foto Filippo Rubin
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Qualche appunto sparso, a mente fredda, a margine del quarto pareggio consecutivo della SPAL, arrivato con l’1-1 di Pineto.

C’è ancora domani (o la prossima partita)

Da due mesi a questa parte, ossia dai tempi dell’ultima (fortunosa) vittoria, il ritornello abituale della SPAL sembra essere “Pensiamo alla prossima“, come se la svolta fosse sempre dietro l’angolo. Solo che a suon di contare sulla prossima si è arrivati a diciotto partite totali e se ne sono vinte la miseria di tre. La cosa più inquietante è che questa incrollabile fiducia nel domani era la medesima che circolava tra i protagonisti della retrocessione della scorsa stagione quando la classifica iniziava ad assumere tratti inquietanti. “Mancano ancora tante partite“; “Abbiamo le qualità per farcela“; “Basta una sola vittoria per cambiare le cose“. Il margine di errore si è via via sempre più assottigliato fino all’epilogo che ha riportato la SPAL in serie C. Oggi si guarda al girone di ritorno come alla terra promessa, come se una volta archiviata la partita con l’Olbia – da giocare rigorosamente con la paura di perderla – si ricominciasse da capo senza la zavorra di una posizione di classifica imbarazzante. Il ragionamento sembra essere: rientreranno gli infortunati, arriveranno i rinforzi, non si farà più male nessun altro. Probabilmente qualcuno nello spogliatoio guarda ancora al decimo posto come un obiettivo realistico. Se questi sono gli effetti collaterali della “forza del pensiero positivo” (cit. J.T.) c’è moderatamente da preoccuparsi.

Lo standard è sempre più basso

È chiaro come Colucci creda nel valore pedagogico del rinforzo positivo e non voglia in alcuna circostanza minare la fiducia di un gruppo fragilissimo che ha dimostrato di crollare al primo gol incassato, contro qualunque avversario. Di sicuro l’allenatore non ha la minima intenzione di richiamare i suoi giocatori a maggiori responsabilità attraverso dichiarazioni pubbliche. Bensì fa di tutto per proteggerli, lodandone l’impegno e la dedizione negli allenamenti. Risultato prevedibile: una vittoria, quando arriverà, verrà vissuta come una sorta di impresa difficilmente ripetibile. Il problema è che così si fissa uno standard che è veramente basso. Perché delle due l’una: o quello attualmente a disposizione è davvero un accrocco di giocatori da zona retrocessione (e allora l’allenatore parla così da rassegnato alla realtà dei fatti) o non si sta trovando la chiave per farlo rendere adeguatamente. Anche dopo Pineto si è sentito parlare di “prestazione ordinata” come se si fosse tenuto testa a una corazzata. Probabilmente è un’esagerazione, ma anche un gruppo di 11 svincolati con un alle spalle una settimana di allenamento riuscirebbe a fare una singola prestazione ordinata, se con tale aggettivo si intende una prova da 90 minuti con le giuste distanze in campo, rischi minimi in difesa e attacchi sporadici. Peccato che con prestazioni come quelle di Pineto (o di Gubbio, con l’Entella in casa) non si vinca praticamente mai se non con l’aiuto di un po’ di buona sorte. E senza vittorie la classifica continua inesorabilmente a peggiorare.

Colucci viaggia a 0,77 punti di media (e non basta)

Bisogna inevitabilmente parlare un po’ più approfonditamente di Leonardo Colucci e di quello che ha portato in questa SPAL. Pare che i giocatori abbiano stima di lui e ci può stare, perché sembra genuinamente un brav’uomo e gode della reputazione di tecnico molto preparato. Ma i suoi datori di lavoro possono continuare a sostenerlo ancora a lungo a fronte di un rendimento così deludente? In tredici partite di campionato ha ottenuto una vittoria, in casa, contro una neopromossa che ha un organico di onestissimi mestieranti. Negli ultimi 25 anni solo Di Biagio nel 2020 ha avuto un andamento peggiore e De Rossi ha fatto solo poco meglio. Colucci ha avuto l’attenuante degli infortuni, d’accordo. Ma Sits non c’è mai stato e Siligardi e Dalmonte si sono fatti forzatamente da parte a metà ottobre: davvero in questi due mesi il massimo che si poteva fare col materiale a disposizione era ciò che si è visto? Se la risposta è “sì” (ma l’allenatore non lo può dire, solo alludere) allora l’attenzione va spostata doverosamente sull’operato di Filippo Fusco che pur era stato valutato positivamente nel corso dell’estate.

Non c’è margine di errore a gennaio

A proposito di Fusco: il direttore dell’area tecnica sarà sotto i riflettori da qui al prossimo 31 gennaio, quando si concluderà la sessione invernale di calciomercato. Verosimilmente non si renderà protagonista di una rivoluzione totale, malgrado l’opinione pubblica ne abbia una gran fame e in molti casi possa anche sembrare una strategia sensata. Dalle sue scelte – condivise per forza di cosa con Colucci – passerà il destino della SPAL in questo campionato. Sbagliare ancora una volta potrebbe mettere la squadra su un piano inclinato ancora più ripido di quello attuale, con conseguenze potenzialmente catastrofiche. Tutti i reparti sembrano aver bisogno di una ritoccata, al netto dei rientri degli infortunati. Il punto è: arriveranno in tempo e nelle giuste condizioni per ridare energia alla banda degli insipidi pareggini?

Alla fine tutto il mondo è paese

Per fastidiosa che sia la comparazione, Vicenza e SPAL hanno molte più cose in comune di quante i rispettivi tifosi siano disposti ad ammettere. Proprietà ambiziose ma perdenti e invise al pubblico; obiettivi di alto profilo sbandierati nel precampionato; promesse disattese (anche a Vicenza si parlava di “modello Atalanta” (…); un allenatore apparentemente quotato; nomi teoricamente importanti in campagna acquisti che poi non hanno reso secondo le aspettative e sono finiti solo con l’appesantire il bilancio (e l’umore di chi doveva puntualmente pagare gli stipendi). L’unica sostanziale differenza, almeno finora, è che a Vicenza ci sono state delle dimissioni, nella fattispecie dell’amministratore delegato Sagramola, il numero 2 dell’organigramma. Nell’andarsene ha usato parole significative: “Mi sono fatto domande a cui non sono riuscito a rispondere”. Forse il più grande fallimento personale per un dirigente, forse lo stesso sentimento che serpeggia negli uffici di via Copparo.