foto Roberto Manderioli
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È ancora una palla inattiva a condannare la SPAL alla sconfitta: la Vis Pesaro si impone per un 1-0 in una gara combattuta ma tutt’altro che bella, decisa da una situazione di gioco che pare essere il tallone d’Achille principale della squadra di Dossena.

Con l’infermeria sempre piena il tecnico non può fare altro che confermare modulo e uomini scesi in campo a Pontedera: Galeotti in porta, Polito, Nador e Bruscagin in difesa, Calapai, Zammarini, Radrezza, D’Orazio e Mignanelli a centrocampo, Antenucci e Rao in attacco.

In fase di non possesso la SPAL ha lavorato con una pressione più orientata alla prevenzione della giocata comoda ai difensori marchigiani piuttosto che rivolta al recupero della palla. Pertanto la linea difensiva ha lavorato cercando l’anticipo sugli attaccanti avversari contendendo poi le seconde palle, soffrendo lungo tutta la gara sia la fisicità del centravanti pesarese sia la rapidità dei centrocampisti. Sulle corsie esterne, utilizzate con frequenza dalla Vis Pesaro, la SPAL ha sofferto soprattutto le situazioni di uno contro uno sulla fascia destra, ma a parte qualche fuga non ci sono state occasioni eclatanti nate da questo sviluppo. Il reparto in maggiore difficoltà è stato il centrocampo: nel primo tempo è parso spesso rincorrere gli avversari senza riuscire a essere efficace nella fase di intercetto, mentre nella ripresa, anche grazie ad una maggiore aggressività, i biancorossi hanno avuto meno facilità nella costruzione della manovra.

In fase di possesso, diversamente da quanto visto finora, la SPAL ha cercato costantemente la giocata lunga su Antenucci: complici dei lanci dritto per dritto troppo semplici da leggere per la difesa pesarese e una marcatura molto attenta, il centravanti spallino è stato costretto a giocare molto lontano dalla porta. Inoltre la SPAL ha avuto enormi difficoltà nella riconquista delle seconde palle, sulle quali è arrivata costantemente in ritardo, di fatto limitando di molto la propria gestione del possesso in fase di costruzione. La squadra di Dossena non ha cercato lo sviluppo palla a terra passando da Radrezza (o da Buchel), e gli sviluppi sulle catene esterne sono nati principalmente da azioni sviluppate dai braccetti con passaggio in profondità per gli esterni Calapai e Mignanelli o con il supporto degli interni Zammarini e D’Orazio. Rao, che ha avuto maggiore libertà di spaziare lungo il fronte offensivo, ha nuovamente avuto difficoltà sia nell’essere pericoloso perdendosi in giocate complesse o leziosità, sia nel supportare la manovra coinvolgendo i propri compagni.

Nel secondo tempo, almeno fino alla rete avversaria, la fluidità della manovra spallina è sicuramente cresciuta e si è fatta preferire a quella pesarese, ma lo svantaggio ha tagliato le gambe agli uomini di Dossena che, a parte un’occasione, non hanno creato grossi pensieri al portiere avversario.

Cosa ha funzionato:

* In linea generale la SPAL è riuscita ad adattarsi alla gara, andando a contendere ogni pallone agli avversari e cercando, anche attraverso giocate sporche, di limitare gli avversari e i rischi. Seppure in una prestazione globale non eccellente, la differenza in classifica (12 punti) non si è vista per quanto espresso sul terreno di gioco.

Cosa non ha funzionato:

* Se è aumentata l’attenzione sulle palle lunghe – che tanto male avevano fatto a Pontedera – l’ennesima palla vagante in area trova un giocatore avverario libero di insaccare dopo il rimbalzo sul palo: è complesso dire che queste situazioni possano essere allenate poiché di natura casuale, ma è innegabile che la SPAL, per stessa ammissione di Dossena, abbia difficoltà a leggere queste fasi di gioco. E tanti punti stanno sfumando per questa seria carenza.

* La tattica studiata per la partita non ha pagato: la SPAL ha deciso di snaturare la sua caratteristica di costruzione del gioco per cercare la riconquista delle seconde palle con un centrocampo che non ha tra le sue caratteristiche quelle del rubapalloni. Se una cosa è parsa evidente in queste 18 giornate di campionato è che la squadra riesce a esprimersi al meglio quando tiene pressing e baricentro alto, ossia quando concentra la propria zona di gioco in trenta metri. Con questa scelta si può evitare ai centrocampisti di spendersi in fasi di transizione lunghe con tanto campo da coprire. Così facendo si può lavorare sui recuperi di palla per raddoppi di marcature in spazi stretti e dando modo alle corsie esterne di sfruttare la corsa con cambi di fronte rapidi.

* Dopo la rete subita, sebbene la SPAL non sia uscita dal campo, è comunque mancata la reazione veemente che ci sarebbe aspettati: se da una parte la squadra fatica a mettere in campo la rabbia necessaria a riaprire la partita, è d’altra parte innegabile che Dossena non abbia a disposizione i cambi che possano portare a un cambio di passo, di strategia, di caratteristiche che costringano anche l’avversario a doversi ridisporre in campo in base ad un mutato schieramento spallino.

Oramai nuovamente immersa nella bagarre play-out, la SPAL tornerà in campo domenica 15  a Gubbio, per l’ennesima partita nella quale ci si aspetta di vedere una squadra diversa. È chiaro che l’infermeria non si svuoterà nel breve e che a Dossena verrà chiesto ancora per settimane di lavorare con un gruppo ridotto numericamente, che non potrà sfruttare dualismi che possono portare i singoli a cercare di alzare il proprio livello tattico e psicologico. Al tempo stesso l’allenatore dovrà preparare allenamenti non troppo intensi per non andare a creare ulteriori indisponibilità.

 

— Andrea Coletta, 40 anni, è allenatore UEFA B dal 2013 e negli ultimi anni ha lavorato come direttore tecnico in ambito dilettantistico.

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