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SPAL-Pescara ha riservato gli stessi punti di Campobasso-SPAL, ma se non altro ha fatto intravedere qualche piccolo segno di vita dal punto di vista dell’attenzione difensiva. Peccato che rimanga il fatale problema dei secondi tempi giocati con meno energia e quindi minore lucidità.

Dossena rivoluziona la sua squadra, che per la prima volta in stagione si schiera con il 3-5-2. Melgrati in porta, linea difensiva a tre composta da Bruscagin, Sottini e Nador (impiegato come centrale a causa dell’infortunio di Arena nel riscaldamento). A centrocampo gli esterni sono Calapai e Mignanelli, la regia è affidata a Buchel, Awua e Zammarini ad agire come interni. La coppia d’attacco è formata da Karlsson e Rao.

In fase di non possesso la SPAL ha mantenuto il pressing basso, aumentando la densità nella propria metà campo con il chiaro intento di non lasciare spazio ai fraseggi pescaresi: la soluzione ha pagato per tutto il primo tempo nel quale la squadra di Dossena è riuscita a lavorare bene sui raddoppi in zona centrale e sulle corsie esterne, lasciando di fatto al Pescara solo qualche velleitaria conclusione da fuori area. Il nuovo modulo ha consentito al centrocampo di lavorare in superiorità numerica, con gli esterni Calapai e Mignanelli ad abbassarsi sugli esterni d’attacco del Pescara e i difensori Sottini e Bruscagin a presidiare le zone di competenza. Si è disimpegnato bene anche Nador nelle letture difensive e negli anticipi. Nel primo tempo la squadra ha tenuto bene il campo, è riuscita a rimanere sufficientemente corta e stretta in fase difensiva, riuscendo a proporre alcune interessanti uscite dal basso su recupero palla.

In fase di possesso, almeno nel primo tempo, si è vista una discreta circolazione della palla. La densità ha favorito i fraseggi stretti e gli esterni sono stati maggiormente efficaci nel proporsi e cercare il fondo. È stata riproposta inoltre la giocata lunga dai braccetti difensivi (Bruscagin e Sottini) verso Karlsson o Rao sul contro-movimento ad attaccare la profondità. Karlsson è stato chiamato in causa principalmente per gestire le palle lunghe giocate in alleggerimento dalla difesa, situazione che lo ha portato a lavorare lontano dall’area e spalle alla porta: ci ha provato, ma i risultati sono da rivedere. L’islandese pare ancora molto lontano dall’essere in un buono stato di forma. Rao si è mosso da seconda punta, cercando di unire il reparto mediano e quello avanzato, arrivando alla conclusione due volte nel corso del primo tempo: nel secondo è calato come il resto della squadra, cercando di dribblare tutti e andando a sbattere contro la difesa abruzzese. Con l’inizio del secondo tempo è parso evidente come la SPAL abbia iniziato ad abbassare il proprio baricentro, regalando subito un’occasione pericolosa al Pescara e perdendo con il passare dei minuti il possesso del pallone e metri preziosi sul terreno di gioco. Si è sostanzialmente rivisto quanto già accaduto contro Campobasso, Entella, Carpi, Rimini, tutte situazioni in cui la squadra è sembrata approcciare male mentalmente la seconda frazione indipendentemente dalla pericolosità degli avversari, e dimenticando quanto fatto nel primo tempo.

Cosa ha funzionato:

* La prova di Nador, che schierato all’ultimo istante contro uno dei migliori attacchi della Lega Pro è riuscito a fornire una prova solida e ordinata, di grande puntualità nelle letture difensive. Nella situazione del gol è nel capannello di giocatori spallini beffati dall’incornata di Brosco, ma ci sono responsabilità più evidenti (es.: Melgrati).

* La densità vista in campo, sicuramente figlia del modulo, ma anche di un’applicazione attenta nel corso del primo tempo. Rispetto alle ultime prestazioni in cui la squadra ha faticato a mantenere le giuste distanze in orizzontale e verticale, la limitata pericolosità del Pescara passa da questo aspetto.

* Non si può negare che Dossena le stia provando tutte, snaturandosi e allontanandosi dal suo credo calcistico, pur di cercare di cambiare il corso degli eventi. Il 3-5-2 sembra poter essere un punto di ripartenza per la squadra spallina, sebbene occorra lavorare per mettere gli attaccanti nella condizione di poter essere pericolosi.

Cosa non ha funzionato:

* Melgrati ha le responsabilità maggiori sul gol che ha deciso la gara: era stato chiamato in causa poco e non in maniera impegnativa per 75 minuti, e su un calcio d’angolo tutto sommato comodo la sua uscita in ritardo ha causato la rete abruzzese. Anche certi suoi atteggiamenti verso i tifosi spallini andrebbero evitati.

* È oramai un dato oggettivo che la SPAL  nel secondo tempo viva un’involuzione inspiegabile, anche dopo aver giocato, come contro il Pescara, tutto sommato dei buoni primi tempi. C’è sicuramente un tema di stanchezza e di scarsa possibilità per l’allenatore di effettuare rotazioni adeguate, ma probabilmente ciò che manca in questo gruppo è la leadership, intesa come quella capacità dei singoli di guidare la squadra nei momenti di difficoltà, richiamando all’attenzione, alle distanze, alle salite. È chiaro che ci si aspettava questa leadership da giocatori che sono indisponibili (Bachini e Bassoli), e da altri che sono finiti ai margini del progetto o non la stanno mostrando (Radrezza, Melgrati, Buchel). E non si può pensare che i soli Antenucci (che di leadership ne ha da vendere) e Bruscagin possano farsi carico di tutto questo.

Sabato 26 la SPAL sarà di scena ad Arezzo, match che si preannuncia complicatissimo a causa dell’ottimo stato di forma e fiducia della squadra di Troise. Sarà un’ennesima montagna da scalare per la squadra di Dossena, che altro non può fare che cercare di ripartire dalle poche certezze emerse nella gara contro il Pescara. Potrebbe anche rientrare El Kaddouri dopo l’infortunio. L’allenatore, a meno che la società non decida di sollevarlo dall’incarico, avrà ancora una volta il compito di sbloccare la mente troppo fragile di un gruppo che sulla carta avrebbe curriculum per non soffrire di paure legate a un periodo negativo. La speranza è che, in qualche modo, prima o poi possa arrivare una svolta.

 

— Andrea Coletta, 40 anni, è allenatore UEFA B dal 2013 e negli ultimi anni ha lavorato come direttore tecnico in ambito dilettantistico.