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Da sabato in poi mi è capitato di leggere centinaia di elogi alla mia curva e pur senza ritenermi portavoce di chissà quale partigiana rappresentanza vorrei provare a spiegare l’importanza per me di quei ragazzi e di quelle ragazze che ne abitano i gradoni. Parlare di S.P.A.L. in questo periodo è assai difficile. Ci si ritrova a commentare partite sempre uguali, nella convinzione che questa società, questo gruppo dirigente e questo organico abbiano seri problemi, ma non è questo l’oggetto delle mie turbe. La passione, l’aggregazione, la solidarietà, l’appartenenza (non da oggi) ha un centro nevralgico, una cassaforte, una banca. La Curva Ovest. Il cuore della nostra tifoseria vive e prospera nel curvone. Dalla metà degli anni Settanta, con lo Zaganèl e con la nascita dei primi gruppi Ultras, la curva Ovest diviene un simbolo e una casa per tutti quei ragazzi come me che soffrono e gioiscono per una passione che non ha nulla di normale, moderato o semplicemente oggettivo. È una famiglia acquisita, per certi versi scelta. È il vecchio bar di Claudio chiuso da secoli, è un centro aggregativo, una vecchia sezione, un oratorio di bestemmiatori e ubriaconi. È forse l’unico grande ambiente rimasto dove ognuno è quello che è, senza filtri, senza maschere, senza costumi di scena.

L’Otto Settembre è la coratella di questo cuore biancazzurro. Un bel giorno, in uno dei momenti più di merda della nostra squadra, gli Ultras hanno deciso di ammainare i propri vessilli, confluendo in un unico contenitore che li abbraccia tutti quanti, senza dimenticare ciò che c’è stato, ma con un occhio attento su ciò che sarà. La curva non è solo la casa solo degli Ultras, ma è un condominio abitato da curvaioli atavici come me, da gente magari con pochi quattrini in tasca che vuole vivere e vedere a S.P.A.L. in verticale e non in orizzontale. È un posto in cui molti bambini iniziano a respirare la passione secolare di questo popolo di criticoni maledetti che sono i ferraresi. Insomma, che lo crediate o meno non è un luogo ameno (che rima di merda!) ma è un centro studi, un biotopo sociologico dove nuotano, cantano, bevono, piangono e ridono un sacco di persone. La curva Ovest e il suo nucleo operativo sono un’organizzazione politica (ma non partitica): fanno scelte spesso difficili e controcorrente, parteggiano, sono sempre in prima linea a rappresentare gli ultimi, a gridare giustizia anche di fronte alle istituzioni, a perpetrare la memoria di ragazzi uccisi dallo Stato. La solidarietà, che non sventolano mai, è una bandiera che va oltre i colori del campanilismo e degli odi tra tifoserie. È trasversale e i ragazzi la applicano, la fanno e non la sbandierano ai quattro venti. Sono decine gli esempi, che non mi va di ricordare: chi ne ha voglia si informi. Il ricordo, la memoria, la forza che viene urlata negli striscioni risolleva alle volte, seppur di poco, chi è colpito da gravi e totalizzanti lutti. Come una famiglia che abbraccia e trascina nel branco chi è rimasto indietro.

foto Filippo Rubin

Le coreografie di sabato al Mazza hanno cementato un’amicizia che viene vissuta da decenni, una fratellanza che non ha nulla di scontato o ripetitivo. Viene sentita tra due popoli simili, orgogliosi e duri, Dorici e Estensi, senza sconti, senza fronzoli. Scrivere “Basta!” su una pezza rossa come il sangue e con tutti intorno i nomi delle donne uccise nel 2023 da animali che nulla hanno a che fare con le bestie non è un messaggio scontato. I ragazzi e le ragazze che per lunghe notti hanno messo in piedi queste coreografie non l’hanno fatto per cavalcare un’onda mediatica, non l’hanno fatto per imbellettarsi di fronte all’opinione pubblica che si indigna a intermittenza. Lo hanno fatto perché ci credono, perché vogliono gridare dai gradoni di uno stadio il loro “basta” a una società medievale se non preistorica, che confonde l’amore col possesso, la violenza con la passione, in un bailamme mediatico in cui le tv a pagamento non inquadrano la Ovest neppure per un secondo durante la coreografia, per paura che questo messaggio emerga dai trinariciuti abitanti degli stadi.

Molto meglio ragionare per stereotipi e giudicare senza conoscere. Molto meglio ghettizzare un movimento che fa paura in quanto libero. Tutto ciò vuole solo essere un ringraziamento a tutti coloro che rappresentano e vivono la curva Ovest. Casa mia dalla fine degli anni Settanta, ambiente saturo di conoscenza, molto spesso camuffata, ma vera e genuina come la nostra gente. Forza vecchio cuore biancazzurro.