non parliamo di moduli ma di principi, che sono i più importanti”.

Infine una battuta anche sul portiere: “Serve un portiere che pari, non chiedo altro, e magari un nove che segni (ride, ndr). Nel calcio che si evolve rimangono sempre gli stessi concetti di base: movimento senza palla, spazi da occupare bene, puntare l’avversario dalla trequarti in su verso l’interno, andare in verticale quando si riesce e se non è possibile adattarsi sulla fascia. Il tutto per far riconoscere le caratteristiche e le situazioni di gioco ai giocatori: più i ragazzi riconoscono il gioco più sono sicuri. Poi ci sono situazioni in cui ci sarò da affidarsi alle giocate dei singoli: conta la squadra e questa deve lavorare su quei principi di gioco”.