Lo scivolone della possibile penalizzazione per inadempimenti economici sgretola ulteriormente la credibilità di una SPAL che aveva un gran bisogno di costruire con pazienza e fiducia un percorso per un campionato di serie C di gran lunga migliore dell’ultimo.
Non che l’indice di fiducia dell’opinione pubblica nei confronti della SPAL fosse su livelli altissimi, ma il finale di campionato incoraggiante aveva quantomeno riacceso la speranza di un domani promettente, in cui si è fatto tesoro degli errori e si può ripartire da una base valida. Invece la notizia del deferimento per il ritardo nel saldo delle ritenute Irpef e Inps ha fatto riapparire fantasmi che in città non si vedevano dal biennio 2011-2012. In via Copparo, con una certa contrizione, si assicura che si è trattato di un incidente. Ma non sarà facile convincere di questa tesi una tifoseria preoccupata e reduce da ormai un quinquennio di delusioni e amarezze.
Le parole, già a maggio, rischiano di stare a zero. Perché non sarà certo un’eventuale conferenza stampa di spiegazioni (comunque non ancora convocata, né prevista) a stemperare lo scetticismo – se non proprio l’aperta ostilità – che questo inquietante episodio ha contribuito a creare in città. Per questo già nel corso dei prossimi dieci giorni la SPAL punta a rimettersi su una rotta somigliante all’ordinario accelerando sull’ingaggio del nuovo direttore sportivo e sulle pratiche per l’iscrizione al campionato. Perché quelli dovranno essere i primi due segnali di una ripartenza, seppure a handicap. Che però potrebbero non essere sufficienti per evitare di ritrovarsi con la gente su posizioni di sfiducia, per esempio quando sarà il tempo della campagna abbonamenti.
Si diceva della credibilità. La SPAL, da Tacopina in giù, faticherà a farla risalire. Perché ora ai risultati sportivi ampiamente sotto le attese si è aggiunto il campanello d’allarme delle difficoltà gestionali, finora sempre maneggiate abilmente pur tra mille ostacoli. Se c’era un’argomentazione che l’avvocato poteva (e tendeva a) rivendicare era quella di aver sempre pagato (a volte tanto, troppo) tutti i conti che gli venivano presentati nei tempi prestabiliti, nonostante fossero salatissimi. Ora questa carta non vale più. Il seme di briscola di questa partita ha smesso d’essere di denari ed è diventato di bastoni perché di coppe figuriamoci se si può parlare.
Di credibilità Tacopina ne aveva, almeno all’inizio. Si era presentato a Ferrara con le credenziali del ricostruttore di società in affanno, dell’abile tessitore di relazioni sportive e finanziarie, in grado di convogliare ingenti capitali sui suoi progetti calcistici. Invece, dopo il primo anno di rodaggio, è iniziata una discesa che ancora non è stato possibile arrestare e che ha riservato via via capitoli sempre più brucianti per l’orgoglio della tifoseria. La distanza tra proclami e realtà si è fatta sempre più ampia e questo ha portato buona parte del pubblico su una posizione ostile, che sarà difficile da modificare anche con qualche risultato un pochino più brillante. Un’eventuale pacificazione futura – se mai avverrà – tra Tacopina e buona parte del pubblico potrà avere tutt’al più i contorni di una blanda sopportazione, per quanto possa essere sgradevole per un uomo che è più sensibile di quanto non voglia sembrare. Nella migliore delle ipotesi si verificherà ciò che avviene in mille altre piazze, a ogni livello, in cui i proprietari vengono regolarmente contestati o semplicemente tollerati per mancanza di reali alternative. Che peraltro all’orizzonte nemmeno si vedono col binocolo.
