foto Maurizio Silla
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La sconfitta per 4-0 della SPAL a Campobasso segna forse uno dei punti più bassi della storia recente del club. Non tanto per il nome o l’eventuale valore tecnico dell’avversario, quanto per il modo in cui è maturato il risultato finale. Dopo aver preso il primo gol la squadra di Dossena è praticamente uscita dal campo e nei minuti finale è stata sottoposta a un’umiliante torello. Il bicchiere mezzo pieno che Dossena nella conferenza stampa di venerdì cercava di mostrare, è andato in frantumi.

L’allenatore spallino ha deciso di schierare i suoi con il 4-2-3-1: davanti a Melgrati la difesa a quattro con Calapai, Arena, Sottini (che ha preso il posto di Bassoli infortunato durante il riscaldamento) e Mignanelli, un centrocampo a due teoricamente di sostanza  composto da Awua e Zammarini, D’Orazio, Antenucci e Rao a sostegno di Karlsson.

La partita della SPAL si può definire complessivamente avvilente. Il primo tempo è stato tutto sommato aperto, con i biancazzurri che in fase di non possesso hanno lasciato al Campobasso la costruzione tenendo la linea di pressing bassa, situazione che ha costretto i molisani alla giocata lunga sul centravanti (ben gestito da Arena e Sottini per i primi 40 minuti). L’inferiorità numerica a centrocampo (cinque i centrocampisti rossoblù contro i due spallini) è stata compensata dalla posizione di Antenucci a chiudere le linee di passaggio del regista avversario, e con il lavoro delle catene laterali a chiudere e raddoppiare gli esterni molisani. La distanza tra i reparti è sempre stata eccessiva e anche a causa degli innumerevoli errori tecnici in fase di impostazione il Campobasso ha potuto beneficiare di diverse ripartenze pericolose.

In fase di possesso si è spesso fatto ricorso ai lanci lunghi, sui quali Karlsson ha avuto grande difficoltà nonostante l’evidente impegno, anche a causa della scarsa precisione dei suoi compagni di squadra. Per assurdo la SPAL si è resa realmente pericolosa quando ha cercato di far circolare il pallone, sia su rotazione bassa sia da sviluppi sulle corsie esterne. La spinta dei terzini Mignanelli e Calapai è stata discreta, mentre gli esterni d’attacco Rao e D’Orazio sono sembrati molto sotto tono: la posizione di Rao un po’ dentro al campo non gli ha concesso di giocare molti palloni (ed è sembrato nuovamente ossessionato dalla ricerca del dribbling), mentre D’Orazio è stato molto coinvolto nelle azioni d’attacco, ma è stato molto impreciso. Imbarazzante la quantità e la tipologia di errori commessi in fase di possesso, alcuni ai limiti del calcio dilettantistico.

Dal gol del Campobasso (39′ del primo tempo) la SPAL è praticamente sparita: stavolta è impossibile fare un’analisi di cosa abbia funzionato o non abbia funzionato, ma si possono comunque annotare alcuni temi.

  • La SPAL ha un evidente problema tattico e l’imbarazzante numero di reti al passivo (18 in 9 gare) lo certifica: occorre come minimo una riflessione sugli schemi, sugli interpreti, sull’atteggiamento, perché ora la SPAL è una squadra sbilanciata, che soffre tremendamente le ripartenze avversarie e non riesce a rimanere corta se non per brevi momenti di gara. A questo si deve aggiungere un’obiettiva incapacità di difendere (sia su azione sia da calcio piazzato) che porta a subire reti da errori sulle marcature individuali.

  • C’è inoltre un problema tecnico, perché non sembra possibile dover assistere a così tanti errori in fase di disimpegno, incapacità di crossare, e mancanza totale nell’uno contro uno (in fase difensiva così come offensiva)

  • C’è un problema psicologico da valutare con molta attenzione, perché è incomprensibile la totale mancanza di personalità della squadra, incapace di reagire alle reti subite, incapace di mettere in campo quello sforzo in più per aiutare il compagno in difficoltà, incapace di quella reazione d’orgoglio che dovrebbe portare a evitare, anche nelle giornate più nere, di prendere delle imbarcate simili. Dossena nel dopo partita ha parlato di atteggiamento, Casella dopo la sconfitta con l’Entella aveva parlato di cuore A questo punto c’è da chiedersi se il gruppo sia a bordo di questo progetto tecnico e se abbia sufficiente coesione interna.

Lo spettacolo offerto a Campobasso è stato deplorevole e nei giorni che ci separano dalla prossima gara contro il Pescara (venerdì 18, ore 20.30) dovrà esserci una presa di responsabilità a ogni livello. Da parte della società che non è stata in grado di allestire una rosa adeguata (ormai è sotto la luce del sole) e da parte dell’allenatore che deve forse ragionare su cosa può dare solidità e motivazione al gruppo. Ma soprattutto da parte dei calciatori che in quanto professionisti dovrebbero essere in grado di trovare dentro loro stessi le giuste motivazioni per offrire prestazione adeguate, all’altezza della piazza in cui si trovano e ai loro compensi.

— Andrea Coletta, 40 anni, è allenatore UEFA B dal 2013 e negli ultimi anni ha lavorato come direttore tecnico in ambito dilettantistico.