foto Roberto Settonce
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Ci sarebbe poco da commentare visto che uno sconsolato Andrea Dossena si è ritrovato a confrontarsi col Perugia disponendo di appena 15 giocatori di movimento, di cui uno poi ceduto prima della scadenza della mezzanotte. Ma non è solo nella esiguità dell’organico che vanno cercati i motivi di una sconfitta come quella del “Curi”.

Per necessità la SPAL è schierata in campo con un 4-3-3 atipico con Melgrati in porta, linea difensiva con Bruscagin terzino destro e Bassoli terzino sinistro, Arena e il neoarrivato Bachini centrali. A centrocampo Zammarini e Awua hanno agito rispettivamente alla destra ed alla sinistra di Radrezza, e a completare lo schieramento Rao come esterno alto di sinistra, D’Orazio dalla parte opposta e Antenucci riferimento centrale.

La partita dei ragazzi di Dossena è stata come minimo scostante. In fase di non possesso la pressione è stata portata relativamente bassa, ma non particolarmente ben coordinata: all’uscita delle punte sul portatore di palla la distanza tra i reparti spesso ha lasciato la possibilità al Perugia di fraseggiare tra le linee, mettendo in difficoltà la linea mediana spallina spesso costretta alla rincorsa. Sulla catena di sinistra il terzino non è stato supportato adeguatamente dall’esterno di attacco e l’esterno perugino Cisco ha costantemente creato scompiglio. Decisamente meglio i raddoppi in zona centrale portati dagli interni di centrocampo, che hanno consentito durante la gara di recuperare un discreto numero di palloni.

In fase di possesso, soprattutto nelle fasi iniziali delle due frazioni di gioco, la SPAL ha sviluppato gioco con una discreta fluidità, riuscendo a tenere relativamente basso il Perugia: in queste fasi sono stati determinanti gli interni di centrocampo (Awua in modo particolare) nel creare superiorità numerica dopo il recupero palla con azioni individuali. Bene anche la costruzione sugli esterni, principalmente a destra dove Bruscagin si è dato molto da fare con continue sovrapposizioni per D’Orazio.

Nella fase di costruzione dal basso invece, Radrezza è stato costantemente schermato dai giocatori del Perugia impedendo di fatto di lavorare con l’uscita centrale: i ragazzi di Dossena si sono dunque affidati a molte palle lunghe che hanno costretto Antenucci a un lavoro complesso e difficile contro i centrali del Perugia, mentre D’Orazio sull’esterno è riuscito a gestire qualche pallone in più.

Cosa ha funzionato:

* I raddoppi di marcatura nella zona centrale del campo, che avrebbero meritato uno sviluppo successivo dell’azione maggiormente incisivo e veloce vista la situazione di superiorità numerica creata.

* La capacità degli esterni d’attacco, nel lavoro tra le linee di difesa e centrocampo del Perugia, di trovare spazi e cercare la porta (Rao) o lo sviluppo di gioco (D’Orazio).

* Le prestazioni di Melgrati e Awua, meritevoli di nota, che hanno consentito alla SPAL di contenere il passivo nel caso del primo, e di garantire una presenza continua nelle due fasi di gioco il secondo.

Cosa non ha funzionato:

* Il lavoro difensivo delle catene esterne, da cui di fatto sono scaturiti due gol degli avversari.

* Le distanze tra i reparti, che sono saltate troppo facilmente in situazioni in cui il Perugia non proponeva una circolazione di palla o uno sviluppo di gioco così veloce da poter creare uno stress al posizionamento di squadra in campo.

* L’esecuzione tecnica di alcune giocate, in modo particolare i cross (sia da situazione di gioco che da calcio d’angolo), e le conclusioni da fuori area: nel momento in cui è evidente che non si riesce a bucare la difesa avversaria con inserimenti centrali, diventa obbligatorio sfruttare meglio le diverse palle scoperte concesse dal Perugia sui venti metri cercando delle conclusioni verso la porta (non necessariamente con un’ostinata ricerca del “tiro a giro”).

— Andrea Coletta, 40 anni, è allenatore UEFA B dal 2013 e ha lavorato come direttore tecnico in ambito dilettantistico.