L’ultimo è stato un anno da incubo per il presidente statunitense: il 13 maggio 2023 vedeva la SPAL rotolare in serie C con tanto di contestazione diretta nei suoi confronti al Paolo Mazza e il 17 maggio 2024 si ritrova con ampio anticipo a fare i conti preventivi con una classifica che partirà dal segno meno. Verosimilmente la sua personale filosofia lo porterà a etichettare la penalizzazione come un ulteriore incentivo al risultato, ma chi vive di biancazzurro non sarà certo disposto ad aderire a una simile linea di pensiero e questo sarà uno dei problemi che contraddistingueranno i prossimi mesi, a meno di stravolgimenti. C’è poi un equivoco che dura ormai da un po’. Spendere tantissimi soldi non è per forza indice di virtuosità. In una situazione come quella della SPAL semmai è il contrario. Se ne rese conto anche Gianfranco Tomasi nel suo triennio di serie C2 all’inizio del millennio. Perché una volta fatta la tara alla spaventosa zavorra che l’avvocato ha deciso di sobbarcarsi per rilevare la società dai Colombarini (e che aveva fatto scappare a gambe levate altri soggetti interessati), è innegabile che tantissime risorse siano state spese male. E questo aspetto non può che chiamare in causa due elementi: la scelta delle persone alle quali affidare la quotidianità della SPAL e un certo interventismo che è ampiamente documentato dai trascorsi dei vari dirigenti che sono passati per gli uffici di via Copparo, almeno fino alla prima metà del 2023, quando la linea è stata modificata in favore di una delega più ampia per Di Taranto e Fusco.
Non si può d’altra parte pretendere che il punto di osservazione di Tacopina coincida con quello di chi la SPAL la conosce e la vive quotidianamente. Né che possa essere così per professionisti quasi sempre benintenzionati, ma che si ritrovano a manovrare una macchina di un’enorme complessità. Volendo accantonare per stavolta la tesi dell’incompatibilità culturale del presidente col contesto che ha scelto (che comunque va considerata), l’andamento complessivo delle ultime tre stagioni sembra suggerire due possibilità. La prima: che nella migliore delle ipotesi Tacopina sia un uomo di successo che da tre anni a questa parte sta improvvisamente avendo moltissima sfortuna. La seconda: che nella peggiore si possa trattare di un manager eccessivamente impaziente, che più interviene per rimediare agli errori (suoi e delle persone che sceglie) e più ingarbuglia la situazione. La verità in genere sta nel mezzo, ma la sostanza cambia di poco: la lunga serie di promesse e predizioni nelle quali si è avventurato gli si è ritorta quasi completamente contro, portando una comunità addirittura a temere per il futuro del calcio professionistico a Ferrara. Fare un elenco richiederebbe tanto spazio e probabilmente non ne vale nemmeno la pena. Tutto è ampiamente documentato soprattutto da chi, come la stampa, ha sempre voluto dare un’ultima possibilità alla SPAL salvo poi ritrovarsi a raccontare sconfitte assurde, sessioni di calciomercato discutibili e un via-vai di allenatori e dirigenti ognuno più in difficoltà dell’altro.
A fronte di tutto ciò non si può dire che Ferrara non ci abbia provato a sostenere Tacopina (qualcuno ricorda le celebrazioni e gli abbracci dopo SPAL-Frosinone 3-0 o la tshirt della Ovest sfoggiata orgogliosamente in sala stampa?) e poi a dargli un più moderato beneficio del dubbio, esteso ovviamente a tutte le persone che nel corso del tempo che hanno lavorato per lui. Oggi però la gente si ritrova ad aggiungere una comprensibile angoscia per le prospettive di stabilità del club allo sconforto per i risultati sportivi. Una combinazione velenosissima che riduce ulteriormente i margini di errore, tanto a breve quanto a medio termine. Nei corridoi della sede ci si dice che tutti hanno già assorbito il colpo e sono pronti a ripartire. Se sia per farsi forza o perché davvero si è resilienti a sufficienza non è semplice da stabilire. L’unica certezza è che c’è un percorso da tracciare e nessuno sarà più disposto a fare credito della valuta più rara e preziosa, quella della fiducia.